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Sport | 23 maggio 2024, 07:00

Intervista Andrea Ranocchia: un cuore nerazzurro felice per lo scudetto

Andrea Ranocchia ha tanto da dire e lo fa senza filtri, in un’intervista esclusiva in cui si racconta con piacere. Ecco cosa ha detto e quanto ci tiene ancora alla sua Inter.

Intervista Andrea Ranocchia: un cuore nerazzurro felice per lo scudetto

Andrea Ranocchia, per undici anni all’Inter, si racconta a cuore aperto confrontandosi su vari argomenti. Dalla felicità per lo scudetto alla sua esperienza personale passando per la dirigenza, Simone Inzaghi, la Nazionale e il problema razzismo. Vediamo cosa ci dice.

Andrea Ranocchia, qui per ascoltare l’intervista completa, è un uomo simbolo dell’Inter ed è rimasto molto affezionato al club. Ha, infatti, ancora molto amici ed è evidentemente contento di questo scudetto appena conquistato: “diciamo che l’importante era vincere, però vincere nel derby è ancora più speciale.”. Vincere il derby ha sempre un sapore speciale ma Andrea ha voglia di raccontare di una sconfitta molto formativa, avvenuta nel suo primo anno da nerazzurro nel 2011.

In pratica, l’anno dopo il Triplete, la squadra è un po’ disorientata ma è grande protagonista di una rimonta che li porta a due punti dal Milan capolista. Qualcosa va storto: “Abbiamo avuto lo scontro diretto con il Milan che eravamo due punti sotto e l’abbiamo perso. Purtroppo, quello è un ricordo di un derby terribile, però era anche il mio primo derby, quindi sicuramente il sapore, l’atmosfera pre-partita è stata veramente emozionante.”. Quindi, anche se la direzione non è sempre quella giusta, l’importante è imparare, non sempre va tutto bene.

Quest’anno, evidentemente generoso con i nerazzurri, Andrea sottolinea come la rosa dell’Inter fosse quella più completa e, quindi, si può dire che lo scudetto fosse una cosa preventivata. Meno bene, invece, è andata per la Champions League in cui i nerazzurri non hanno sfruttato le occasioni che sono arrivate: “All’andata ha creato tanto, ma non ha concretizzato le occasioni. Ma lì sono episodi perché comunque all’andata l’Inter ha fatto una grande partita, ha creato tantissimo ma gli è mancato l’ultimo passo perché se fossero riusciti ad arrivare a Madrid con un punteggio diverso sicuramente sarebbero passati.”.

Dirigenza, allenatore moderno, Simone Inzaghi, esperienza personale

“Per me quelli della dirigenza negli ultimi anni sono stati dei fenomeni a livello mondiale. Io non credo che altri dirigenti siano riusciti a fare il lavoro che hanno fatto loro visto il pochissimo budget, cioè quasi zero.”. Questo è quello che Andrea pensa di gente come Marotta, uno che, con i pochi soldi a disposizione, ha comprato un sacco di giocatori interessanti. Non dimentichiamoci che, nelle squadre, nessuna ha due giocatori titolari per ruolo, cosa che accade all’Inter.

Merito anche del presidente Zhang, presente anche da lontano e dell’allenatore Simone Inzaghi che incarna quel ruolo di allenatore moderno che tanto piace a Ranocchia. Il mister, in questi anni, non deve solo pensare ai moduli ma, grazie agli strumenti tecnici a disposizione, è un uomo che prepara, psicologicamente e atleticamente i suoi giocatori. Inzaghi, poi, è un uomo molto intelligente: “Lui ha capito l’importanza di avere questi giocatori, è molto bravo a gestirli, nel senso che è un allenatore con cui si riesce ad entrare in confidenza, è empatico verso il giocatore.”.

Questo comporta che si crei il gruppo, com’è accaduto nella Roma di Daniele De Rossi e come, anche ai suoi tempi avvenne nello spogliatoio al suo primo anno interista. Ranocchia, un po’ intimidito dai grandi nomi come Stankovic, Cambiasso, Zanetti e tanti altri, era entrato in punta di piedi, immaginando di non essere più di tanto calcolato come giovanissimo in rosa. Tutti i campioni, invece, furono molto gentili, rendendogli molto più semplice ambientarsi. Questo è, certamente, un comportante da grande giocatore, forse più difficile da trovare ora.

Un unico appunto, però: a Ranocchia non va giù il paragone con Marco Materazzi, capitano troppo diverso da lui, giocatore troppo diverso dal suo modo di giocare. “Secondo me non è corretto per niente. Per me, mi mettono al paragone con lui solo per il fisico, solo per quello. Marco oltre che ha vinto molto molto più di me, ha caratteristiche tanto diverse. Lui è un giocatore molto aggressivo, molto fisico, io invece sono stato un giocatore più pensante, lui era molto più deciso… Secondo me, abbiamo caratteristiche totalmente diverse anche a livello mentale.”, queste le parole di Andrea che, invece, ha sempre ammirato Nesta, con cui ha giocato da avversario.

 Azzurri, problema razzismo e pressione sui giovani

Ranocchia ha avuto il piacere di giocare in azzurro e ci tiene a dare il suo giudizio sui ragazzi di Spalletti che, tra poco, andranno a difendere il titolo ai prossimi Europei. Andrea ci dice che non siamo outsider, anzi siamo campioni in carica ma che ci sono stati vari cambi, sia di allenatore che generazionali nella squadra: “Secondo me se la può giocare benissimo. Poi l’allenatore è molto bravo, un allenatore che per la nazionale è perfetto quindi sicuramente se la possono giocare. Però ci sono anche gli avversari e ci sono delle stelle, Bellingham nell’Inghilterra, Mbappé con la Francia… questi sono giocatori che spostano tanto anche nelle partite dentro fuori.”. Quindi cauto ottimismo, con un po’ di carica patriottica che male non fa.

Andrea, però, tocca anche argomenti spinosi come quello del razzismo in campo e fuori dal campo. L’episodio tra Juan Jesus e Acerbi o quello tra Maignan e la curva dell’Udinese fanno pensare a un problema ancora ben radicato e che, negli anni, non è cambiato poi tanto. L’ex difensore ci dice che qualcosa è stato fatto, che prima era ancora peggio ma che non c’è stato quello scatto in avanti che ci si aspettava da un pubblico più giovane e più informato: “l problema è culturale, il problema proviene da fuori del mondo del calcio. Poi diciamo è quello in cui risalta di più perché è lo sport nazionale, è la terza economia del Paese, gira tanto intorno al calcio. Ma il problema è culturale, il problema è che l’ignoranza in giro è tantissima.”.

La stessa ignoranza che fa sì che siano tanti i giovani vessati dai commenti caustici sui social ogni giorno. Anche in positivo, il commento è quasi sempre fuori dalle righe. Bastano, infatti, poche partite per rendere un ragazzo un campione incredibile. Questo tipo di pressione, che sta già vedendo tra i genitori dei compagni della scuola calcio del figlio, gli sembra eccessiva e crea false aspettative nei ragazzi che, se non proseguono la carriera, si sentiranno dei falliti. Proprio per questo si augura che suo figlio si diverta e non pensi ad altro perché così dovrebbe essere.

Richy Garino

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