Un derby perso, ma dopo una prestazione che è valsa gli applausi del pubblico di Masnago. Il giorno dopo Varese-Milano è stato Matteo Librizzi l’ospite della decima puntata stagionale de L’Ultima Contesa. Partiti da questo, si è parlato con la guardia biancorossa anche del momento della squadra e del suo momento personale.
Altro ospite della puntata è stato Alessandro Burin, giornalista di Varese Sport.
Ecco alcune delle dichiarazioni di Matteo Librizzi:
«Rimane l’arrabbiatura per il risultato finale - sulla partita di ieri - perché la vittoria ce la saremmo meritata. Può essere un punto di partenza dal punto di vista mentale, siamo riusciti finalmente a dare l’identità di una squadra che ci tiene e che dà tutto per la maglia. A livello tecnico siamo riusciti da subito a imporre la nostra pallacanestro e siamo riusciti a correre e a sfruttare ogni errore di Milano. C’è sato un passo in più in difesa e abbiamo dato meno punti facili. Verso la fine è mancata forse un poco di lucidità».
Sull’eredità lasciatagli da Giancarlo Ferrero: «Posso dire che, a noi ragazzi italiani, ci ha lasciato un certo senso d’identità, ci ha insegnato che oltre a essere giocatori professionisti, si gioca per la maglia, per la squadra e per la gente».
Sull’aggiunta su Skylar Spencer: «È un giocatore che in questo momento ci serviva molto, soprattutto per l’energia. Già dal primo allenamento si è vista la differenza: su ogni penetrazione si sentiva e su ogni rimbalzo lotta sempre. Anche dal punto di vista offensivo ci ha dato una grande mano, rollando forte sempre e liberando spazio per gli esterni. È una grande aggiunta».
Sui giochi a due con i lunghi: «Serve un giusto equilibrio. La guardia deve essere in grado di passarle la palla a tempo e velocità giusta, ma è fondamentale anche dal punto di vista del 5, che deve rollare sempre con decisione. Devono collaborare entrambe le parti».
Rispetto alla squadra dell’anno scorso: «Il modo di giocare e preparare le partite non è cambiato. Posso dire che magari l’anno scorso siamo stati fortunati che l’alchimia si è creata immediatamente, in breve tempo, e forse è quello che sta mancando in questa parte dell’anno. Giochiamo con un sistema in cui devi avere fiducia, poi piano piano i risultati si ottengono, credendoci sempre di più può portare risultati».
Sul suo recente problema alla spalla: «Soprattutto è stato lo spavento. Sono caduto male e ho sentito un crack su tutta la spalla. Ero arrabbiatissimo, ho pensato “non adesso che sto riuscendo a giocare meglio”. Più che il dolore era la rabbia di dover riniziare tutto da capo, ma nella sfiga mi è andata bene: ho iniziato subito la fisioterapia e la spalla ha risposto benissimo».
Play o guardia? «Per adesso, per come sto giocando, sono una guardia specialista in difesa e che deve essere pronto sugli scarichi per un tiro o una penetrazione. Il mio obiettivo però sarebbe quello di diventare un playmaker vero e proprio».
Sulla Europe Cup: «L’esperienza della coppa è molto positiva. All’inizio dell’anno, quando i minuti in campionato erano pochi, con la coppa riuscivi a fare esperienza e scendere in campo per più tempo. Per assurdo puoi anche farti un’idea di come viene vissuta la pallacanestro in Europa. Personalmente è un’esperienza molto positiva».
Su Bialaszewski: «La squadra è assolutamente dalla sua parte. Crediamo nel coach e nella sua visione, che poi è la stessa di Scola e dello staff. Si è ritrovato in una situazione che tutti noi speravamo di non dover vivere. Ma, come si è visto, abbiamo visto che il gruppo si è creato: è questione di tempo, dovremo dimostrarlo in campo».
Qui sotto il video della puntata integrale.