In principio c’era una cantina, a Caravate. Lì alla fine degli anni Sessanta mamma Lina avvia un’attività artigianale, legata al mondo degli interruttori e alla Bticino, industria dove suo marito Mirocle è impiegato.
Dall’elettromeccanica all’elettronica si arriva all'attuale gruppo Lasi di Gallarate, oltre 400 collaboratori e la prospettiva di un fatturato consolidato di circa 50 milioni nel 2022. Il passo non è breve, ma scorre una strada lunga e affascinante. Con un’indicazione di papà che è rimasta scolpita dentro: «Provare sempre a fare un giorno prima, e non un giorno dopo», racconta Giuseppe Boggio, amministratore delegato.
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Un grande gruppo, ma un’azienda familiare: nel consiglio di amministrazione ci sono i fratelli, Fabio e Marco. Anche se recentemente proprio nel cda è successo qualcosa di nuovo e che allo stesso tempo riporta anche alle origini.
Perché questo in fondo è il volto dimostrato da Lasi: saper cambiare, sempre, per rimanere fedele a se stessa. Quando parla Giuseppe Boggio, sembra di vedere un foglio con la lista delle missioni da completare e accanto a ciascuna una mano collettiva che traccia un quadratino via via. «Fatto». Si arriva negli anni a completare quell'elenco, eppure c'è sempre qualcosa che viene aggiunto. Una storia infinita, quella di volersi e sapersi chiedere di più.
Diversificare prego
Lasi Group è una società nella subfornitura dell’elettronica, che fornisce l’Europa e il mondo: specializzata in produzione di elettronica (schede e assiemi elettronici) e servizi integrati (EMS), si occupa di ogni fase della creazione di componenti e sistemi elettronici, dalla progettazione e prototipazione alla produzione a volume. Gallarate è il cuore pulsante con l'attività produttiva all'avanguardia, ma Caravate ha ancora un ruolo e all'estero Lasi è a Stabio e in Tunisia.
Da quella piccola attività iniziale che andava poi a coinvolgere la famiglia, la prima svolta viene da una presa di coscienza: «Che avere un unico cliente e un unico prodotto fosse un rischio. Bisogna diversificare. Ecco allora che papà entra in contatto con l’elettronica e comincia a cercare clienti, va all’Unione industriali e chiede un elenco di potenziali partner. Suona il campanello di un’azienda di Cardano al Campo e si offre di instaurare una collaborazione che potrebbe essere win win».
Funziona così, e funziona davvero. Quell'azienda era la Digicom di Cardano: insieme si vanno a comprare le macchine, siamo all’inizio degli anni Ottanta.
Elettromeccanica ed elettronica cammineranno insieme fino all’86. «Come direbbero oggi abbiamo fatto lo spinoff – racconta Giuseppe Boggio – L’elettromeccanica andava avanti con la vecchia azienda che si chiamava Famag (nome tratto dalle iniziali dei tre figli), mentre nasce la Lasi». Qui il passo accelera, prima a Brebbia, poi entra in scena Gallarate, nel '95. Si parte in via Bergamo, mentre la moderna sede di via Lazzaretto fiorirà e accoglierà nel 2017.
La crescita di Lasi avviene per linee interne, non comprando aziende; si lavora per commesse e resta come mantra la diversificazione: «Più settori commerciali servi, più appiattisci le fluttuazioni dei vari mercati. Per scelta, eravamo molto orientati all’automotive prima del Covid, abbiamo deciso di diminuire la quota di fatturato, passando da un 60% a un 25-30%. Abbiamo investito in altro e guarda caso poi è arrivato il Covid e non ci siamo completamente fermati. Abbiamo lavorato moltissimo nel settore del contatore elettronico del gas, ora la riconversione è quasi finita, la stessa cosa la stanno facendo per i contatori d’acqua. Poi la domotica…».
Ancora tempo di cambiare
Nel 2017, una svolta, quella che porta nella nuova sede: «Eravamo arrivati al limite. Partiti da 3 milioni e 40 persone, eravamo a 30 milioni e 100 persone». Di qui la scelta di investire e passare a 7mila metri quadrati, dove oggi si contano 150 persone. Nel 2012 si era avviato anche lo stabilimento in Tunisia appunto, con 250 persone, e in Svizzera ci sono uffici con la centralizzazione dei servizi per le aziende, una ventina di collaboratori: «Una scelta condivisa». Nel capannone della Famag, uscita dal mondo degli interruttori, c’è la Lasi Wms.
Il caro energia, tormento delle aziende, non risparmia questa realtà: «Eravamo stati avveduti, installando nel 2020 un mezzo megawatt di fotovoltaico per cui ci autoproduciamo il 50-60% di energia. Ma quest’anno abbiamo pagato comunque più del doppio. Non ribaltiamo però i costi energetici a valle». Del resto, sui microchip il tormento è ben superiore.
La ricerca alla Lasi è di sviluppo e processo: «Quindi l’automazione per fasi manuali e tenere qui l’attività in Italia. Oppure sulla tecnologia, ad esempio per avere minore impatto sull’ambiente».
Si ha fame di talenti e si fanno spesso assunzioni, con tutte le difficoltà del caso a reperire i proflli: «Abbiamo deciso di provare l’Ifts e integriamo poi in azienda con l’apprendistato duale: lavori e studi. Ma abbiamo fatto fatica a trovare dieci giovani».
Il cambiamento ha preso ulteriore accelerazione dalla questione sostenibilità. Perché su quella ambientale Lasi era già mobilitata, con tante azioni, e ora vuole essere "emissioni zero".
Per quella sociale, avanti l’impegno nel welfare, per il territorio, le scuole con le borse di studio. Qui si festeggia ogni nuova nascita, donando un kit di prodotti cosmetici e per l’igiene del piccolo o della piccola. O in campo sportivo si è scesi in campo per la Pallacanestro Varese.
Ma è la terza strada, quella della governance che alzava l’asticella con l’apertura del consiglio di amministrazione. Ecco che entrano Michela Conterno, Ceo di Lati - LEGGI QUI - e Anna Vanoni, Philantrophy Advisor. Identità di valori, è la ragione della scelta, e colpisce quel filo con il passato, dove le donne giocano un ruolo chiave in questa storia: mamma Lina sorriderebbe. «In realtà avevamo già un’idea da tempo, poi l’incontro con il professor Massimo Folador». Il docente di Business Ethics e sviluppo sostenibile alla Liuc, che guida verso questo ponte già nel Dna dell'azienda.
Ma non finisce qua, perché ci si era dati anche l’obiettivo di una società quotabile in Borsa: «Bene, ci siamo detti, Abbiamo preso professionalità dall’esterno, siamo cresciuti, ma noi che siamo proprietari e amministratori, che idea abbiamo dell’azienda? Cambia l’approccio, l’azienda non è più tua, ma anche un bene comune. Abbiamo aderito con entusiasmo alla 231, al codice etico, il business etico. E sulla rotta per la quotazione, il controllo avviene con una società di revisione. Uscendo dal mondo dei sindaci revisori».
È la cosa più difficile, farsi guardare dentro. Ma è anche stimolante. E poi l’altra tappa chiave: diventare società benefit. «Come diceva papà, abbiamo provato a fare un giorno prima, e non un giorno dopo – conclude Giuseppe Boggio – Abbiamo sempre agito così, quando vedi una cosa che ti sembra giusta, la fai». Valori trasmessi da Mirocle e Lina, i cui volti sorridenti oggi danno il benvenuto in un’immagine esposta dai figli, all’ingresso nei reparti.
Un omaggio e un promemoria allo stesso tempo: «Per noi un sogno, per voi una realtà, per tutti un’opportunità, per loro una soddisfazione».