Era il 24 febbraio del 2020 quando anche i titolari di palestre, piscine e centri sportivi di Varese ricevettero una mail dal Comune con cui si annunciava il provvedimento di chiusura dovuto alle norme anti Coronavirus volute da Governo e Regione.
A distanza di un anno esatto, il titolare dello Sporting di Varese Fabio Sozzani, ha deciso di "festeggiare" la ricorrenza, affidandosi all'ironia che però non cancella la rabbia, la frustrazione e soprattutto la preoccupazione per il futuro del settore. «Ho deciso di organizzare una festa, senza invitati perché è vietato e di pomeriggio perché alla sera c'è il coprifuoco e perché è orario di lavoro, così sono sicuro che non verrà nessuno» si sfoga Sozzani, che ricorda perfettamente quanto successo giorno per giorno dopo quel fatidico 24 febbraio 2020 e quella mail dell'assessorato del Comune. «Il 24 febbraio dell'anno scorso era un lunedì - racconta l'imprenditore sportivo - e la domenica parlavo della situazione del nostro settore con alcuni colleghi e sull'opportunità di chiudere o meno; io il 24 aprii regolarmente lo Sporting alle 6 e poi alle 10 arrivò la mail del Comune e chiudemmo tutto. Ricordo la grande compostezza dei nostri clienti che come noi speravano che la chiusura durasse solo una settimana».
La cronaca e la storia insegnano purtroppo che non sarà così, la chiusura di palestre, piscine e centri sportivi proseguirà per mesi. «Ci era stato detto che avremmo riaperto il 25 maggio, ma la sera prima alle 19.30 da Facebook vengo a sapere che c'era stato un rinvio al 1° giugno - prosegue Sozzani - da quella data finalmente ricominciamo a lavorare e i nostri clienti iniziano a tornare nella nostra struttura». Ma come sappiamo il Covid non molla e dopo l'estate risalgono i contagi. «Arriviamo al fatidico 26 ottobre giorno in cui siamo costretti a chiudere nuovamente e a oggi a non riaprire più» continua il titolare dello Sporting. Cosa ne sarà del futuro del settore al momento non è dato sapere, l'unica certezza è che il Dpcm attualmente in vigore scadrà il 5 marzo. «Sono poco fiducioso che il 6 marzo potremo riaprire - osserva Sozzani - sentiamo solo voci e francamente siamo stufi di sentire solo voci perché pretendiamo concretezza e chiarezza nelle decisioni e nelle regole che verranno introdotte». Per il momento si sente parlare di lezioni individuali, di numeri contingentati in piscina, di distanziamenti nelle palestre, del divieto di utilizzare gli spogliatoi e di fare la doccia; nulla di certo e tutto di difficile applicazione pratica oltre che scarsamente efficace.
«Ci sentiamo un settore dimenticato - afferma il titolare dello Sporting - adesso non c'è più nemmeno il ministero dello Sport, i ristori arrivati sono scarsissimi e ai miei dipendenti non è ancora arrivata la cassa integrazione di dicembre, per non parlare delle partite Iva. Per carità non voglio piangere perché ho davanti a me l'esempio dei miei genitori di 88 e 85 anni che hanno vissuto la miserie della guerra ma non credo all'online e alla digitalizzazione dei rapporti sociali. Abbiamo bisogno di fare sport, di stare insieme, di uscire, di tornare a prenderci in giro, di guardarci negli occhi e anche di mandarci a quel paese». Per il momento non resta però che ricordare questo ultimo anno passato "al chiuso". «Soffierò sulla candelina ma senza la torta perché non è il caso» conclude Fabio Sozzani.