I tifosi del Varese hanno sempre voluto bene ad Ernestino Ramella, classe 1955, nato a Zinasco in provincia di Pavia ma arrivato nel vivaio biancorosso giovanissimo, dove dopo aver fatto molto bene esordisce a 18 anni in prima squadra (stagione 1973-74) giocando 8 partite e segnando 4 gol, compreso quello che spianò la strada per la vittoria del 9 giugno '74 sul Catania (2-0) che valse la promozione in serie A.
Cosa ricordi di quel momento?
Sono passati tanti anni, forse troppi, ma ogni tanto ricordo quel momento magico risentendo la voce di mister Maroso che mi gridò con tutta la forza che aveva nei polmoni: "E vai, bravo il mio Ramellino...". Questo è un urlo che non dimenticherò mai.
Cosa accadde negli spogliatoi?
Ho immagini confuse perché c’erano tante persone e gli spazi erano stretti... Allora gli spogliatoi erano posizionati sotto la curva sud ed erano molto angusti. Posso dire che il premio promozione ricevuto grazie ai "veci" furono dei soldi con cui riuscii a comprare un'autobianchi 112 usata.
Ricordi l'esordio in serie A?
Avevo 19 anni, era il 6 ottobre 1974 e giocavamo al Franco Ossola contro l’Inter, a cui rifilammo due belle reti, mandando lo stadio in visibilio. Poi la stagione andò storta: giocai 12 partite, finimmo in coda alla classifica e retrocedemmo. Però partecipai alla goleada interna contro la Sampdoria (4-0), dove segnai l'ultimo gol del Varese nella massima serie. Che strano destino: gol promozione in B e ultimo gol in serie A. Un record ancora imbattuto.
Che rapporto avevi con i tifosi?
Varese è sempre stata una piazza tranquilla, senza eccessi particolari. Il tifoso varesino si appassiona al bel calcio e viene allo stadio volentieri se vede impegno, serietà societaria, attaccamento alla maglia e voglia di lottare su tutti i palloni.
Futuro dell'attuale società?
Il mio grande augurio è che si torni in serie B e che il mio record venga battuto. La dirigenza attuale sta "rivoluzionando l’ambiente"... Certo i soldi sono necessari, ma ci devono essere anche progettualità, competenza, lungimiranza e collaborazione tra il presidente e lo staff dirigenziale con allenatore e direttore sportivo che devono poter operare e fare risultato. Il calcio è bello se c'è il risultato e la gente va allo stadio se vede vittorie e buon gioco: questa è la regola.
Il nuovo direttore sportivo è Davide Raineri, Corrado Cotta è il mister: che ne pensi?
Li conosco bene, abbiamo collaborato per anni: vanno lasciati lavorare e bisogna accettare i loro consigli perché a mio avviso sono molto competenti.
Cosa ti manca di quei tempi da calciatore?
Ahimè la gioventù, lo spirito di gruppo, l’amicizia che si creava al collegio De Filippi e i lunghi ritiri, che spesso superavano i 30 giorni. Le amicizie che ho stretto allora grazie al calcio sono ancora vive nel mio cuore e con molti ex compagni ci sentiamo e ci vediamo regolarmente.
Cosa fa oggi Ramellino?
Il nonno a tempo pieno, coltivo relazioni, seguo alcune partite e dipingo. Ho ritrovato durante la pandemia la mia grande passione giovanile che con il calcio avevo messo da parte.
A quando una tua personale mostra?
Per il momento non ci penso, prima di fare qualcosa sentirò il parere dei miei figli e di mia moglie. Intanto i miei quadri li regalo agli amici, poi qualcuno lo darò anche in beneficenza.