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Basket | 19 febbraio 2021, 10:54

L’abbraccio di Vanetti a Corsolini: «Manager trasversale, intelligente e arguto. Agli amici e al basket mancheranno le tue chiacchierate infinite»

Il giornalista varesino del Corriere della Sera ha ricordato su Facebook il grande manager (e non solo) della pallacanestro italiana, scomparso ieri a Vedano Olona all’età di 87 anni: «Ha saputo dialogare con l’imprenditoria. Era votato alla contaminazione, generatrice di spunti e idee»

L’abbraccio di Vanetti a Corsolini: «Manager trasversale, intelligente e arguto. Agli amici e al basket mancheranno le tue chiacchierate infinite»

Il manager intelligente arguto, il comunicatore impareggiabile, l’amico autoironico. Tre sfaccettature a sfumare una veste che tutto conteneva: quella di un uomo ammalato di pallacanestro. Di un sognatore che, dello sport dei canestri, ha scritto un pezzo della sua storia più bella e fulgida.

È mancato ieri pomeriggio Gianni Corsolini. Fu allenatore delle giovanili della Virtus Bologna, poi passò alla panchina di Cantù, della quale fu soprattutto dirigente in due occasioni, contribuendo ad accrescerne il mito (scudetto e Coppa Korac). Dopo un’esperienza nello stesso ruolo a Udine, Corsolini fu eletto presidente della Lega di Serie A dal 1977 al 1979, infine presidente del sindacato allenatori. Dal 2009 faceva parte della Hall of Fame del basket italiano. Dagli anni ’70 risiedeva a Vedano Olona, aveva 87 anni.

Il cronista varesino del Corsera Flavio Vanetti ha condiviso più di un pezzo di strada con lui e sul suo profilo Facebook ne ha tracciato un ricordo che va oltre il personaggio sportivo, ben delineandone la vita da globetrotter, le qualità umane e l’impatto che sapeva lasciare sull’animo altrui.

Ci potrebbero essere mille modi per raccontare Gianni Corsolini, uno dei “padri” del nostro basket mancato all’età di 87 anni a Vedano Olona (Varese) dove aveva trovato una sorta di paradossale “buen retiro”, perché lui le radici – partendo dall’ amatissima Bologna, città natia – le ha sempre piantate un po’ ovunque. Potremmo ad esempio raccontare della sua vita prima da allenatore (la svolse dal 1958 al 1964, prima alle giovanili della Virtus e come assistente di Vittorio Tracuzzi nella prima squadra, quindi a Cantù, che sarebbe diventata la sua seconda “patria) e poi da dirigente; oppure di quell’esistenza “trasversale” nella quale il manager sportivo, intelligente e arguto, votato alla contaminazione in quanto generatrice di spunti e di idee, ha saputo dialogare con il mondo dell’imprenditoria, ottenendo riconoscimenti e ruoli di spicco, ad esempio quelli che gli furono assegnati alla Snaidero direttamente dal patron Rino.

Inoltre, si potrebbe narrare di un uomo che ha sempre creduto nella forza della compattezza e che per questo accettò di guidare, dal 1977 al 1979 come terzo presidente, la Lega di serie A, la Confindustria dei canestri all’epoca ai primi passi. Infine, ci sarebbe da ricordare il Gianni Corsolini al quale non bastavano le interminabili telefonate con un interlocutore – era un piacevole incubo di almeno un’ora (se non era in forma…), ma quanto ci mancheranno adesso quelle chiacchierate – e che pertanto riversava in divertentissimi libri il suo desiderio di comunicare e di proporre storie.

Sì, Gianni è stato tutto questo, ma anche tanto di più, in mille sfaccettature del suo essere e della sua quotidianità. Era l’amico che fino a quando il fisico gli ha permesso di spostarsi in autonomia veniva a cercarti a casa “per andare a prendere il caffè in quella bella pasticceria del tuo paese” (chi scrive vive non lontano da casa sua), o che ti faceva gli auguri a Natale scusandosi “se ti rompo le scatole”. Era l’uomo autoironico che, sapendo di parlare molto, si definiva “il galoppatore dell’ovvio e l’avventuriero del risaputo”. Era il moderatore che non dovevi invitare a una serata, pena fare notte (una volta in una libreria, alla presentazione di un libro, lo minacciarono di spegnere la luce se non avesse concluso). Ed era uno che soffriva visceralmente alle partite della sua squadra, temendo sempre che gli eventi prendessero una piega negativa. Una volta in un incontro di Coppa Korac a Tel Aviv, Cantù era avanti di 30 punti a 3 minuti dalla fine. Ma la squadra avversaria fece 3 canestri di fila e allora Gianni si girò, con il suo inconfondibile sguardo vagamente abbacchiato, e disse convinto: “Porca miseria, vuoi vedere che perdiamo?”. Le grasse risate dei giornalisti italiani presenti lo consolarono: “Scusate, io sono il missionario del pessimismo e il fondatore dell’accademia dei preoccupati”.

Tutto il basket italiano si stringe attorno alla famiglia di Gianni Corsolini (la moglie Mara, i figli Luca, giornalista e patito di pallacanestro tanto quanto il padre, Claudia e Chiara). Ma lo fa prima di tutto la “sua” Cantù, nella quale il “missionario del pessimismo” arrivò appena venticinquenne, stringendo subito un rapporto speciale con Aldo Allievi (futuro presidente e proprietario) e ponendo le basi di una squadra che nel 1968 avrebbe conquistato il primo scudetto. Gianni avrebbe incrociato di nuovo il basket di Cantù, come general manager, nel 1986, servendolo fino al 1996. Tra questi due momenti aveva avuto una vita da globetrotter, la chiave di lettura per comprendere tante cose di lui».

Redazione


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