/ 

| 21 febbraio 2024, 08:00

Servono infermieri nella Sanità pubblica (almeno 350). «No alla retorica dell’eroe, più concretezza»

Davide Farano, segretario di Fp Cgil, analizza la situazione sul territorio di Asst Valle Olona: «Quelli che volevano andarsene probabilmente lo hanno già fatto. Ma le partenze potrebbero ricominciare. Qui stretti tra Svizzera e Milano, ma anche le strutture di Castellanza»

Davide farano - Fp Cgil

Davide farano - Fp Cgil

Difficoltà nel reclutare medici, tecnici, Oss. Infermieri. Il problema è conosciuto e diffuso. Ma in Provincia di Varese, in particolare nel settore pubblico e nella parte sud del territorio, quella di Asst Valle Olona, il tema è affiorato più volte con particolare insistenza (l’Azienda, con la precedente e l'attuale dirigenza, sta muovendo passi per arrivare a nuove assunzioni). Semplice segno di una discussione più accesa che altrove, complici magari le prospettive legate al futuro ospedale Busto/Gallarate? O conseguenza di un problema anomalo, più acuto e sentito?

«Una risposta perentoria  sarebbe azzardata: come noto, la situazione risente di dinamiche ampie, anche di lungo corso. Comunque è ragionevole calcolare che, guardando al panorama generale della Provincia, sanitario e sociosanitario, manchino all’appello tra i 350 e i 400 infermieri». A parlare è Davide Farano, segretario Fp Cgil Varese, che, interpellato sul tema, prova ad approfondire. «Il fatto – ragiona – è che presìdi importanti come  quelli di Busto e Gallarate si trovano in una posizione singolarmente complessa. La Svizzera, con i suoi stipendi più alti e le tante strutture, è facilmente raggiungibile. A sud c’è Milano, che esercita la forza attrattiva del capoluogo e, a sua volta, offre agli infermieri un ampio ventaglio di possibilità, nel pubblico e nel privato. A proposito di privato, poi, nel comune di Castellanza, in pratica a pochi passi dal cuore di Asst Valle Olona, ci sono Humanitas Mater Domini e Multimedica, altre realtà potenzialmente attrattive».

Una specie di “triangolo delle Bermuda”. A sparire non sono le navi, come vuole la leggenda per la remota area oceanica. Né, a ben vedere, gli infermieri. Le tante rotte che questi possono scegliere, però, li porterebbero più facilmente lontano dagli ospedali di Busto e Gallarate.

«Quasi paradossalmente  – aggiunge Farano – la sensazione è che gli infermieri intenzionati ad andarsene lo abbiano già fatto. E molti di quelli rimasti hanno deciso di restare anche perché credono nel servizio pubblico, sono motivati. Ma il rischio è che il problema della loro carenza resti o si ripresenti, per l’azione di diversi fattori».

Uno, dibattutissimo, è legato alla formazione. «Il numero dei nuovi laureati non riesce a garantire quello del personale in uscita. E' un problema particolarmente sentito da una Regione, la Lombardia, che, secondo studi recenti, avrebbe bisogno, da sola, di assorbire tutti i neo infermieri che escono annualmente dal percorso di studi a livello nazionale. Come si cerca di compensare le carenze, non solo di infermieri? Una soluzione è stata esternalizzare, opzione che alla lunga presenta il conto, non solo dal punto di vista economico ma anche da quello dell’efficienza.  Va detto che Regione Lombardia adesso impone di reinternalizzare i servizi “core” delle Asst».

C’è, però, a complicare le cose, anche un effetto Covid, dato dall’onda lunga della pandemia. «Dopo gli stress che si sono accumulati nel periodo peggiore, in tanti hanno dato le dimissioni. Oppure sono passati dal pubblico al privato. Un po’ per la possibilità di ricorrere a una contrattazione più agile, un po’ perché, in presenza di stipendi più o meno equivalenti, il lavoro, poniamo, in una Rsa, pur impegnativo, è più routinario, gestibile».

Risorse per il rinnovo dei contratti? «Sono scarse, il che scava un ulteriore solco rispetto alla Sanità privata. E la Svizzera, ovviamente, con i suoi stipendi allettanti, è sempre lì». La posizione della Cgil sulle indennità di confine, che nelle intenzioni sono utili a contenere l’emigrazione oltrefrontiera, è conosciuta. Posto che la misura può esercitare il suo effetto in un territorio non lontano dalla Confederazione elvetica, «…allargando lo sguardo, il problema si ripresenta, pressoché identico, in altri territori. Non lo si risolve, lo si sposta».

Ricette? «Di bacchette magiche, ovviamente, non ce ne sono. Ma una strada da percorrere è certamente rendere di nuovo quello dell’infermiere un lavoro appetibile per i giovani. Innanzitutto agendo sulle politiche universitarie: ci vogliono più studenti che intraprendano e portino a termine il percorso di formazione. Si parla molto, e a ragione, di una Sanità che deve avvicinarsi ai cittadini, per esempio con le Case di Comunità. Ma bisogna avere il personale per riempirle, le case. Poi il contratto, che non fa più da traino. Se resta legato alle risorse della Finanziaria, se le carte da giocare arrivano da lì come avvenuto finora, non si riesce nemmeno a stare dietro alla crescita dell’inflazione. E, da un punto di vista economico, per il singolo, o futuro, lavoratore il gioco non vale la candela. Soprattutto se si pensa al carico di stress o alla gestione complicata dei turni».

Per Farano, infine, qualcosa compete anche ai cittadini. A pazienti e familiari. E ai mezzi d’informazione. «La narrazione sulla pandemia – spiega – ha fomentato un certo tipo di retorica: medici e infermieri erano eroi. Ma per svolgere bene il loro lavoro, medici e infermieri non hanno bisogno di certi attestati. Men che meno hanno bisogno del fenomeno opposto, tornato a crescere una volta esaurita l’emotività da Covid. Quel fenomeno per il quale tutto è sempre fatto male, con trascuratezza, da persone menefreghiste, scortesi o incompetenti. E via, con lamentele a raffica, sui social o inviate ai giornali. E tante testate le pubblicano con enfasi. Posto che ogni caso fa storia a sé, dunque che ci possono essere rimostranze fondate, è ovvio che tutto questo genera nell’opinione pubblica diffidenza, preconcetto. Non l’ideale per lavorare serenamente in un ambito delicato come quello della Sanità. O per decidere di intraprendere il percorso di studi che porta a diventare infermiere».  

Stefano Tosi

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A MAGGIO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.

Google News Ricevi le nostre ultime notizie da Google News SEGUICI

Ti potrebbero interessare anche:

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore