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Storie | 20 settembre 2023, 07:39

VIDEO. La vendemmia di Morazzone, ecco come nasce il vino "made in Varese": «Chi lo assaggia resta a bocca aperta»

Abbiamo passato una mattinata alla Cascina Ronchetto per seguire passo passo il primo giorno della raccolta insieme a Pascale Cazzani e all'enologo Giovanni Caprioglio. «Si parte con il bianco, poi toccherà al rosso. I nostri vini sono legati a famiglia e territorio e i loro nomi lo confermano. Un prodotto locale che sa stupire anche all'estero»

L'enologo Giovanni Caprioglio e Pascale Cazzani nelle vigne di Morazzone davanti al primo raccolto della stagione

L'enologo Giovanni Caprioglio e Pascale Cazzani nelle vigne di Morazzone davanti al primo raccolto della stagione

Un portone sulle Langhe. È quello che si spalanca passando la soglia della Cascina Ronchetto, azienda agricola nel cuore del Varesotto, nelle campagne di Morazzone a una manciata di chilometri da una Varese che qui sembra lontana anni luce. Un mondo fatto di tralci, grappoli, terra, cielo e passione. E vino, naturalmente. Lo varchiamo una mattina di settembre, dopo una notte di pioggia ma con il sole caldo che asciuga la rugiada dei campi.

RITORNO ALLE ORIGINI
Ad accoglierci ci sono la figlia del titolare Pascale Cazzani e l'enolgo Giovanni Caprioglio. A loro è affidato l'inizio della stagione della vendemmia 2023: si comincia con il bianco, poi toccherà al rosso. Su gli stivali e si parte su una strada sterrata verso le vigne. È il Varesotto che non ti aspetti, quello che alle grandi industrie, alle fabbriche e ai capannoni lascia spazio alla tradizione, al territorio e alla passione di chi ama, almeno ogni tanto, tornare alle origini.

L'imprenditore Fabio Cazzani ha aperto questa azienda agricola per seguire il suo sogno da appassionato, quello di produrre un vino del territorio. Una spremuta di acini e di varesenità. Per la famiglia Cazzani questi vini sono come figli e non è un caso che le bottiglie portino il nome delle donne di famiglia: Annette, spumante, il nome di sua moglie. Pascale e Nadine sono le figlie, rosso perché il rosso è grazia e bellezza. Il resto è territorio: Tenore, come il fiume che bagna questi campi, Ronchè e Materno come la terra e Botte 13 come omaggio alla cantina. E poi c'è il Matòcch, dedicato a se stesso perché per mettere in piedi un pezzo di Piemonte o Toscana ai piedi delle Prealpi serve un pizzico di sana follia. 

ANNATA DIFFICILE MA DI QUALITÀ
È stata un'annata non semplice, con una produzione che a causa delle bizze del clima si è ridotta al 50%. «C'è a chi è andata peggio - spiega l'enologo Giovanni - e si è visto azzerare il raccolto per colpa della grandine. Le reti ci hanno salvato. Qualitativamente però l'annata è ottima, i grappoli sono perfetti e il sole di quest'estate ha giovato alla maturazione». Una decina di collaboratori è impegnata nella raccolta tra i cinque ettari di filari. Non mancano sorrisi e battute, guidate dall'instancabile Joel, abile nel guidare il trattore e nel tenere alto il morale della truppa.

Perché alla Cascina Ronchetto la vendemmia è un affare di famiglia e tutti partecipano. Bisogna fare in fretta e finire la raccolta entro sera «perché danno pioggia e per la vendemmia questo non va bene e i grappoli devono essere asciutti». Il primo trattore è carico e parte alla volta della cantina. Le casse vengono pesate, poi il contenuto riversato nella macchina che divide i raspi dagli acini, che a loro volta finiscono nella pressa e poi nella botte dove ha inizio la fermentazione. «Questa è la lavorazione per il bianco - continua Giovanni - per il rosso il procedimento sarà differente». 

UNICITÀ E TERRITORIO
Non cambia però la passione che da più di quindici anni accompagna questa azienda fatta di amore per il prodotto che diventa impresa: «I nostri vini - ci spiega Pascale - vengono distribuiti in molti ristoranti, ad esempio quello del Palace, e nelle enoteche della zona, ma hanno successo anche all'estero. In questi giorni abbiamo ospitato una compagnia di irlandesi. Altri arrivano da Norvegia, Svezia e Germania. Inoltre è ovviamente disponibile per chi viene in cascina e quando realizziamo eventi».

«La prima reazione di chi prova il nostro vino - continua Pascale - è di stupore perché nessuno se lo aspetta così e quando gli diciamo che è di Varese rimane a bocca aperta. Ma dopo averlo assaggiato ce ne chiede ancora. I miei preferiti? Il Botte 13, fatto di Merlot in purezza e più barricato, e lo spumante Annette, ma anche tutti gli altri hanno una loro unicità».

UN'ANTICA ATTESA
Le macchine finiscono il loro lavoro e la botte lentamente si riempie. I raspi vengono raccolti a parte, quello che resta degli acini finisce invece in sacchi destinati alle distillerie. Ora sarà la volta di un'arte antica fatta di attesa, pazienza e sapienza in attesa di stappare la prima bottiglia tra più di un anno e riempire il primo bicchiere. Per gustare un calice di casa nostra. 

Bruno Melazzini - Andrea Confalonieri

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