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Storie | 15 novembre 2020, 12:00

Dal colorificio di famiglia al sogno realizzato, la splendida follia di Michele Gattoni: aprire una liuteria per vivere la sua passione

Michele Gattoni, titolare della liuteria Atelier Arte Manouche a Gavirate, racconta la sua avventura iniziata anni fa quando lavorava nel negozio di famiglia. Un viaggio al suono delle chitarre manouche realizzate nel suo laboratorio tra musica e progetti per il futuro

Nel suo laboratorio, a Gavirate, Michele costruisce chitarre per suonare un genere molto particolare, il Gipsy Jazz Manouche

Nel suo laboratorio, a Gavirate, Michele costruisce chitarre per suonare un genere molto particolare, il Gipsy Jazz Manouche

Pianoforte a coda, chitarra classica, violoncello, flauto traverso. Strumenti musicali fuori dal comune, ma mai quanto la chitarra manouche.

Se ne rende conto Michele Gattoni, musicista e titolare della liuteria Atelier Arte Manouche di Gavirate, quando, da ragazzo, decide di affacciarsi al mondo del Jazz Manouche, di intraprendere una strada verso un genere così di nicchia che le informazioni esistenti sono rare.

Da qui, l’idea: fare in modo che tutti coloro che, come lui, sono appassionati di questa magica musica abbiano un luogo in cui recarsi, trovino il proprio faro nell’ampio mare dei generi più conosciuti.

Perché all’Atelier di Michele non si acquistano solo strumenti: si trova anche qualità, artigianalità e, soprattutto, tanta passione.

Dall’attività di famiglia al suo Atelier

La prima parola che Michele Gattoni utilizza per descrivere la sua attività, nata per inseguire un sogno, è «follia».

Dopo venticinque anni di lavoro nel colorificio di famiglia, in centro Varese, «sentivo dentro di me che c’era sempre qualcosa che mancava», racconta; questo “qualcosa” è la musica, un amore sbocciato da ragazzo, che lo ha portato a investire tanto tempo nello studio, nell’esercizio.

«Qualche anno fa, la mia follia mi ha fatto dire “mi metto insieme a un caro amico, un bravissimo artigiano, anche lui di Varese che costruisce pagaie groenlandesi fatte a mano, Sergio Betucchi”. Lui è un falegname, io un chitarrista, vediamo se riusciamo a costruire qualcosa»; nello specifico, una chitarra per suonare il Gipsy Jazz Manouche, genera a cui Michele è da sempre appassionato.

È un passo difficile, le informazioni disponibili in Italia sono rare, tutti i disegni, i dvd arrivano dall’America e, a questo, si aggiunge la difficoltà di conciliare il lavoro in negozio, per cui il liutaio si dedica alla costruzione della chitarra solo nei ritagli di tempo. I primi risultati arrivano, non perfetti, ma i due o tre modelli realizzati hanno un suono e una forma soddisfacente.

Proprio per questo, Michele decide di uscire dall’attività di famiglia e aprirne una sua, dedicata alla vendita solo di chitarre manouche, a cui, con il tempo, ne affianca anche la costruzione, oltre a proporsi come restauratore di chitarre vecchie - un ottimo modo per mettere in pratica quanto appreso fino a quel momento e perfezionarsi sempre di più.

Il destino lo aiuta, facendogli conoscere Simone Assunto, titolare della Liuteria Cocopelli di Voltorre, «una persona squisita, di quegli artigiani che non hanno paura di condividere il proprio sapere», con il quale Michele inizia un nuovo percorso, acquisisce nuove competenze che lo portano a realizzare la chitarra numero 0, ora in mano al musicista torinese Alessandro di Virgilio, un nome assai noto per gli amanti del jazz manouche e membro del gruppo Accordi e Disaccordi.

Grazie al risultato positivo di questo primo esperimento (nonostante il genere di nicchia e poco tipico del nostro Paese), la costruzione di chitarre manouche continua - «sta venendo fuori l’unicità, inizio a farmi conoscere», afferma Michele, molto contento e soddisfatto –, così come ne inizia la vendita, con un appoggio in Piemonte.

Lo spazio, però, non è adeguato anche alla parte più laboratoriale, di riparazione degli strumenti, motivo per cui, poco prima del lockdown di marzo, il liutaio decide di chiuderlo.

Alla ricerca della tradizione, con un nuovo spazio

A seguito della chiusura del punto vendita a Torino, Michele sa di non poter gestire l’attività commerciale solo attraverso internet. «Essendo io per primo un musicista, mi rendo che se devi provare uno strumento devi mettertici in contatto», perché questo diventerà il proprio alter ego, va “sentito”, bisogna entrarci in sintonia.

La missione del liutaio è trovare uno spazio che sia veramente suo… e c’è qualcosa di più di più personale della famiglia?

A Viggiù, il paesino in cui ha trascorso la sua infanzia insieme ai nonni, Michele trova una casa non ancora venduta: questo è lo spazio che stava cercando, come luogo sia di lavoro sia di riscoperta; per questo, decide di mantenere tutto quello che è rimasto nell’appartamento, persino un antico forno per il pane.

Il progetto prevede tre ambienti: uno dedicato all’accoglienza dei clienti che, ormai, sono diventati amici (lo dimostra il fatto che alcuni lo chiamino per chiedergli consigli, o anche solo scambiare qualche parola), poi il laboratorio in cui le chitarre vengono costruite e riparate, per concludere con la cantina, scavata nella pietra, dedicata all’esposizione degli strumenti e, con il tempo, workshop e momenti di confronto tra i musicisti.

Uno spazio unico, come il suo proprietario, destinato a diventare un polo di attrazione e incontro per tutti gli appassionati di musica manouche, in cui si trova quel “qualcosa” che altrove non c’è.

L’inaugurazione del laboratorio sarebbe stata prevista per gennaio 2021, ma il lockdown ha ritardato i lavori di ristrutturazione e, quindi, l’apertura: questo non ha fermato Michele, che ha già preso contatti con Simone Assunto e Paolo Bianchi, musicista di Gavirate, per unire le forze, puntare sulle unicità di ognuno e lavorare insieme.

Adesso, manca solo un posto in cui iniziare una nuova avventura.

Tra alti e bassi, la passione vince sempre

Durante questo percorso, il momento più scoraggiante che ha affrontato Michele è stato quando si è accorto di aver avuto una buona idea, ma la parte difficile è «far entrare nella mente delle persone che c’è una nuova possibilità, convincerle a fare chilometri per venirti a trovare», perché andare ad acquistare una chitarra manouche da Michele significa intraprendere un vero e proprio viaggio verso un mondo nuovo, una realtà in cui dominano il cuore, più che la testa.

«Non importa quante volte si cade, io mi rialzo e vado avanti», racconta Michele, pensando a ciò che, dall’altra parte, l’ha reso più orgoglioso.

Poco tempo fa, Alessandro di Virgilio ha portato la “chitarra numero 0” di Michele sul palco del Jazz Club di Torino. «Vedere il mio strumento nelle sue mani, suonato come lo suona lui» è stata una vera soddisfazione per il liutaio, che ha iniziato a essere contattato anche da altri musicisti in tutta Italia.

L’unicità come punto di forza

«Lo sono l’unica realtà italiana, in assoluto, a costruire e vendere chitarre manouche di liuteria, quindi non solo le mie ma anche quelle di altri liutai», spiega Michele, già proiettato in un futuro in cui «vorrei che in Italia, ma pian piano anche all’estero, quando qualcuno vuole comprare una chitarra per questo tipo di musica pensi a me, devo essere io il punto di riferimento».

Pensa da commerciale, ma, soprattutto, da musicista, quando ordina otto modelli da diverse liuterie (in aggiunta a quelli costruiti da lui), in modo che i clienti possano testare, capire quale stanno davvero cercando, prima di acquistarlo, l’affinità è fondamentale, e solo chi suona uno strumento lo può comprendere.

Con la mente al passato, e alle difficoltà ha incontrato quando si è affacciato al mondo manouche, Michele vuole proporre una panoramica di prodotti e servizi che, altrimenti, in Italia non ci sarebbe, «vorrei che la gente dicesse “chiedo a lui”, non solo per vendere una chitarra, ma anche per ricevere consigli o suggerimenti».

Con la musica nel cuore e l’artigianalità nelle mani, Michele Gattoni è l’esempio concreto di come una passione possa davvero diventare un lavoro.

È stato un percorso difficile, fatto di gioie e dolori, di (tanto) tempo dedicato allo studio, anche a costo di non averne per altre attività, quasi per sé stessi. <<Nella vita, sono sempre stato un “disadattato”, uno fuori dai canoni, sono sempre stato un po' matto. Voglio fare quello che mi piace, per un arricchimento personale, prima che economico, altrimenti avrei fatto un altro lavoro>>, conclude il musicista.

Se vi abbiamo incuriositi e volete scoprire di più sulle chitarre manouche, in attesa di incontrare Michele di persona nel suo nuovo laboratorio, potete visitare i suoi canali Facebook Aterlier ARTE Manouche e Instagram @atelier_arte_manouche e il sito www.atelierartemanouche.it, dedicati alla sua attività.

Giulia Nicora

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