Un gin di Varese sale sul tetto del mondo.
È successo davvero: GinGum, nato da un’idea di Roberto Pordenon, di Fagnano Olona, ha ricevuto due importanti riconoscimenti al The International Wine & Spirit Competition, concorso inglese che premia i migliori prodotti tra vini e “spirits”, ovvero i distillati.
Oltre 2500 prodotti in gara, ognuno contro… se stesso: chi vuole partecipare al concorso invia la propria creazione, che viene giudicata “alla cieca” (cioè senza etichetta) e a essa vengono assegnati dei punteggi secondo determinati parametri di qualità. Il totale ottenuto, se superiore a una certa soglia, determina l’eventuale assegnazione di medaglie.
Ebbene, il gin varesino ce l’ha fatta, conquistandone ben due medaglie di bronzo: nella categoria gin e in quella “gin & tonic”. I risultati sono stati comunicati qualche giorno fa.
Quella di GinGum è una bellissima storia di passione, amicizia e perseveranza che già in passato vi abbiamo raccontato (leggi QUI e QUI). Una storia che oggi aggiunge agli apprezzamenti della “quotidianità”, quelli che arrivano dai clienti e dagli estimatori, altrettanto importanti, il raggiungimento di un traguardo che non può lasciare indifferente chi ha sempre creduto nel progetto.
Non si tratta, però, del soddisfacimento di una mera ambizione: «Lo definirei un risultato nel risultato - afferma Roberto Pordenon - perché questo riconoscimento è arrivato nonostante il nostro lavoro non si sia basato su mode o movimenti attuali, né dal punto di vista organolettico, né in quanto a scelte di immagine e di messaggio, spesso attualmente improntate sull’aderenza al territorio e all’italianità. Non mi metto in contrapposizione con chi ha fatto queste scelte, oltretutto ottenendo ottimi prodotti: semplicemente noi abbiamo seguito un’altra strada».
Spieghiamoci meglio: «Il nostro è un Distilled Gin e ha vinto nel “regno” del London Dry - corrobora il suo creatore - Voglio dire che nel panorama londinese, in questo momento, vengono normalmente prediletti sentori organolettici diversi dal nostro, che virano molto più verso il secco. GinGum è diverso: il nostro gin, oltre alla nota classifica di ginepro, ha sentori morbidi, profumati, rotondi. Ed è l’unica ricetta per noi possibile, l’unica che avremmo potuto sentire nostra, l’unica che poteva rispondere all’obiettivo di qualità che ci eravamo prefissi».
Quindi «sapevamo che queste decisioni avrebbero rappresentato un'ulteriore sfida (gli avvertimenti in fase di realizzazione erano stati molteplici…), ma abbiamo creduto nella nostra formula e solo in un percorso che potevamo sentire nostro. E allora questo risultato ci emoziona perché è segno che la qualità, resta pur sempre, un valore attuale».
Perché va al di là delle mode, perché rimane, perché rende un prodotto spendibile nel tempo.
Anche la questione “dell’italianità” va chiarita meglio: «Sulla nostra etichetta c’è una spada (coreana: QUI la storia di come un gin può nascere da un allenamento di arti marziali ndr…), le nostre botaniche non sono del territorio, il nostro prodotto finito racconta di contaminazioni e di culture diverse. Dov’è l’italianità? È nelle persone, è nella dedizione, nell’attaccamento al gusto, nel suo ascolto. L’italianità è nella passione che abbiamo cercato di mettere in questa impresa, la stessa che prima di noi hanno messo tutti quegli italiani che hanno trasformato qualcosa di non italiano in una bandiera italiana».
Roberto non sceglie le parole a caso, per lui davvero le persone fanno… metà del sapore: «Per questo - conclude - ancora una volta non posso che ringraziare i miei cari collaboratori (Veronica, Paola, Chiara, Luca, Marcello e Riccardo), nonché tutte le realtà professionali che in questi mesi ci hanno accolto e soprattutto Silvia Abbate, del locale Cocktails and Dreams di Calcinate del Pesce a Varese. Lei, a tutti gli effetti, fa parte dello staff ed è stata fondamentale in termini di sviluppo e applicabilità di GinGum in miscelazione: rappresenta una professionalità importante del territorio e non solo».