Gallarate, aprile. Una coda di freddo e nuvole transita su piazza Libertà. Elisa Vizzolini, probabilmente, apprezza ancora di più il fatto di essersi trasferita, di avere compiuto il grande salto (foto in fondo all'articolo). Con il marito, Diego Luoni, vive a Paros dal 2014. Mare limpido, cielo terso, temperature miti. Non che la vita, sull’isola greca, sia oziosa: i due hanno creato e fatto crescere una struttura per l’accoglienza dei turisti, “Angelina studios”. Un’attività impegnativa. Ma il contesto in cui si sudano le proverbiali sette camicie conta. Soprattutto per due giramondo come loro. Elisa e Diego “mettono insieme” diversi comuni del territorio: originaria di Lonate Pozzolo lei, nato a Busto Arsizio lui, entrambi residenti per un certo periodo a Gallarate, nel rione di Madonna in Campagna. Tuttora sono domiciliati nella città dei due galli. Dove tornano con piacere, ma Paros è un’altra cosa.
«Le operazioni per l’approdo sull’isola – spiega Elisa (quando la incontriamo, Diego è in Grecia per seguire alcuni lavori) - sono iniziate nel 2012. In Italia avevamo occupazioni a tempo indeterminato. Io in ambito grafico, in uno studio a Sant’Antonino, mentre Diego faceva il pendolare su Milano per un’azienda del settore eolico. Vite che non facevano per noi. Abbiamo riflettuto a lungo sulla necessità di cambiare e, una volta scelta Paros, abbiamo iniziato i sopralluoghi. Alla fine abbiamo individuato la struttura giusta, a 600 metri dal porto e a 100 dalla spiaggia di Livadia».
Contesto ideale ma non per questo meno impegnativo. Intanto per la necessità di riqualificare e di ambientarsi. Poi per la volontà di arredare il posto coerentemente con lo stile cicladico, aggiungendo tocchi personali. «Ma ha contato anche il numero degli spazi da affittare, arrivati a 17 fra camere e appartamenti».
Il ménage scandito dai tempi del lavoro si è trasformato in modo radicale: «Non c’è stata più – spiega Elisa - una routine quotidiana o settimanale. Ogni giorno è stato diverso. Naturalmente con la possibilità, nei momenti liberi, di sfruttare quanto di bello offre l’isola». E gli isolani? «Ci hanno accolto. Italiani - greci, una razza una faccia. Il detto circola davvero. Noi siamo stati molto attenti, per esempio con la definizione delle tariffe, in modo da non innescare una competizione accesa. Oggi, se qualche struttura vicina alla nostra è al completo e riceve richieste, indirizza i turisti su di noi. Bisogna anche considerare che siamo su un’isola, la comunità è piccola, fatta di legami quasi familiari. Addirittura ci è capitato di dimenticare in giro chiavi o telefono. Abbiamo sempre ritrovato tutto».
Ogni tassello al suo posto, dunque. O no? «Il 2019 – ricorda Elisa – per noi è stata la stagione migliore. Alla fine, però, eravamo sfiniti. Il “devo”, l’obbligo di lavorare, stava prendendo il sopravvento sul piacere di farlo. Poi è arrivato il Covid. La pandemia ha determinato condizioni inedite, la stagione 2020 ha fatto registrare diminuzioni, nel nostro giro, del 70-80 per cento. Una tragedia planetaria, però, a noi ha anche offerto l’occasione di pensare, progettare cambiamenti. E, più o meno fortuitamente, di approfondire i contatti con un amico. Alla fine abbiamo rimodulato gli spazi e lui ne ha rilevati alcuni. Oggi gestiamo una parte di quanto avviato, più il nostro appartamento. Sgobbiamo e, allo stesso tempo, respiriamo».
Ma dall’Italia, a Paros, non avete portato proprio nulla? «Quando questa avventura è partita, tutti, amici e parenti, ci hanno preso per matti. Con l’eccezione dei miei genitori. Ma l’Italia ce la portiamo dietro , eccome. Anzi, direi che ci caratterizza un che di lombardo, uno spirito imprenditoriale che sull’isola non c’è. L’impressione è che i greci tendano a vivere l’adesso. E poi qualcosa, dell’Italia, ci manca. La comodità, ma non nel senso futile del termine. Faccio un esempio: dobbiamo cambiare un frigorifero. Ci siamo interessati, scoprendo prezzi altissimi. Conta, tra l’altro, il fatto di essere su un’isola, i rifornimenti di alcuni beni comportano costi aggiuntivi. Altri generi, invece, dal cibo ai medicinali, sono più economici che in Italia».
L’esperienza in Grecia, ormai, dura da tempo. Episodi curiosi? O spiazzanti? «In realtà, riscontriamo che i nostri ospiti arrivano piuttosto preparati, sanno che cosa aspettarsi. Non è raro che ritornino, qualcuno ci ha addirittura chiesto di essere avvisato in caso di trasferimento: dovessimo avviare un’attività altrove, verrebbe da noi, a prescindere dal luogo. Certo, di stranezze ne sono capitate. Fra i tanti casi, ricordo un ragazzo, italiano. Ha telefonato confidandoci che anche lui aveva intenzione di cambiare vita. Ci ha chiesto: posso venire sull’isola a fare l’attore? Non abbiamo mai capito il motivo per cui si sia rivolto a noi! Avrà a che fare con il film “Immaturi – Il viaggio”, girato a Paros? Non lo sapremo mai. Molto più decifrabile è stata una famiglia greco-canadese. Prenotazione per una coppia di adulti. Ma si presentano anche due bambini. Concordiamo una nuova tariffa e spunta la nonna. Lasciamo correre: si ferma giusto un paio di giorni, ci dicono. La signora passa l’intera vacanza da noi, nascondendosi alla bell’e meglio. Arrivato il momento del check out, sentiamo strani rumori. I nostri ospiti stavano gettando parte del bagaglio da un balconcino. Così è più comodo, si sono giustificati. Abbiamo il sospetto che, dopo le valige, sarebbe arrivato il turno della nonna!».
Scene da una terra lontana e vicina allo stesso tempo. “Mediterraneo”, film premio Oscar, racconta le vicende di militari italiani abbandonati per anni su un’isola greca, durante il secondo conflitto mondiale. Circostanza che risparmia loro i tanti orrori della guerra ma che non li mette al riparo dalle delusioni del ritorno. In tre, ormai anziani, si ritrovano, senza essersi dati appuntamento, nei luoghi di un tempo. E sorridono, fra gioia e malinconia. “Dedicato a tutti quelli che scappano”: con queste parole si conclude la pellicola di Gabriele Salvatores. «Ma quello che, nel nostro piccolo, ci piacerebbe dire a chi vuole cambiare vita e teme di farlo – conclude Elisa – è: pensa se andasse bene. Pensa se riuscissi a fare qualcosa che ti fa stare meglio. Noi ce l’abbiamo fatta, senza avere a disposizione un budget astronomico». “Dedicato a tutti quelli che osano. O che dovrebbero farlo”, sembra dire l’esperienza dei due. Quell'esperienza lì, quella dei gallaratesi a Paros.