La pace e la primavera, due alleate alla Madonna in Campagna, che però vengono ferite. Di nuovo.
Ieri sera chi faceva una passeggiata attorno al santuario di Sacconago ha avuto l'amara sorpresa: ancora una volta, il bidone danneggiato, i rifiuti sopra e fuori, cartacce anche tra l'erba e sotto gli alberi.
Sul contenitore dell'immondizia era stata scritta anche una preghiera, un invito affinché si avesse rispetto di questo luogo sacro. Ma ancora una volta, questa parola - rispetto - si è volatilizzata.
Luigi Giavini, storico e cittadino benemerito di Busto Arsizio, è tra coloro che hanno visto questo amaro spettacolo e affida le sue riflessioni: «Non capisco. Non colpevolizzo nessuno. Ma come si fa a non avere rispetto per un luogo sacro e bello? Ho scritto rispetto, ma vorrei usare la parola "amore", amore per un tassello della nostra storia scritta da generazioni che hanno faticato per lasciarci questi gioielli».
Il pensiero corre indietro, a coloro che arrivavano nella città per lavorare. E raccontavano con gratitudine il loro rapporto con il luogo che li aveva accolti.
«Ricordo con emozione l'intervista ad una tessitrice veneta (si chiamava Ceolin) arrivata a Busto negli anni 50 - spiega Giavini - Alla mia domanda: "come si trovava a Busto?". Risposta: "Benissimo. Tanto lavoro e tanto rispetto. Amavo i miei telai. Li tenevo sempre puliti. Le altre tessitrici un po' gelose cercavano di tenere i loro ancora meglio. Così era bello andare in fabbrica. E le dico di più. Questo atteggiamento si rifletteva anche fuori e Busto era una città pulita. Era bello viverci"».
È chiaro che ferite come quelle alla Madonna in Campagna vengono inferte da pochi. Ma non per questo procurano meno dolore.