Sull'agibilità e sulla cura del Franco Ossola in pochi possono dare lezioni, forse nessuno. Gli ultimi a poterlo fare, probabilmente, sono Riccardo Sogliano che quindici anni fa mise lo stadio di Varese al centro di un progetto vero e concreto, il primo in Italia con investitori già pronti - poi arrivarono la Juve, l'Udinese, l'Atalanta... - a costo zero per l'amministrazione e la collettività, venendo rispedito misteriosamente o non troppo al mittente, e poi l'ex dirigente Massimiliano Di Brogni che, grazie alla straordinaria capacità di rapporto e convincimento, in particolare con l'allora questore Marcello Cardona, riuscì a ottenere deroghe alla capienza per disputare i playoff promozione in serie B e, poi, raggiunto nel 2010 l'obiettivo atteso da 25 anni, pure di continuare a giocarci con minimi lavori indispensabili dell'amministrazione soprattutto nei distinti.
Da allora ai giorni nostri è meglio stendere un velo pietoso, a parte il piccolo seme di speranza gettato dall'attuale dirigenza biancorossa con la pulizia e la messa a norma dell'ex casa del custode e dell'area verde attigua - già ora ha un aspetto dignitoso - che dall'ingresso conduce al campetto in sintetico dietro alla tribuna. Le dirigenze precedenti, compresa l'ultima in serie B, si sono distinte per grandi promesse a cui, invece dei fatti, sono seguiti i fallimenti: dall'iperbolica e lunare copertura dei distinti all'avvicinamento delle curve al campo, si è sempre partiti dal tetto - cioè dallo stadio - invece che dalle fondamenta, cioè dalla solidità economica e dagli investimenti. Senza quelli, il resto è aria fritta.
Ieri sera in consiglio comunale abbiamo ascoltato parole tra lo sdegno e l'abiuria nei confronti dell'ipotetica posa della pista del ghiaccio provvisoria e dei numerosi campi da padel nell'antistadio, proposta dall'attuale amministrazione. Non entriamo nel merito politico della questione anche se lo stadio si chiama stadio perché si gioca a calcio, non a padel o a hockey, ma in quello pratico sì. Dietro i distinti si potrebbe ospitare perfino il luna park, in questo momento: non è questo il problema che impedirebbe al Varese di tornare nel "grande calcio" come è stato ventilato (leggi QUI). Come non lo sarà la fissazione per il padel di pochi intimi, con tutto il rispetto per il padel e per la nicchia che lo pratica.
Il problema è un po' più grande e serio: il Franco Ossola è inagibile oggi e lo sarà domani, perfino con il ritorno del pubblico dalla prossima stagione in serie D, visto che solo la tribuna attualmente può ospitare spettatori. Altro che ritorno nel grande calcio. I campi da padel sono solo il dito che nasconde la luna.
Prima di parlare di grande calcio, bisognerebbe essere umili, pratici e realistici: l'anno prossimo in serie D, visto che il Varese si salverà e farà la serie D, basterebbe poco (qualche decina di migliaia di euro in tutto) per riaprire curva sud - il settore ospiti è obbligatorio - e i distinti.
Per quanto riguarda la serie C e il professionismo, servirà tempo: ma, se reggesse l'asse tra l'amministrazione - di qualunque colore essa sia - e il club biancorosso, nessun problema sarebbe insormontabile. Il dialogo apre le porte, la guerra le chiude anche se a Varese a volte siamo specialisti nell'imboccare la terza via, quella di mezzo, e ci fermiamo nel buco della serratura. Rimanendo con le mani in mano, al massimo con una racchetta e una pallina.
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Calcio | 14 maggio 2021, 16:05
I problemi del Franco Ossola non sono il padel e la pista del ghiaccio ma l'inagibilità e l'incuria. Che arrivano da lontano
Bagarre politica sugli eventuali "insediamenti" all'antistadio che "impedirebbero al Varese di tornare nel grande calcio" ma la questione è tutt'altra: gli spalti sono già inagibili, tribuna a parte. Per riaprire distinti e curva sud in serie D basterebbe poco, in C un po' di più: guardiamo a oggi e domani, prima che a dopodomani

Una bandiera biancorossa sul pennone dei distinti allo stadio Franco Ossola, attualmente inagibili. Pensiamo a riaprirli, prima che al grande calcio
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