La furia, il lutto e le domande ancora oggi senza risposta: un anno fa, Samarate si svegliò scossa da una tragedia. Alessandro Maja nella notte aveva ucciso la moglie Stefania Pivetta e la figlia Giulia. Unico superstite il figlio Nicolò. A dare l’allarme erano state due vicine che l’avevano sentito urlare e visto, sanguinante, seduto davanti alla porta di casa mentre uscivano per andare al lavoro.
La furia e l'unica speranza
Alessandro Maja si era dichiarato da subito colpevole. Stando alle autopsie Stefania dormiva sul divano ed era stata uccisa con un martello, che l’aveva colpita alla testa, stessa sorte per la figlia Giulia che però mostrava anche segni di difesa. L’unico superstite della strage avvenuta nella casa di via Torino era Nicolò, che però aveva subìto dei gravi traumi alla testa; dopo un’operazione si era stabilizzato ma rimaneva grave.
Anche al funerale delle due donne, un pensiero fu rivolto a lui, nella speranza che si risvegliasse. E lo ha fatto: Nicolò, anche se con molta prudenza, è tornato a vivere la sua vita, con dei sogni un po’ diversi: a causa dei traumi non potrà fare il pilota. A Samarate in quei giorni si respirava un clima devastante: era una città spezzata dal dolore, tanto che era stato decretato il lutto cittadino.
Il sindaco, Enrico Puricelli, si diceva orgoglioso dei suoi concittadini, che avevano dimostrato tantissimo rispetto per le vittime della tragedia.
Puricelli aveva confessato di non essere riuscito a dormire durante la notte successiva alla strage.
Ma tutto il territorio era scosso. A partire da Cassano Magnago, comune d'origine di Stefania. E poi lei era solita partecipare al mercatino di San Salvatore: nel weekend, fu allestito un banchetto nella sua postazione dove i colleghi portarono dei pensieri per mantenere viva la memoria di quella donna che era tanto ben voluta da chi le stava intorno.
Al funerale, il ricordo della giovane Giulia, con i compagni di classe, ha rigato il volto di molte persone. Quelle lacrime avevano un solo sapore: amarezza, per una ragazza che aveva tutta una vita davanti. Nonno Giulio, con gli occhi pieni di dolore davanti ai palloncini fatti volare per le due donne, ha deciso di lottare per un solo motivo: Nicolò.
Il processo
Poi il 13 gennaio il processo, pieno di domande da parte della famiglia di Stefania che continua a interrogarsi sul perché di questo folle gesto. Ma la prima udienza fu rinviata e due settimane dopo è stata disposta la perizia psichiatrica.
Il giorno della nomina del perito, in aula c’era anche Nicolò con una maglietta molto speciale: una foto di sua mamma e sua sorella sorridenti. Anche lui ha tanti interrogativi che vorrebbe rivolgere al padre: quest'ultimo continua a scrivergli dal carcere ma senza mai accennare a ciò che avrebbe scatenato tanta furia.
A un anno da quel giorno, le domande sono le stesse e forse potranno trovare risposta nell'udienza del 19 maggio, quando il perito darà la sua valutazione sulla condizione psichiatrica di Alessandro Maja al momento del folle gesto. Ma l’avvocato della famiglia delle vittime, Stefano Bettinelli, ha una certezza: «Il grado di incapacità deve essere elevato per non punirlo».
La lotta e il ricordo
Nel frattempo Nicolò va avanti con la sua lotta, circondato da gesti d'affetto - l'ultimo dimostrato dai suoi miti, i calciatori del Palermo che l'hanno accolto e gli hanno donato una speciale maglietta - e dovrà essere sottoposto a un altro intervento: «Siamo ancora in attesa di un appuntamento dall’ospedale, ma confidiamo che i tempi siano ormai brevi», spiega Bettinelli.
Oggi - giovedì 4 maggio - a Samarate, nella stessa chiesa in cui sono stati celebrati i funerali, si terrà la messa in ricordo di Stefania e Giulia alle 20.30.