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Territorio | 24 aprile 2022, 11:00

Fagnano, cittadinanza onoraria a Enrico Vanzini: «Quel pane che non riuscì mai a mangiare»

Stasera Fagnano rende omaggio al testimone dell’orrore nazista. Domani il cartellone prosegue con corteo, posa corona e premiazione del concorso Anpi. I ragazzi delle scuole suonano l’inno nazionale

Enrico Vanzini al centro della foto (archivio)

Enrico Vanzini al centro della foto (archivio)

Attesissimo questa sera alle 20.30 a Fagnano Olona (aula magna delle scuole Fermi) Enrico Vanzini. L’incontro “Ritorno a Fagnano” con il militare che fu fatto prigioniero dei tedeschi e inviato in Germania a lavorare - e che domani riceverà la cittadinanza onoraria - dà il la a un ricco programma di iniziative che prosegue domani con l’alzabandiera al castello visconteo (ore 9.45), il corteo (alle 10) dal Comune con l’arrivo al monumento, posa corona e benedizione. A seguire ingresso al cimitero per posa lume alla cappella dei caduti.

Il corteo prosegue verso piazza Matteotti (ore 10.45) e rientra al castello alle 11.30 dove è prevista la premiazione del concorso Anpi “La Costituzione”. Nel tardo pomeriggio alle 18 nel cortile del castello, accoglienza di Vanzini con l’inno italiano suonato dai ragazzi delle scuole di Fagnano e consegna della cittadinanza onoraria.

L’accesso alle iniziative è libero, nel rispetto delle normative Covid.

Enrico Vanzini

Ma chi è Enrico Vanzini? È un militare prigioniero dei tedeschi che dopo l’8 settembre fu inviato a Ingolstadt in Germania a lavorare. Tentò la fuga, ma ripreso venne condannato a morte a Buchenwald, pena in seguito commutata con l'internamento nel campo di concentramento a Dachau. Sopravvissuto ai lavori forzati e a condizioni indescrivibili nel campo di concentramento nazista, fu costretto a lavorare alla camera a gas e ai forni crematori di Dachau, diventando testimone dell'orrore nazista. È l'ultimo italiano appartenente al Sonderkommando ancora vivente.

Toccante la frase del manifesto del 25 aprile: «Una volta ritornato a casa, avevo ancora quel pezzo di pane che una donna di ottant’anni mi diede, una povera tedesca alla quale questo gesto, questo pezzo di pane costò la vita… Io non lo mangiai mai, e sì che avevo fame, poiché mi sarebbe sembrato di mangiare un pezzo di cuore di quella poverina. Decisi di affidarlo a mia mamma affinché ne facesse ciò che meglio credeva ed ella lo portò in chiesa sull’altare come dono di Dio, come segno di gratitudine e riconoscenza».

Laura Vignati

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