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| 10 maggio 2024, 14:44

L'INTERVISTA. Braghin e il cuore diviso in due: «Che ricordi al Varese, ma ora penso solo al basket»

Fu una colonna del "casino organizzato" di Fascetti che fece meraviglie in B, poi arrivarono l'Avellino, la Triestina e la squalifica per il calcio scommesse, il tutto sempre amando sia il calcio che lo sport dei canestri: «Oggi però preferisco di gran lunga la pallacanestro, il pallone è troppo cambiato e non mi coinvolge più»

Maurizio Braghin, classe 1959

Maurizio Braghin, classe 1959

Dalle giovanili della Biellese, la squadra della sua città dove nasce il 17 luglio 1959, alla prima squadra, allora - cioè nella seconda metà degli anni Settanta - in serie C. Quindi l'indimenticabile Varese di Fascetti con cui vince la C e mostra meraviglie in B. E via di seguito: dopo tre anni in biancorosso ecco l'Avellino con l'esordio in A, il ritorno al Varese e il passaggio alla Triestina, la squalifica per il calcioscommesse e, nell'89, il Piacenza con cui torna tra i cadetti prima di un'altra promozione con la Carrarese dalla C2 alla C1.

Maurizio Braghin ha totalizzato 4 presenze in serie A e 191 presenze in serie B  segnando 9 reti. Da allenatore guida la primavera del Piacenza nel '96, per poi allenare la prima squadra con Daniele Bernazzani, dopo l’esonero di Luigi Simoni. Terminata la sua esperienza in terra emiliana, siede  per due anni sulla panchina della Pro Vercelli (2000-2002). Di seguito passa al Rodengo Saiano, poi Pergocrema e Ivrea. Infine ritorna alla Pro Vercelli per tre campionati con promozioni in Prima Divisione e in serie B (2010-2013), quindi ecco Carrarese, Lumezzane, Savona, Biellese e Città di Cossato (anno 2023).

Maurizio Braghin, come ha iniziato a giocare a pallone?
All’oratorio come gran parte dei ragazzi della mia generazione. Sinceramente mi piaceva di più la pallacanestro, che mi coinvolgeva di più, poi mio papà mi ha portato ad un provino alla Biellese e da lì è partita la mia avventura da calciatore.

Come è finito a Varese?
Giocavo con la Biellese e l'allenatore del Varese Fascetti mandò un suo osservatore a vedermi: dopo pochissimo tempo arrivai a vestire i colori biancorossi.

Come ricorda quel periodo di fine anni Settanta e inizio anni Ottanta nella Città Giardino?
Fu la prima esperienza lontano da casa e trovai compagni con cui sono entrato subito in sintonia. Varese e Piacenza sono i luoghi dove mi sono trovato davvero bene e dove ho anche stretto legami di amicizia.

È ancora in contatto con i suoi ex compagni biancorossi?
Ci sentiamo e vediamo con Scaglia, Di Giovanni, Strappa, Vailati, Limido, Salvadè e Acerbis, con cui proprio in biancorosso feci il servizio militare nella compagnia atleti a Bologna. Ho rivisto ad una cena con i vecchi compagni della Biellese Ambrogio Borghi, persona straordinaria, unica, di grande spessore. Approfitto di questa occasione per salutarlo. 

Dopo il ritorno al Varese e il passaggio alla Triestina arrivò la squalifica di tre anni...
Niente da recriminare: ho sbagliato e ho pagato con la squalifica. È stata dura, ma mi ha aiutato a tornare a giocare, come da ragazzo, a pallacanestro: con una squadra locale ho anche vinto il campionato di serie D.

È tornato a giocare sui campi di calcio nell'89 con il Piacenza.
È stata una bella parentesi della mia vita, sia da calciatore che da allenatore. Non è stato facile rientrare, mi ha aiutato molto un amico, Gianpietro Marchetti, ex calciatore della Juventus che ho ritrovato come dirigente sia a Trieste che a Piacenza. Una grande persona e un amico sincero.

Come mai la sua esperienza ad Avellino, dove arrivò nell'82 prima di rientrare al Varese, durò così poco?
Ero andato in prestito agli irpini insieme a Limido. Non sono mai riuscito ad ambientarmi, anche se ho esordito in serie A. Sono arrivato ad Avellino a ridosso del grande terremoto che aveva colpito l'Irpinia, un fatto che mi portò depressione. Chiesi così al presidente Colantuoni di poter rientrare a Varese e fui accontentato.

Cosa consiglia ad un giovane che gioca al pallone?
Preferisco non dare consigli. Oggi il calcio è cambiato ed è difficile emergere perché anche nei settori giovanili ci sono molti ragazzi che vengono da altri paesi e la concorrenza è davvero forte. È davvero difficile dare consigli.

Ha allenato tanto: un consiglio da mister.
Allenare è difficile. Passi da divo a incapace nel giro di poche giornate. Non esiste la ricetta per un buon allenatore che deve mettere assieme tanti elementi e avere un rapporto con lo spogliatoio. Bisogna essere equilibrati dentro, avere una buona dose di carattere e scegliersi collaboratori validi.

La tipologia del suo mister perfetto?
Fascetti per me è stato un grande e da lui ho imparato tanto, Gigi Simoni una grande persona, cosi come Gigi Cagni e Pippo Marchioro. Ho conosciuto e apprezzo molto per diverse ragioni Stroppa e Gasperini, che sono bravi a far emergere i giovani. 

Cosa fa adesso Braghin?
Vivo a Biella. Quest’anno mi sono preso un periodo di pausa, poi vedremo. 

Segue il Varese? 
Si, sono venuto al Franco Ossola qualche volta ma sinceramente il calcio oggi non mi coinvolge più. Preferisco il basket. Aveva ragione mister Fascetti quando diceva "Braghin gioca a calcio ma ha la testa nella pallacanestro...". Salutatemi tutti, anzi chiedo scusa se in questa bella chiacchierata ho dimenticato qualcuno, ma vi porto tutti nel cuore. A presto.

Claudio Ferretti


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