Giampaolo Montesano... stile brasiliano. Per comprendere bene le caratteristiche tecniche e le doti di questo campione made in Varese, cresciuto a Taino sulla sponda lombarda del lago Maggiore, è importante andare a rileggere una dichiarazione che nel 2003 fece il difensore della Nazionale Pietro Vierchowod sul funambolico uomo di lago: «Per la sua categoria, facendo le giuste proporzioni, Montesano è stato il più forte giocatore che io abbia affrontato. E pensare che ho marcato anche Maradona, più di una volta; ma uno come Giampaolo non l’ho più incontrato» affermo l’arcigno difensore azzurro.
Montesano, o meglio Monte per i tifosi, inizia a giocare giovanissimo nel Taino, per poi passare negli allievi ad Angera. Quindicenne, appena finita la terza media, decide di andare ad imparare un lavoro alla Siai Marchetti, ma il suo destino guardava da un altra parte, ovvero verso il calcio giocato, con il suo talento nei dribbling. Viene visto dalla Solbiatese e da Piero Ossola, persona che aveva una particolarità importante: quella di scoprire il talento. Iniziai poi la trafila nelle giovanili biancorosse alloggiando al collegio De Filippi, studiando da geometra e se i risultati scolastici erano buoni alla domenica si giocava la partita...
Montesano, chi sono stati gli allenatori che l'hanno formata?
Il primo di tutti Maroso. Mi puniva perché continuavo a dribblare e non passavo mai la palla. Ricordo che mi faceva fare per punizione diversi giri di campo finiti gli allenamenti, dopo aver subito la stretta marcatura di Rimbano. Era un modo per temprare il mio carattere. Poi dopo una breve parentesi con Rumignani, arrivò Fascetti. Fu amore a prima vista. Peccato che ero un carattere ribelle e difficile da gestire: anche con lui spesso finivo punito a salire e scendere sulle gradinate dello stadio. Ma aveva ragione lui, ero troppo sopra le righe e arrivavo in ritardo agli allenamenti, dove il mister pretendeva, a ragione, la massima puntualità.
Qualcun altro?
Un grande mister che mi ha fatto crescere e imparare tanto con importanti insegnamenti tecnici che tuttora applico nella mia scuola calcio per giovanissimi è Renzo Ulivieri, allenatore del Cagliari: parliamo degli anni 1985-1987, allora i sardi erano in serie B , il presidente per un certo periodo è stato Gigi Riva.
Ci racconta qualche ricordo legato al Cagliari e a Rombo di Tuono?
Ricordo che quando parlava negli spogliatoi c’era un riverente silenzio. Sapeva darci la carica giusta. Seguiva gli allenamenti molto attentamente: parlava pochissimo, ma pretendeva moltissimo ripetendo che bisogna dare più del massimo per onorare la maglia rossoblù, un simbolo per i sardi e per la Sardegna intera. Poi in un'amichevole Varese-Cagliari purtroppo mi si ruppe una scarpa: pensate che tempi, per giocare il mio compagno di squadra Vailati mi prestò le sue, peccato che erano due numeri in più... Davvero altri tempi.
La sua carriera passò anche per Palermo e Udinese: momenti magici?
Con l’Udinese ho giocato in serie A e con il grande Zico: mi sembrava di sognare. A Palermo ho fatto cinque stagioni. Sono arrivato dal Varese come sconosciuto, ma mi sono ambientato subito. I tifosi mi adoravano per i miei dribbling.
Chi ha avuto come allenatore in rosanero?
Giancarlo Cadè, Gustavo Giagnoni, Antonio Renna. Proprio con quest’ultimo, nella stagione 1981-1982, in tandem con Gianni De Rosa allora capocannoniere della serie cadetta fu una stagione strepitosa. Ricordo Gianni che si arrabbiava perché non mettevo la palla in mezzo, la passavo poco perché preferivo divertire il pubblico dribblando. Il Palermo in quel periodo sfiorò la promozione in serie A.
Oggi come definirebbe le sue doti calcistiche?
Un condensato di quello che scrivevano i giornali sportivi di allora. Carattere non facile, molto estroso, un funambolo del calcio e della vita con giocate particolari. Amavo correre sulla corsia, saltare l’uomo, entrare in area, far finta di crossare, tornare indietro... Insomma un matto da legare, poco gestibile per gli allenator
Finito con il calcio giocato cosa ha fatto?
Ho collaborato per nove anni con il Milan, insegnando nelle scuole calcio e girando il mondo. Poi ho fatto anche diverse esperienze con il Como e la Pro Patria e ho aperto a Taino una mia scuola calcio per i bambini. Abbiamo anche una squadra di calcio femminile. Mi sento molto appagato, spesso viaggio per il mondo a tenere corsi di calcio. Sto seguendo la mia società, Montesano Promotions, con tante soddisfazioni.
Rimpianti?
Quello di non aver ascoltato tanti consigli dai miei mister quando ero giovanissimo. Infatti raccomando ai giovani di seguire gli insegnamenti dei propri allenatori: è un valore aggiunto, si tratta di qualcuno che vuole trasmetterti la passione per lo sport più bello del mondo.
Cosa ama di più del calcio?
Vedere i bambini imparare a calciare mi riempie il cuore di gioia.