Il centrodestra in Consiglio regionale della Lombardia ha bocciato questo pomeriggio una mozione del Partito democratico che faceva proprio l’appello delle quattordici personalità di spicco del mondo sanitario che nei giorni scorsi hanno chiesto l’aumento del finanziamento nazionale della sanità fino all’obiettivo dell’8% del valore del Pil.
La mozione del Pd chiedeva che il Consiglio impegnasse il presidente Fontana «ad attivarsi immediatamente presso il Governo nazionale al fine di scongiurare ogni taglio previsto per il sistema sanitario e per ottenere un adeguato finanziamento annuale per la sanità corrispondente almeno all’8% del Pil, così da poter incidere realmente sulle liste d’attesa, poter dare risposta alle nuove sfide e ai nuovi bisogni di cura e assistenza dei cittadini, e a garantire il mantenimento di “quel grande Servizio sanitario nazionale che ha contribuito significativamente a migliorare prospettiva e qualità di vita e a ridurre le disuguaglianze socioeconomiche”».
Il centrodestra, compattamente, ha respinto la mozione, sostenuta da tutte le opposizioni.
«L’8% come traguardo a cui tendere lo hanno proposto personalità di grande valore come Locatelli e Garattini: non è un capriccio ma una responsabilità che tutta la classe politica dovrebbe assumersi», dichiara il consigliere regionale dem Samuele Astuti. «È incredibile che mentre il presidente Fedriga, da presidente della conferenza delle Regioni, fa ricorso contro il Governo per il taglio dei fondi per la sanità, la giunta regionale lombarda non dice una parola e i partiti di centrodestra votano addirittura contro la nostra mozione che chiede risorse in più. In Lombardia siamo di fronte di solito muro di gomma rispetto alla necessità di riformare il modello sanitario regionale, che è sfuggito totalmente di mano, come dimostra l’esplosione delle liste d’attesa. Il centrodestra non vuole mettere in discussione il ruolo del privato, anche quando questo significa una cosa semplice come obbligarlo a fare le prestazioni che davvero servono ai cittadini e non solo quelle che rendono di più, oppure aderire al centro unico di prenotazione, come già previsto da una delibera regionale del 2016, mai applicata. Non vogliono governare la sanità perché non vogliono dare fastidio agli operatori privati, ma questo va a danno dei cittadini».