«Vorrei vedere la curva cantare per due ore. Vorrei che tutti i tifosi se la godessero per davvero, dalla mattina e dal viaggio fino alla cena organizzata in albergo nel post partita. Vorrei che tutti vivessero questa finale come un momento unico della vita, come se la stessa fosse una possibilità destinata a non capitare mai più. Vorrei che ognuno di noi riuscisse a comprendere che quanto sta per accadere resterà per sempre nella storia e verrà ricordato come ricordiamo le vittorie e le partite di 30 anni fa, comunque vada a finire».
Pare una canzone, pare un decalogo: “Vorrei”, parole e musica di Carlo Bino. Una canzone nella quale il presidente dei Mastini racchiude tante cose, pure antitetiche fra loro, nella quale esorcizza la concreta possibilità di perdere con l’orgoglio di chi, in fondo, ha già vinto, nella quale traspare quel senso di famiglia che lo porta a pensare e a preservare chi insieme a lui ci sarà (giocatori e tifosi tutti), nella quale imparare che la vita è fatta di attimi, (nessuno da perdere) ma anche di un percorso che non può non essere valutato nel suo insieme.
«Ma se due anni fa qualcuno di noi avesse sostenuto che avremmo potuto vincere la Coppa, il campionato e poi che saremmo andati a Cortina a giocarci la Supercoppa, non sarebbero venuti a prenderci per portarci al manicomio?». Effettivamente: «E allora andiamo “su” tranquilli e rilassati, a fare la nostra gara. Non abbiamo nulla da perdere, abbiamo già vinto: abbiamo già vinto perché nessuno nell’Italia dell’hockey, nemmeno il Cortina, ha il seguito di tifosi che abbiamo noi; abbiamo già vinto perché giocheremo sotto un muro colorato di giallonero; abbiamo già vinto perché siamo riusciti a riportare Varese nell’hockey che conta. Solo una cosa dunque sarà importante: provarci con tutto noi stessi e uscire a testa alta, come accaduto con il Fassa».
La serenità presidenziale è un mantra che arriva al campo perché si alimenta con l’extra campo, a partire dalla considerazione di avere al proprio fianco tanti amici: «Vedo una gran voglia di starci vicino e di capire ciò che facciamo. Diverse aziende sportive e non ci prendono un po’ come esempio, perché effettivamente possiamo essere l’esempio di come, mettendoci impegno, volontà, testa e correttezza si riesca a creare un progetto capace di dare tanto a livello sportivo ed emozionale».
L’ultimo arrivato è lo Scoiattolo, della famiglia Di Caro, ed è una new entry di grande livello per Varese e per tutto il mondo dell’hockey: «Il fatto di aver ricevuto i loro complimenti mi emoziona e mi gratifica - dice Bino - Loro e altri nostri sponsor, e parliamo quindi di aziende tra le più importanti del territorio, vogliono accompagnarci in questo percorso perché hanno visto quello che abbiamo saputo fare: come potrei non essere felice?».
E ottimista, anche pensando (ritorniamo al ghiaccio) a una stagione che andrà ben oltre la Supercoppa e che non sarà facile, visto che nasce da un’omologa che più vincente non si può. Nessuna paura del confronto, però: «La squadra mi piace molto, mi piace il gruppo e sono molto contento del lavoro che abbiamo fatto a livello umano abbiamo scelto tutte persone di ottima caratura, coach compreso. Sotto l’aspetto tecnico la stessa cosa. E vedo un gruppo unito e coeso: c’è fame da parte di chi è arrivato ma anche di chi è rimasto. I giovani si sono inseriti bene. Cosa manca? L’alchimia, è inevitabile: è normale che ci voglia un periodo per trovarla. Anche quest’anno le linee arriveranno a capirsi con uno sguardo come accadeva l’anno scorso. E avranno un atletismo molto più marcato: merito degli allenamenti di Czarnecki».














