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Cronaca | 05 aprile 2024, 13:14

Delitto di Cairate, Caglioni accusa Carolo: «È stato lui a uccidere Bossi. Dopo l'omicidio costanti minacce»

I due accusati dell’omicidio di Andrea Bossi hanno deciso di parlare: uno ha già fornito la sua versione dei fatti, l’altro sarà davanti al pm e al gip settimana prossima. Entrambi sostengono di essere innocenti

Delitto di Cairate, Caglioni accusa Carolo: «È stato lui a uccidere Bossi. Dopo l'omicidio costanti minacce»

Minacce e ricatti, sono queste le parole con cui si può descrivere l’ultima testimonianza di Michele Caglioni, accusato dell’omicidio di Andrea Bossi insieme all’amico Douglas Carolo, che verrà interrogato giovedì prossimo.

Michele, già al suo primo interrogatorio aveva fornito agli inquirenti, oltre alla sua versione dei fatti, alcuni dettagli di quella tragica notte tra il 26 e il 27 gennaio. Caglioni, infatti, aveva fatto ritrovare diversi oggetti in un campo vicino all’abitazione del 26enne tra cui una scarpa insanguinata, due mazzi di chiavi della casa di Bossi, un posacenere ed il cellulare distrutto della vittima.

Al primo colloquio con il gip e il pm, Caglioni, aveva già sostenuto di essere innocente e che l’autore del delitto fosse Douglas Carolo. Cosa che avrebbe ribadito anche ieri in tribunale a Busto Arsizio e che ha pure sottoscritto in una lettera che è stata mostrata in tv, a “La vita in diretta”.

Michele, nella lettera indirizzata alla trasmissione Rai, ha raccontato la sua versione di quanto accaduto la sera del 26 gennaio e anche quello che sarebbe successo durante tutto il mese successivo, prima del loro arresto: «Quella sera, come altre, Douglas mi chiese un passaggio in monopattino. Io accettai, come feci le precedenti volte».

Arrivati lì, stando a quanto scritto da Michele. Douglas sarebbe salito nell’appartamento di Andrea, mentre lui sarebbe rimasto giù ad aspettare senza sapere chi ci fosse in quella casa: «A una certa ora lo chiamai lamentandomi del freddo, quindi lui scese ad aprirmi e mi disse di aspettarlo nelle scale interne del condominio. Finché, a un certo punto, mi chiamò e mi disse di salire ma di non aprire la porta».

«Quella maledetta porta» dice nella sua ricostruzione Michele Caglioni, che aveva trovato socchiusa, trovandosi davanti il corpo senza vita di Andrea Bossi in una pozza di sangue.

Da qui, sarebbero iniziate le minacce di Carolo, già al suono del campanello della vicina che aveva sentito i rumori: «Non ho avuto il tempo di reagire che Douglas ha estratto il coltello dal collo di Andrea, mi ha tappato la bocca e mi ha tenuto il coltello alla gola per non poter chiedere aiuto».

Poi il furto di tutti i beni del 26enne, dall’oro alle carte di credito. Proprio queste sono state poi utilizzate da Michele per prelevare i soldi, stando a quanto scrive lui, sempre sotto il ricatto di Douglas. Minacce che poi sarebbero continuate fino al giorno dell’arresto, insieme a degli avvertimenti: «Quando arrivai al punto di crollare lui lo capì, così andò a casa dei miei genitori e distrusse il vetro del furgone di mio padre».

Ma in questa lettera emerge un altro dettaglio, fondamentale per gli inquirenti: «Io non ricordo esattamente dove ha buttato il coltello - con cui è stato ucciso Andrea - ma dovrebbe essere in un tombino nella zona del maglificio».

Un mese di terrore, che si è concluso il 28 febbraio: «Io sono contento che ci abbiano arrestati quella mattina, così potevo dire tutto, perché non sarei riuscito a vivere ancora a lungo tenendomi tutto dentro». Concludendo la sua “confessione pubblica” con il pensiero rivolto alla vittima di questa vicenda: «Andrea non meritava di morire, di sicuro non così, nessuno ha il diritto di strappare la vita ad un altro essere umano».

Giovedì si terrà l’interrogatorio di Douglas Carolo, che con i suoi avvocati continua a dichiararsi innocente, la sua versione dei fatti non è ancora conosciuta, anche se potrebbe incolpare Caglioni, ma quel coltello potrebbe avere le impronte di chi realmente ha sferrato quel colpo mortale ad Andrea.

Michela Scandroglio

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