Non capiamo, quindi chiediamo: è il minimo nel nostro mestiere. Così, sotto la copertina del possibile ritorno di Lepore sbandierata qua e là, si agitano molti interrogativi a cui non riusciamo a dare risposta. Partendo dal primo: ci troviamo veramente di fronte a una società che, cambiando nome in Varese Football Club, vorrebbe essere più vicina al modo di operare che, ultimi cinque anni in D a parte, aveva sempre contraddistinto il Varese?
Secondo fondamentale quesito: trovati due giovani che fanno la differenza come Lorenzo Piras, il miglior portiere visto sotto il Sacro Monte dopo Pissardo e Trombini, e Niccolò Stampi, la furia capace di spaccare le partite nella prima parte del campionato scorso spenta solo da un grave infortunio, è possibile farseli scappare in altre squadre di serie D, anche se una di queste - promessa sposa di Piras - si chiama Fasano e non è una squadra qualunque visto che il direttore sportivo è un certo Antonio Montanaro, giustamente affamato di rivalsa? Possibile che il Varese Football Club non abbia argomenti, non solo economici (progetto, ambizioni, empatia, agganci), per convincere e trattenere un portiere diciannovenne determinante che, invece, preferisce scendere a 1.000 chilometri dal Sacro Monte o un ventenne come Stampi, inseguito non solo dal Vado.
Terzo punto da cui scaturiscono nuove domande: giovani a parte, facendo tre nomi a occhi chiusi da cui ripartire non verrebbe naturale pronunciare quelli in cui l'appartenenza e l'identità varesina sono indiscutibili, cioè Ferdinando Vitofrancesco, Stefano Banfi e Stefano Molinari (oltreché, giustamente, di Pietro Marangon e Andrea Malinverno)?
Se Molinari, che in coppia con Cottarelli - altro errore madornale dello scorso mercato esserselo fatto scappare - aveva blindato difesa e terzo posto della stagione targata Raineri e Cotta, è già al Fasano nonostante l'annuncio del club di un rinnovo biennale finito nel nulla quando il difensore s'infortunò gravemente (fu definito in conferenza stampa «uomo eccezionale»: s'è visto com'è finita...), la separazione da Vitofrancesco (leggi QUI le sue parole) è ancora più inconcepibile e inaccettabile. Vito "è" Varese (abita in città ed è più varesino di tanti varesini) ed "è" il Varese, regolare e fondamentale come nessun altro (non VareseNoi ma tutti gli altri media gli hanno dato voti dal 7 all'8 in stagione e nei pagelloni di fine anno): perché privarsi di un capitano e un uomo che a Varese fa sentire tutti in famiglia come questo? Le esperienze del passato, in questo senso, non sono servite a nulla? Domanda nella domanda: era il primo giocatore da contattare anche per ciò che rappresenta o l'ultimo, come è stato fatto, facendo capire le reali intenzioni della società nei suoi confronti?
E veniamo a Banfi, sperando che almeno per lui non sia troppo tardi (ma dubitiamo): sarebbe stato il primo della lista da confermare insieme a "Vito" e non solo perché è di casa, perché per questa squadra giocherebbe anche in porta, perché è passato da tecnici, moduli e ruoli possibili e impossibili dando sempre tutto e perché soprattutto - rispetto ad altri - ha accettato sempre di mettere davanti il Varese a sé stesso, in ogni senso e perfino troppo.
Vale per lui e per tutti, settore giovanile compreso, un discorso che fa a pugni con un facile luogo comune che da tempo da queste parti porta a far passare per "traditori" o sgraditi coloro che non accettano lacrime, sangue e sacrifici economici, invece per nulla scontati o dovuti, soprattutto se già affrontati, pur di indossare il biancorosso: è il Varese a dover avere "armi" e volontà per portare in porto le conferme. Non si può pensare che ci sia la fila per arrivare alle Bustecche (se c'è, non è certo composta dagli Zecchin o dai Pisano del 2025): è il Varese a dover convincere i giocatori che qui si sta bene e c'è un progetto ambizioso, invece di pretendere a priori, solo per il fatto di amare questa maglia, autoriduzioni del proprio valore professionale. Essere varesini e "da Varese" non può essere una "diminutio" a prescindere.
Se è perfino inutile sottolineare che il ds Battaglino e Rosati possono fare ciò che vogliono, e sicuramente lo faranno com'è sempre accaduto al comando del Varese negli ultimi cinque "gloriosi" campionati di serie D, così come noi possiamo essere critici, e infatti lo siamo di fronte a chi tocca per l'ennesima volta l'anima varesina di una squadra che già lo era troppo poco, resta un'ultima domanda, la più pesante. Se si vuole andare davvero in serie C, si confermano i giovani migliori e i giocatori da Varese già in casa, partendo dai capisaldi del gruppo e rinforzandolo, o si impianta nell'anima della squadra un altro gruppo, magari già conosciuto anni fa a Sangiuliano Milanese o sui campi della D?
Ai posteri l'ardua sentenza, sperando che questi posteri non si chiamino settimo campionato consecutivo in D.
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Accadeva un anno fa
Calcio | 17 giugno 2025, 18:33
Non capiamo e, quindi, chiediamo: Varese, come fai a farti scappare Vitofrancesco, Molinari e Piras? Non accadrà lo stesso con Stampi e Banfi, vero?
Perché un ennesimo cambio di rotta? Perché non ripartire dall'ossatura che funzionava e aggiungere quello che mancava? Perché rivolgersi a giocatori già conosciuti altrove da ds e allenatore invece di difendere ciò che era già di Varese e da Varese? Perché dietro la sbandierata copertina di un possibile ritorno di Lepore impiantare un'anima e un blocco nuovi, se un'anima e un blocco erano già presenti?

Vito, Stampi, Piras, Molinari e Banfi: destino incerto o già scritto, lontano dal biancorosso, per cinque uomini da varese
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