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Basket | 19 aprile 2023, 23:58

Evviva la Varese da playoff. Perché non si possono sporcare anche gli occhi

IL COMMENTO DI FABIO GANDINI - La Openjobmetis conquista aritmeticamente la post season dopo 4 stagioni di digiuno, dimostrando un’altra volta di valere le prime otto. Brindisi era uno Stelvio, ma i biancorossi l’hanno piegata uno scatto dopo l’altro. Impossibile raccontare una storia diversa su questa squadra

Foto di Fabio Averna

Foto di Fabio Averna

Perseveriamo nel proponimento: in sede di commento delle partite di questa, proprio perché questa, squadra, quanto sta accadendo fuori dal campo e sta cambiando forzosamente la storia non troverà mai spazio.

Ci rifiutiamo di confutare una meraviglia.

Soprattutto nel giorno in cui allenatore e giocatori hanno conquistato, grazie a un’altra gagliarda vittoria, aritmeticamente i playoff. Dopo 4 stagioni di digiuno. Playoff meritati dall’inizio alla fine, in un campionato trascorso sempre tra le prime otto e mettendo in mostra le più grandi novità in termini di gioco degli ultimi 10 anni in Italia.

Brindisi che va al tappeto è un suggello con il doppio fiocco: scalarla è stata un altro Stelvio, lungo il quale Johnson e sodali hanno però pedalato con la scioltezza dei migliori grimpeur. 

Non per quaranta minuti, peraltro, proprio a causa della difficoltà del tracciato. Pronti via e ci sono stati due problemi, di cui soprattutto uno inedito. Il primo i duelli sotto canestro, nei quali Owens e Caruso hanno iniziato a soccombere regolarmente. Il secondo: Brindisi, sorta di “alter ego” prealpino per la velocità con cui cadenza il proprio ritmo offensivo (è seconda per numero di possessi: si è visto), non l’ha lasciata “riposare” in difesa nemmeno un secondo, cosa che invece normalmente accade contro le altre squadre che tendono ad abbassare il ritmo almeno ogni tanto. Il più in crisi si è dimostrato Ross, che non faceva a tempo a tornare dalle sue scorribande offensive per vedersi infilato ripetutamente da Mascolo e Reed. 

In quel momento però, è avvenuto il primo scatto degli scalatori. Ed è stato uno scatto di resistenza: Varese avrebbe potuto finire sotto anche di 15 punti e invece è rimasta aggrappata alla contesa.

Il tempo del riposo ed ecco, improvvisa, come un bagliore, come una cometa, come un lampo, fatta della stessa pasta di questo insieme di persone e atleti che da ottobre mette i brividi per le emozioni con cui accappona la pelle dei suoi tifosi, una mitragliata micidiale. 

Aperta e chiusa da un giocatore che nella seconda parte di annata sta crescendo come fanno le piante innaffiate con cura e regolarmente, risultando decisivo in attacco e in difesa: Tomas Woldetensae.

Con lui Johnson. E poi Brown. Il primo rispuntato nel prato della gioia come un fungo primaverile, in perfetta corrispondenza al comprensibile calo dell’osservato speciale Colbey Ross. E il secondo per il quale vale la stessa definizione che un vecchio telecronista del torneo che si gioca ogni estate al Rucker Park di New York usò per una delle tante leggende che solo i campetti con le reti in metallo sanno produrre e dentro di essi confinare. Il soggetto in questione era tale Anthony Heyward e venne definito “Half man, Half amazing” dopo che lo videro schiacciare sopra un avversario che era due volte lui.

Ma cosa volete sporcare? I nostri occhi? Quelli che da sei mesi vedono e amano tutto questo?

Impossibile.

Fabio Gandini


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