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Calcio | 25 ottobre 2020, 07:00

Lele Andena: «Dalla Comasina a San Siro, un sogno. I baffi li porto dai tempi di una scommessa al Varese. Il nuovo club? Serietà per i tifosi»

Un vero e proprio principe del calcio racconta una carriera vissuta spalla a spalla con grandi campioni (come Gentile e Cabrini) e leggendari allenatori (Maroso, Arcari, Liedholm): «Libera e Calloni i più "indisciplinati", Marini invece aveva le idee chiare. Il tiro di Gigi Riva? Come un proiettile»

Lele Andena ieri (1978 in maglia Atalanta) e oggi: i baffi sono un tratto distintivo, nato per una scommessa in maglia biancorossa

Lele Andena ieri (1978 in maglia Atalanta) e oggi: i baffi sono un tratto distintivo, nato per una scommessa in maglia biancorossa

Gabriele "Lele" Andena, milanese di nascita, cresciuto nelle fila della Gallaratese, poi nel Varese e a Bergamo con i nerazzurri della Atalanta, è da considerarsi un principe del calcio, per la sua eleganza pulita, per il suo fair play sportivo, cose di altri tempi.

Correva l’anno 1964-65 quando il giovane Lele gioca sul campetto dell’oratorio del suo quartiere, la Comasina. Come spesso accade, un amico più grandicello lo vede dribblare e costruire le azioni con eleganza; così lo porta nella Gallaratese, che militava in serie D - categoria non paragonabile con l’attuale, in quanto allora erano considerati professionisti coloro che ci giocavano.

Lele dopo la gavetta gioca nella De Martino, iniziando come mediano di spinta. Viene  poi acquistato dal Varese, che lo lascia ancora per un anno a Gallarate a farsi le ossa, sino al 1968. Da qui inizia la sua brillante carriera nei biancorossi, che dura fino al 1974, come terzino fluidificante. L'esordio in un Milan-Varese, marcando Pierino Prati a San Siro, in uno stadio gremito di tifosi sia varesini che milanisti.

Lele, ricorda il suo esordio?
Certo. Non ero particolarmente emozionato perché è nel mio carattere contenere molte sensazioni. Certo, se ci penso adesso mi tremano i polsi, ma allora c’era un poco di follia giovanile. Poi per me, milanese di nascita, zona Comasina Rione San Bernardo, giocare a San Siro era il sogno più grande dopo aver giocato 34 partite con la Gallaratese.

Poi nel Varese come è andata?
Benissimo, ho tanti bellissimi ricordi. Ho avuto grandi allenatori che mi hanno formato: Arcari, Liedholm, Cadè, Brighenti, Maroso. Anni gloriosi: sia io che Chicco Prato eravamo i fratelli maggiori di Gorin, Libera, Calloni, Gentile, Valmassoi, Massimelli, Marini, Ramella... ragazzi splendidi. 

Di questi chi erano i più... "pierini" della classe?
Libera e Calloni, grandi talenti, grande genio calcistico, però era dura far accettare loro le regole della società. Io e Chicco però riuscivamo a dare miti consigli. Erano l’opposto di Marini, che alla loro età aveva già le idee chiare. Eravamo un bel gruppo. Nella bellissima città di Varese sono rimasto sino al 1974, disputando 96 partite.

Ricordi qualche storia curiosa di quella belle époque varesina?
Avevamo vinto tre partite a fila e con tutto il gruppo decidemmo di far crescere barba e baffi sino ad un pareggio o una sconfitta. Ebbene, risparmiammo lamette e sapone da barba per altre 6 partite, vale a dire un mese e mezzo. Poi gli altri tagliarono tutto, io invece decisi di tenere i baffi che tuttora porto.

Poi sei andato a Bergamo alla corte della Dea nerazzurra?
Si, dal 1974 al 1979 giocando 114 partite consecutive. Anche all'Atalanta mi sono trovato benissimo, sia con la squadra che con i tifosi. A Bergamo ho giocato con Fanna, Cabrini, Marchetti, Bertuzzo... 

Ricordi speciali?
Le mangiate serali a casa mia con Cabrini e Fanna, dove mia moglie, grande cuoca, cucinava dei piatti molto gustosi. Poi sulle figurine Panini ero in coppia con Cabrini, il famoso Bell’Antonio Nazionale, e non venivo considerato dalle fans bergamasche del tempo... Ma non scriverlo, che poi magari mia moglie diventa gelosa ancora!

Ricordi qualche incontro con il Cagliari del grande Gigi Riva?
Ci ho giocato diverse volte, però ho sempre marcato Domenghini e Boninsegna. Ricordo solo un gran tiro di Riva, finito sulla traversa, che rimbalzando è arrivato a centrocampo. Quando calciava a tutta potenza il suo tiro era come un proiettile sparato da un fucile.

Un pronostico per il nuovo Varese?
Speriamo in bene, Varese ha bisogno di una società seria che riporta il calcio ai massimi livelli, vediamo e speriamo: i tifosi se lo meritano.

E dell’uomo Papo (Silvio Papini) che mi dice?
Un grande, è stato un buon calciatore, con una buona visione di gioco, abbiamo giocato parecchie partite amichevoli, ha un gioco straordinario di sinistro.

Sa perché è il principe del campo di gioco?
No, e forse è un po' esagerato...

No, Lele: in tutte le partite che ha giocato, è stato stato espulso una volta sola dall’arbitro Pieri e come terzino è di certo un vanto... Chiudiamo: adesso di cosa si occupa? Lavora ancora nel calcio? 
Sì, faccio il consulente vendite per i campi da gioco in sintetico... E rivedo spesso qualche amico dei bei tempi.

Claudio Ferretti


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