11 febbraio 2018. A poco meno di un minuto dalla fine, con la partita ormai in ghiaccio, Attilio Caja chiama dalla panchina il sedicenne Matteo Parravicini. Il varesino entra in campo per l’ultimo minuto di partita e si concede anche il lusso di segnare una tripla prima del suono della sirena.
14 giugno 2022. La Givova Scafati batte l’Acqua San Bernardo Cantù e torna nella massima serie nazionale dopo un’astinenza lunga quattordici anni. Uno dei protagonisti della cavalcata trionfale è lo stesso ragazzo che aveva esordito in serie A nel febbraio 2018 con la maglia biancorossa.
In mezzo ai due momenti sono successe diverse cose: Matteo, varesino classe 2001, si è fatto le ossa a Oleggio, in serie B, ed è esploso a Bergamo, in A2, prima di arrivare a Scafati all’inizio della stagione 2021-2022. Stagione conclusasi con la promozione nel massimo campionato.
Matteo, è passata solo una settimana da quel momento. Quali sono state le sensazioni?
Già da inizio anno avevamo la sensazione che avremmo fatto qualcosa di buono, con il passare delle partite e dei playoff abbiamo capito che ce la potevamo fare. Le sensazioni sono state positive ma strane: nella mia vita non ho mai vinto trofei, mi è capitato di perdere la finale nazionale Under 15 e le sconfitte ti rimangono impresse subito; le vittorie invece no, sto festeggiando da una settimana, ma non te ne rendi conto immediatamente, realizzi dopo.
Hai vissuto la serie finale contro Cantù come un derby personale?
Sicuramente sì, soprattutto quando ho giocato lì a Desio. Giocare di fronte alla loro curva e davanti al pubblico che hai sempre voluto sfottere mi ha fatto molta impressione ed è stato emozionante.
Com’è andata la stagione a livello personale? 10,5 minuti di media: hai avuto lo spazio che ti aspettavi?
Quando ho firmato mi aspettavo di più, sono sincero. A Bergamo, da esordiente in A2, coach Calvani mi ha dato fiducia estrema. Qui all’inizio ho avuto problemi a livello personale, ho fatto fatica, mi chiedevo se fosse il posto giusto per me. Ho cercato di distrarmi un po’, poi ho iniziato a capire e accettare quella che era la situazione, a dare tutto nei minuti che avevo a disposizione e a essere utile portando il mio mattoncino. Alla fine, se mi guardo indietro, sono contento di quello che ho dato in una squadra che ha vinto.
Per quanto riguarda il futuro? Giocherai in serie A con Scafati?
No, non penso proprio, anche se teoricamente ho contratto. A breve ci incontreremo e decideremo, entro il 30 giugno risolveremo la questione. Vorrei rimanere in A2, avendo tanto spazio e un ruolo importante.
Segui ancora la Pallacanestro Varese?
Sì, seguo ancora Varese da tifoso. Mi limito a vedere un po’ quello che succede, ma per il resto penso alla mia carriera.
Ti piacerebbe un giorno giocare di nuovo per Varese?
Sicuramente l’idea di giocare per Varese c’è sempre, anche se mi sono sentito lasciato andare via un po’ troppo tranquillamente, non ho mai avuto contatti reali con la società. Ho sempre il pallino di giocare per Varese ovviamente, ma non voglio crearmi aspettative.
Ripensando a quel momento del 2018, ti porti dietro un ricordo prezioso?
Assolutamente sì, mi rimangono i ricordi di quando ho segnato che è esploso il palazzo. Quando ero piccolo, le prime volte che andavo al palazzetto, mi sono sempre rimasti quei momenti quando qualcuno segna che tutto il palazzo che esplode in un boato. Ho sempre pensato che un giorno avrei voluto farlo anche io. Quando ho segnato che tutti sono saltati in piedi lo ricordo come qualcosa di bellissimo.
Quindi, al di là di tutto, rimani un tifoso di Varese
Assolutamente sì.