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Varese | 11 marzo 2022, 13:11

Maltrattamenti in famiglia, l'incubo raccontato in tribunale: «Eravamo cinque maggiordomi al suo servizio. Uno sguardo e capivamo subito»

In Aula la testimonianza di un varesino di 28 anni che ha ripercorso i terribili momenti in cui un quarantanovenne ora a processo maltrattava la madre. «Ho visto che veniva sbattuta per terra e abbiamo chiamato la polizia»

Maltrattamenti in famiglia, l'incubo raccontato in tribunale: «Eravamo cinque maggiordomi al suo servizio. Uno sguardo e capivamo subito»

«In casa eravamo cinque maggiordomi, sempre al suo servizio. Se non lo assecondavamo, diventava violento. E a farne le spese era sempre mia madre». 

Con queste parole un ragazzo oggi ventottenne ha spiegato in Tribunale a Varese come funzionavano le cose in casa sua, nella convivenza quotidiana con il compagno della madre, un uomo di quarantanove anni ora a processo con l’accusa di maltrattamenti in famiglia. 

L’uomo era arrivato nella loro vita dopo il divorzio dei genitori, ha raccontato il giovane in aula, e da quel rapporto erano nati due bambini. I presupposti per un nuovo inizio sfumano pochi anni dopo le due nascite. Tra le mura domestiche si litiga per i soldi. 

«Lui lavorava come venditore d’auto - ha spiegato il ventottenne - ma aveva un sacco di debiti». Per quei debiti la famiglia si trasferisce lasciando la Brianza per Varese, ma i problemi non si risolvono. «Stava tutto il giorno sul divano - ha aggiunto ancora il ragazzo nella sua testimonianza -, fumava tantissimo. Quando si alzava, bastava uno sguardo e io sapevo già di dover andare a preparare il caffè. Quando alzava la voce, bestemmiando, io e i miei fratelli capivano subito che stava per succedere qualcosa». 

Una di quelle scene, che erano all’ordine del giorno, viene descritta dal ragazzo in dibattimento: la madre e l’odierno imputato sono in cucina e stanno discutendo. I figli si rifugiano in camera ma uno di loro, ancora bambino, sfugge al controllo dei fratelli e si dirige proprio verso la cucina. «Sono sceso per recuperarlo - ha ricordato il giovane - e ho visto mia madre che veniva spinta contro il bancone, e poi ancora sbattuta per terra. Abbiamo chiamato la polizia». 

Per i soldi il ragazzo lascia la scuola una volta compiuta la maggiore età, ma quello che guadagna come agente porta a porta (“il primo lavoro che ho trovato”) finisce sotto il controllo del patrigno che poi gli ordina di andare al tabacchino a comprare centinaia di gratta e vinci. E sempre per i soldi la compagna dell’imputato si vede costretta a vendere un terreno. A quel punto centinaia di migliaia di euro vengono letteralmente bruciati nell’acquisto di auto, moto e orologi di lusso: «Il denaro lo aveva mia madre, ma comandava lui». 

Nel 2017 la donna riesce ad allontanarsi definitivamente dal compagno, che nell’ambito del procedimento a suo carico, dopo l’esame dei testimoni della difesa, comparirà davanti al giudice per fornire la sua versione dei fatti.

Redazione

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