/ Salute

Salute | 11 aprile 2024, 16:30

Tecnici sanitari: oltre 2.300 iscritti all'Ordine in provincia, ma non bastano

La sigla "Tsrm e Pstrp" raccoglie professionisti che operano negli ambiti della diagnostica, dell'assistenza, della riabilitazione e della prevenzione. Di loro si parla meno che di medici e infermieri, anche se svolgono attività essenziali. Forza attrattiva della Svizzera, riconoscimenti economici, formazione, condizioni di lavoro nel colloquio con la presidente provinciale dell'Ordine, Elena Giovanna Cossa. Che, nonostante tutto, dice ai giovani: «Le nostre professioni sono stimolanti, necessarie, richieste. Pensateci»

Elena Giovanna Cossa

Elena Giovanna Cossa

C’è un Ordine che ha un problema anche solo a essere nominato. La sequenza "Tsrm e Pstrp" assomiglia più a un codice fiscale che a un acronimo. Ma raccoglie i Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione. In tutto, 18 albi (più un elenco speciale) di cui fanno parte professionisti che servono al funzionamento della “macchina Sanità”. Semplificando, l’ordine include figure professionali diverse tra loro che svolgono attività essenziali, nel pubblico come nel privato, in quattro ambiti principali: diagnostica, assistenza, riabilitazione e prevenzione. A puro titolo di esempio, utilizzano strumentazioni radiologiche, svolgono analisi biomediche, usano apparecchiature elettromedicali sofisticate, si occupano di terapia e riabilitazione, svolgono indagini sugli ambienti di lavoro e così via. L'Ordine provinciale conta più di 2.300 iscritti anche se il numero non soddisfa la richiesta del territorio. E, in previsione, non si intravedono miglioramenti per rispondere alla domanda.

«Lamentarsi, del resto, serve a poco. Anzi, può essere controproducente». Parola di Elena Giovanna Cossa, alla guida proprio dell'Ordine provinciale.

Come mai, però, siete meno presenti sui mezzi d’informazione, rispetto a medici e infermieri?

Intanto, oltre che dalla stampa, è importante farsi sentire da enti e istituzioni. Questo, ovviamente, lo facciamo. Poi intravedo un rischio. E, sia chiaro, non sto criticando la linea tenuta da altri. Se, nei contatti con la stampa, esageriamo nell’accendere i riflettori sulle problematiche che ci riguardano, che vanno dalle retribuzioni alle prospettive di carriera passando per la valorizzazione delle competenze, potremmo, per esempio, scoraggiare i giovani dall’intraprendere i percorsi che portano alle “nostre” professioni. Ma noi abbiamo bisogno dei giovani e la popolazione ha bisogno delle nostre professioni. Professioni che ci arricchiscono dal punto di vita umano, oltre che lavorativo.

Dal discorso sembra emergere quella parola, carenza, che da tempo si associa ad altri “camici”…

Ecco, evitare di insistere non significa nascondere o, peggio ancora, ignorare. Oggi, il numero di professionisti che si laurea ogni anno è insufficiente a soddisfare la domanda di salute e la possibilità di curare attraverso il Sistema Sanitario Nazionale. Dai vari percorsi di formazione, esce il 50 per cento dei giovani che prendevano l'abilitazione professionale a metà degli anni Ottanta. E il nostro territorio si trova pure a fronteggiare l’attrattiva, soprattutto economica, esercitata dalla Svizzera.

Si fa sentire?

Sì, la provincia di Varese è interessata, da nord a sud. La nostra università abilita ogni anno professionisti competenti che chi ha potere economico superiore non si lascia sfuggire. Le Asst non stanno con le mani in mano, le ricerche di personale ci sono. E' una lotta impari, però, nonostante avvisi e concorsi per posti a tempo indeterminato. Inoltre...

Inoltre?

Non è detto che il numero degli iscritti alle selezioni corrisponda al numero di chi si presenta o accetta gli incarichi. Vale, nel nostro ambito, la stessa dinamica dei medici: oggi sono loro a scegliere dove lavorare.

Quali sono i fattori che possono determinare queste scelte?

I nostri professionisti hanno l’opportunità di lavorare in team multidisciplinari dove però ancora sono assoggettati al giogo dello specialista medico e non godono di completa autonomia. Di recente il Pnrr ha dato l’opportunità alla sanità pubblica di acquistare anche le tecnologie più moderne su cui i nostri professionisti che vogliono dimostrare la loro competenza hanno la possibilità di farlo. Non manca la tecnologia, manca un supporto esterno ambientale/organizzativo che consenta al professionista di non dover basare la scelta solo sul discorso economico, perché a livello sociale i costi di affitto, dei mezzi di trasporto, di carburanti non consentono di poter condurre una vita tranquilla con le retribuzioni che la sanità pubblica elargisce.

Ambienti, discorso economico, organizzazione, autonomia... l'autonomia è anche legata alle competenze...

La volontà di aggiungerne, di competenze, spesso non manca. Penso, e mi limito a un esempio, ai tecnici di radiologia. Per una parte del loro lavoro serve somministrare un farmaco. Il liquido di contrasto, per intenderci. Non potevano essere autonomi. Ce n’è voluta perché, fatta la formazione sull’accesso venoso, potessero provvedere da soli, liberando operatori da destinare ad altro, con vantaggi organizzativi. In Svizzera, così come nelle strutture private, questo tipo di competenza è particolarmente richiesta perché lì è veramente riconosciuta l’autonomia del professionista nel gestire la procedura. 

La formazione, in generale, funziona? Prima accennava a numeri calati in modo netto…

Un tema, non da poco, c’è ed è legato alla disponibilità di posti a livello accademico. Diciamo che l’università può mettere a disposizione un percorso per un numero chiuso di studenti. E che, in prospettiva, i futuri laureati non basteranno a coprire il fabbisogno di personale dovuto a cessazioni per pensionamenti o dimissioni. La risposta dell’università alle segnalazioni, tipicamente, è che non può fare di più, per parametri legati a numeri e spazi, più o meno attrezzati, disponibilità di docenti, aule e così via. Per un aspirante studente di medicina, durante il test d’ingresso c’è la possibilità di indicare una o più preferenze su scala nazionale. Nel nostro caso, le preferenze sono ristrette ai corsi di laurea attivi in uno specifico ateneo. Il rischio è quello di essere assegnati a un corso di laurea che non riflette le preferenze dello studente, aumentando l’abbandono e la disaffezione per la professione. Poi c’è la questione economica…

Stipendi bassi?

In realtà, il problema inizia prima del lavoro vero e proprio. La formazione richiede parecchio impegno, la frequenza è obbligatoria. È difficile, se non si ha una famiglia con qualche risorsa alle spalle, mantenersi agli studi. Anche quando si riesce a trovare una fonte economica grazie ad un lavoro estemporaneo, a un certo punto arriva il tirocinio, a sua volta obbligatorio. Negli anni Ottanta si riceveva una sorta di bonus, un piccolo aiuto economico, e le scuole garantivano anche, grazie ai convitti, la possibilità per lo studente di una sistemazione alberghiera che, soprattutto per i fuorisede, oggi è molto onerosa. L’una e l’altra forma di sostegno sono un ricordo. Forse sarebbe il caso di tornare a riflettere su certi temi.

Elencate le magagne, sembra di sconfessare l’intento iniziale, quello di evitare troppe lamentele. Se si esagera, i ragazzi e le ragazze si scoraggiano. O guardano altrove.

E allora lo dico in modo esplicito, rivolgendomi in particolare ai giovani, a quelli che potrebbero intraprendere gli studi per entrare nelle nostre fila. Le professioni raccolte dal nostro ordine, nella loro eterogeneità, sono necessarie e stimolanti. Si rinnovano continuamente. Trovare un lavoro, qui o altrove, qui o all’estero, non sarà un problema. Pensateci. E, se prendete la decisione, credeteci.

Stefano Tosi

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A APRILE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.

Google News Ricevi le nostre ultime notizie da Google News SEGUICI

Ti potrebbero interessare anche:

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore