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Storie | 05 aprile 2022, 08:05

Un gufo gigante nei boschi di Boarezzo, dove il tempo scorre lento: la magia del passato diventa star dei social

La scultura in legno realizzata da Lorenzo Piran e Antonio Coletta nell'antico borgo della Valganna incuriosisce sempre più escursionisti e diventa simbolo di un mondo antico. I due autori, custodi della storia di questo luogo, sono pronti a nuove opere: un'enorme chiocciola dagli occhi telescopici

Un gufo gigante nei boschi di Boarezzo, dove il tempo scorre lento: la magia del passato diventa star dei social

Un gufo gigantesco dagli occhi di ontano nero e il corpo di castagno vigila da quasi un mese sui boschi di Boarezzo, ma è un gufo buono, un vecchio zio un po’ brontolone amico dei bambini e dei viandanti, sveglio e vispo anche di giorno, anche se di notte, chissà, magari se ne vola via in cerca di prede. 

In questo paese di nemmeno trenta anime, un po’ di magia aleggia intorno, e gli autori del piramidale gufone, Lorenzo Piran l’accatastatore di legna, e Antonio Coletta la mente creativa, fanno di tutto per alimentarla, con racconti di un passato non tanto remoto che parla di miniere di uranio sotto la montagna e di tronchi di castagno con il volto di gnomo e occhi scrutatori. 

Si sale dalla Valganna e subito il tempo rallenta, tornante dopo tornante ci si immerge nel silenzio e nel trionfo di pervinche e anemoni che punteggiano il sottobosco, prima di incontrare le due statue ai lati del cancello di Villa Chini e di salire verso il paese dipinto, perché anche qui, come ad Arcumeggia, le case sono ornate di pannelli con le opere di diversi pittori varesini e no, tra cui Aldo Ambrosini Paolo Borghi e Leo Spaventa Filippi, oltre a Vittorio Tavernari e Albino Reggiori.

Ma siamo qui per vedere il gufo, diventato ormai un’attrazione social, con centinaia di like, fenomeno che ha meravigliato non poco anche Coletta & Piran, i quali si divertono un mondo a scolpire pezzi di legno in forme zoomorfe: colombi, gabbiani, aironi, scoiattoli, salamandre, gatti e lumachine, e a regalarli agli amici. Qualcosa vendono pure, ma soltanto a chi è simpatico. 

«Il gufone è venuto fuori così, Lorenzo è bravissimo ad accatastare la legna per il suo camino, così gli ho suggerito l’idea di fare una piramide che somigliasse al corpo di un rapace notturno. Poi abbiamo inserito due tronchi di ontano per gli occhi, con tanto di sopracciglia, e un altro pezzo di legno sagomato a mo’ di becco, ed ecco fatto il gufo reale, con tanto di ali ripiegate», racconta Antonio Coletta, che vive periodicamente a Boarezzo ma risiede a Rescaldina. Lui raccoglie rami e rametti nel bosco e con pazienza ne ricava piccole sculture di animali e cornici per specchi. Nell’accogliente casetta in piazzetta della Chiesa ne ha una bella raccolta di cui va fiero.

Lorenzo invece è un mago della motosega, niente pulp fiction per carità, solo intagli in legno di castagno, frassino e faggio: capolavori sono una colomba con le ali spiegate e un grande gabbiano in castagno, un pezzo unico lavorato con abilità certosina. Ma sul balcone di casa ecco uno gnomo gigante, scolpito in un tronco di castagno di due quintali.

«È uno gnomo magico, perché quando ho incominciato a lavorare il legno e a sagomare il volto, sono spuntati due occhi, incredibilmente presenti tra le venature. Ho venduto la scultura al comune di Induno Olona, ma lì un pittore ha sciaguratamente dipinto gli occhi, rovinando il lavoro della natura. Così me la sono riportata a casa», dice Piran, origini venete, da sei anni a Boarezzo, che vive circondato dalle sue opere in legno, da lp di musica leggera d’epoca con le voci di Adamo e Luciano Virgili, e dalle chitarre che suona nelle serate allegre davanti a una tagliata di salame e a un bicchiere di quello buono.

La vita a Boarezzo è schietta, ci si manda a quel paese facilmente e facilmente si fa la pace, ma sono passati i tempi delle tavolate estive e delle cantate in coro, la pandemia e il mutare delle abitudini non ha portato certo migliorie nemmeno qui.

A casa di Lorenzo, scaldata con stufa e camino a legna, mentre si mangiano caldarroste fuori stagione accompagnate da una bottiglia di rosé lasciata in fresco nell’acqua dell’antico lavatoio del paese, arriva il Maurizio, origini veronesi, ma memoria storica di Boarezzo.

«Negli anni Sessanta cercavano l’uranio, scavarono miniere ma senza gran successo. Poi in tempo di guerra qui erano sfollati parecchi ungheresi, non si sa bene perché. Ricordo anche l’albergo Piambello ai suoi fasti, con il dancing El Corrida, vietatissimo a noi ragazzi per via di certe donnine allegre. Qui c’è ancora la villa Ca’ di Prai, la casa dei prati, di proprietà della famiglia milanese Fiaccadori, la cui impresa IBA costruì le gallerie della Valganna», snocciola il Maurizio, ricordando quando il Pizzigula, nomignolo di un certo Peruchetti, con un carro trainato da due buoi portava via carrettate di neve, perché un tempo a Boarezzo c’era pure una pista di fondo.

«Qui tutto passava dalla famiglia Chini, Giovanni senior costruì la Stazione Centrale di Milano e le due grandi statue a lato del cancello di ingresso sono copie di quelle progettate per lo scalo. Sono fatte di una particolare mescola di sabbia e cemento in modo da galleggiare sull’acqua. Una di queste statue giace abbandonata all’interno del giardino dell’ex Piambello. A Boarezzo vive Laura Chini, sorella del conte Giovanni, che ogni tanto trascorre qualche periodo in villa», fa eco Lorenzo Piran. 

Che mostra una straordinaria chitarra da lui progettata assieme al liutaio gaviratese Assunto Belli: «Ci sono incisi il bastone di Esculapio e l’Uroboro, serpente che si morde la coda formando un cerchio senza inizio né fine, e la tavola armonica è di abete della Val di Fiemme, lo stesso dei violini di Stradivari. Mi è costata una fortuna». Il Lorenzo ci canta sopra La Balilla, O mia bela Madunina, pezzi di Giorgio Gaber, sempre davanti al salame e al vino di cui sopra. 

Piran è anche un abile fotografo, e mostra uno splendido video con una serie di scatti realizzati al tramonto di ineffabile poesia, assieme ai ritratti degli abitanti del paese. È il reportage di un mondo antico, dove la natura ha ancora spazio e dà ritmo alle giornate, assieme al verso del picchio nero, ormai arrivato anche alle nostre latitudini. Finiti le caldarroste e i ricordi, c’è spazio per un’anticipazione: dopo il gufo, la premiata ditta Coletta & Piran sta già tagliando quintali di legna per realizzare una nuova scultura, una enorme chiocciola con tanto di guscio e di occhi telescopici. Già, perché da queste parti, l’andamento è lento.

Mario Chiodetti

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