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Varese | 04 novembre 2020, 18:03

«Tredici giorni in isolamento senza mai essere contattato», l'odissea di Gianluca Bertoni per scoprire se ha il Covid

La notizia di essere stato vicino a una persona positiva, il contatto con il medico di base e poi il nulla. «Ho provato a chiamare tutti i numeri possibili, senza mai riuscire a parlare con nessuno»

«Tredici giorni in isolamento senza mai essere contattato», l'odissea di Gianluca Bertoni per scoprire se ha il Covid

La storia di Gianluca Bertoni non è un caso isolato. Come lui sono tantissimi i varesini inghiottiti dal sistema di tracciamento di Ats, in isolamento a casa senza sapere quando e se gli verrà fatto un tampone, oppure in attesa del secondo tampone che ponga fine alla quarantena dopo la positività, o ancora del risultato dei tamponi che non arriva mai nelle 48 ore successive.

«Sono a casa dal 23 ottobre e solo pochi minuti fa ho ricevuto una chiamata da Ats, dopo giorni passati al telefono in compagnia di una segreteria telefonica, lasciando messaggi, o parlando con centralini che non sanno cosa dire», racconta Gianluca, conosciutissimo in città e non solo anche per la sua competenza nel campo della meteorologia e della fotografia.

La sua odissea è iniziata dopo aver ricevuto notizia di essere entrato in stretto contatto con una persona, sul posto di lavoro, risultata positiva al Coronavirus. «Lavoro in Svizzera e sono stato immediatamente contattato dal medico cantonale che mi ha informato che non sarei più potuto andare al lavoro, che non poteva impormi la quarantena in Italia perché non c'è passaggio di informazioni tra i due stati, e mi ha consigliato di contattare il mio medico curante».

Così ha fatto. «Ho riferito al medico di stare bene e che l'unico malessere avuto nei giorni precedenti è stato un forte mal di testa, accompagnato da affaticamento e da un'eruzione cutanea alle caviglie. Niente febbre, niente mal di gola e niente raffreddore». I sintomi elencati sono compatibili con quelli del Coronavirus, anche se non sono tra i più comuni. «A quel punto il medico mi ha dato un codice di segnalazione ad Ats e ho atteso che mi contattassero per fare il tampone».

Sono passati i giorni, ben 13, prima di riuscire a parlare con qualcuno. «Ho passato giornate intere al telefono cercando di contattare Ats attraverso tutti i numeri utili legati al Covid. Risponde sempre una segreteria che dopo attese interminabili ti passa un interno che suona a vuoto. Il centralino non sa cosa rispondere perché non ha accesso ai dati dei pazienti presi in carico. Una vergogna. Il sistema non funziona, c'è disorganizzazione e non ci si può nascondere dietro alla situazione di emergenza. L'arrivo di una seconda ondata era scontato, nessuno può dirsi impreparato. Qualcuno deve rispondere del caos che sta regnando».

Proprio oggi Ats ha finalmente contattato Gianluca, dando la responsabilità al medico di base che non avrebbe segnalato la necessità di eseguire un tampone al paziente. «Mi hanno detto di farmelo da solo e poi di comunicare l'esito. Non ho parole».

Valentina Fumagalli

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