Su Franco Lepore, autore di tre gol nelle due finali di andata (2-1 con una sua rete decisiva all'87') e ritorno (3-1) per la serie B che hanno riportato i blucelesti nel calcio che conta a 51 anni dall'ultima promozione tra i cadetti, non potremmo aggiungere una sola parola in più di quelle che abbiamo detto dopo la prima gara vinta a Foggia (clicca QUI). Ma forse è bene ricordarle. Ecco ciò che valeva nell'ottobre 2021, quando Franco Lepore rimase senza squadra e iniziò ad allenarsi con la Real Calepina in attesa di una chiamata e, poi, ciò che disse alla nostra trasmissione Stadio Aperto nel novembre 2021 quando quella chiamata arrivò dalla Pergolettese.
17 OTTOBRE 2021, LEPORE È SENZA SQUADRA...
Forte, vincente, amato, vero: Franco Lepore è senza squadra a 36 anni. Ecco perché non ci piace questo calcio-giostra senz'anima
Uno dei simboli della scalata del Varese dall'Eccellenza alla Serie B (ci vollero 6 anni, non un paio...), uomo-promozione anche a Lecce e Monza, si allena con la Real Calepina in attesa di una chiamata
Rapporti umani, belle persone, calciatori e calcio dove una carriera, un gol e una partita dipendono ancora dalla forza di volontà e dai sogni rincorsi da bambini.
È tutto in un'intervista di Franco Lepore a TuttoC.com e ripresa da "PianetaLecce" in cui uno dei simboli e anche capitano della rinascita e della scalata biancorossa dall'Eccellenza alla serie B (2004-2010: ci vollero sei anni, un ripescaggio in D e due salvezze nel finale in Seconda Divisione. Tutto subito, non si può e al Varese dovremmo sempre tenerne conto) mette a nudo questo calcio-giostra dove essere in forma ed essere vincenti, anche a 36 anni, non basta più per continuare a fare bene il proprio lavoro.
Lepore, cha ha vinto campionati nella sua Lecce e a Monza, oltre che a Varese, viene da un'annata positiva a livello personale (l'anno prima aveva vinto il campionato in Brianza) ma è rimasto senza squadra.
Giocatore universale che in carriera non ha solo ispirato e fatto gol (alcuni, bellissimi, con quelle sue magiche punizioni), uomo vero con un senso del dovere e degli affetti difficili da riscontrare in altri atleti che abbiamo conosciuto (per lui una maglia, una città e una tifoseria sono sempre stati una famiglia), Lepore è sempre stato il primo a buttarsi nel fuoco e, alla vigilia di ogni grande battaglia, il primo a uscire allo scoperto prestando anche il suo volto, non solo a VareseSport che lo aveva eletto a simbolo della rinascita nei manifesti che comparvero ovunque in città dal 2004 in poi, perché una squadra in città deve anche farsi vedere e amare.
Lepore è stato il solo giocatore del Varese che, dopo un brutto voto in pagella, veniva a stringere la mano a chi glielo aveva dato, dicendo: «Me lo sono meritato, ma domenica ti farò ricredere e dovrai darmi 7».
«Vorrei restare al Nord - dice un leccese purosangue come Lepore, che però è ormai lombardo da tantissimi anni, e che qui cresce la sua famiglia - Per ora mi sto allenando col Real Calepina, un club di D in provincia di Bergamo».
Se esiste qualcosa che viene prima anche della propria squadra del cuore o del proprio lavoro, e se questo "qualcosa" si chiama riconoscenza e senso di giustizia, chi ha conosciuto e apprezzato Lepore spera che la prossima vittoria sia la sua. Sarebbe anche la vittoria di un pallone che, una volta tanto, riacquista memoria e buonsenso. Perché sono i calciatori come Lepore a conoscere la "chiave" per fare vincere un campionato alla tua squadra e, soprattutto, a farla amare dalla gente.
3 NOVEMBRE 2021, LEPORE TROVA SQUADRA...
Franco Lepore: «Dopo ogni caduta c'è la possibilità di ricominciare. Il Varese è attaccamento, curva, gruppo»
Come anticipato alla trasmissione Stadio Aperto, la bandiera biancorossa ha firmato per la Pergolettese (serie C) spendendo parole bellissime nei confronti del Varese e dei suoi tifosi: «Le contestazioni e la pressione ti fanno capire chi sei. A Varese puoi anche sbagliare un passaggio o un gol, l'attaccamento alla maglia no»
"Ad ogni intoppo, ad ogni caduta, ad ogni semaforo rosso della vita c’è sempre la possibilità di ricominciare…": con queste parole, che racchiudono lo spirito di un vero guerriero a 36 anni come lo era nel 2005 quando partì da Varese, Franco Lepore conferma l'annuncio che aveva già dato durante l'ultima puntata della nostra trasmissione Stadio Sport, e cioè la firma con la Pergolettese in serie C.
E' tutto scritto, come il nuovo contratto dell'ex capitano e bandiera biancorossa - rimasto senza squadra per le "miopie" di questo calcio dopo 5 promozioni, perfetta forma fisica e spirito da ragazzino - e come lo sono i segnali della vita: ci sono persone che con la loro positività conquistano tutto, anche quando sembra perso, e altre che fanno il percorso inverso.
Strepitose e piene di forza, entusiasmo, adrenalina e sentimenti impagabili le parole di Lepore alla trasmissione settimanale di VareseNoi e del gruppo More News che ospita tutti (o quasi) i giocatori e i dirigenti delle società del girone A di serie D. Parole di chi non si nasconde e di chi ha grande rispetto del suo lavoro e della sua storia, ma anche di quelli degli altri.
Ecco dunque alcune delle frasi più belle pronunciate da Franco Lepore durante la serata di Stadio Aperto (ogni lunedì alle 21 sui canali social di VareseNoi) condotta da Gian Lorenzo Tortarolo e Andrea Menon e, più in basso, il video per rivedere tutta la puntata.
«La gente di Varese e i tifosi del Varese sono fantastici: tengono di più alla squadra che ai propri mariti o alle proprie mogli. Non avevo dubbi sulla rinascita dei biancorossi. È molto bello che tanti varesini si siano messi a disposizione della squadra, anche a fare il vicepresidente. Ricordo che anche quando c'ero io si parlava del fatto che tanti imprenditori del luogo che non guardavano nemmeno al Varese: è un peccato, perché la gente del posto sa più degli altri cosa significhi l'appartenenza e le radici».
«Arrivare primo è molto più bello che vincere i playoff, a questo Varese dico di vivere il momento. Il mio nasceva dall'Eccellenza e da un fallimento societario e, all'inizio, quando sono arrivato io in D, a parte la curva e i fedelissimi della tribuna, che poi venivano sempre anche in trasferta e facevano la differenza, non è che c'era il Franco Ossola pieno, come accadde poi in seguito. Noi dovevamo solo fare il nostro compito sul campo perché sapevamo di avere alle spalle il pubblico e una società solida. Potevi sbagliare un passaggio o un gol, ma l'attaccamento non doveva mancare».
«Le contestazioni? Sono da vivere con positività: la pressione per un calciatore ci deve essere, nel bene e nel male. Io la vado a cercare perché mi stimola a fare bene. Ho capito negli anni che se non hai tifosi che rompono le scatole, e va sempre tutto bene sia quando vinci che quando perdi, non puoi crescere e non c'è gusto in ciò che fai... Anche a Varese sono capitate piccole contestazioni perché in serie C stavamo anche rischiando di retrocedere e ci siamo salvati all'ultima partita: è quello il momento in cui sei costretto a farti un esame di coscienza, a capire cosa stai facendo bene e cosa meno bene, ed è un momento che ti fa crescere».
«Reagire a una contestazione con un 4-0? Le cose possono essere collegate, però ora ci deve essere continuità. Altrimenti è come non aver fatto nulla: butti via una prestazione importante e torni punto e a capo. Invece ora è il momento di macinare risultati positivi e andare avanti».
«Il segreto per il Varese è pensare al bene comune, chi gioca e chi non gioca. Si vince e si perde tutti insieme. Remare tutti nella stessa direzione è l'unico segreto».
«Ezio Macchi? Qualche foto me l'ha fatta... (sorride) ma le esultanze sotto la curva con la scritta dei Blood Honour per me sono le più belle».
«Sarebbe un sogno reindossare la maglia del Varese perché io con quella maglia ho firmato il mio primo contratto da professionista, e vorrei chiudere un cerchio».
«La data che si marchiava di rosso era quella del derby con il Como: dai, qualcuno lo abbiamo vinto (altro sorriso). Il giocatore più forte con cui ho giocato? Jasmin Kurtic».
«Il gol più bello? All'esordio con la Cossatese: fu un grandissimo gol da fiori, anzi una traversa-gol che ha aperto le strade a me e al Varese. Ma anche la punizione contro l'Alessandria la metto al primo posto: so quanto ci tenevano i tifosi del Varese a vincere quella partita contro la rivale diretta per salire».