Ricordo tutto di quella prima notte. Le luci in lontananza, la gente che incolonnata entrava, colorata di biancorosso. Vivevo un sogno ad occhi aperti e per l'occasione mi ero messo pure in giacca e cravatta, ignaro che poi la mia tutor Paola mi avrebbe messo a tagliare il grana per la sala hospitality.
Vedevo tutto dall'interno, gli spogliatoi, la sala stampa, il campo. Era il 5 aprile 2012, Varese-Pescara, doppietta di Granoche. Fu il mio primo giorno di una storia durata 4 anni che si è interrotta nel modo più triste. Ma che mi ha lasciato la consapevolezza che ciò che rende così speciale la squadra di una città di provincia è il legame che crea fra le persone. Un turbinio di emozioni e amicizie che ti lasciano con il cuore pieno di felicità.
I miei ricordi sono legati alle persone che ho incontrato grazie al Varese. Colleghi, calciatori, giornalisti, fornitori, tifosi da tribuna, da distinti o da curva. Persone che entrano nella tua vita. E te la cambiano. Ecco spiegato il senso della frase "il Varese è un patrimonio storico della città".
Perché in fondo lo sappiamo tutti, non stiamo parlando solo di una squadra di calcio, sarebbe superficiale e riduttivo, mica piace a tutti il calcio. Ma l'effetto che la squadra genera per la sua città è meraviglioso e speciale.
Forse ce lo siamo dimenticati tutti ormai.
Quando il fallimento del 2015 spazzò via il mio sogno ho sofferto molto ma, seppur da fuori, avrei continuato a far parte del mondo speciale di cui parlavo.
Mai avrei pensato che sarebbe stato possibile cancellare anche questo.
Una città come Varese non sta cancellando una squadra di calcio. Ma un suo patrimonio storico. Ed è qualcosa di imperdonabile.