Non bastassero la morte, il dolore e la paura, uno dei drammi che le guerre portano con sé è fatto dagli strascichi di odio e razzismo tra i popoli coinvolti nel conflitto. È quello che sta già succedendo tra russi e ucraini. Praticamente figli della stessa terra, parlano due lingue pressoché identiche, hanno tradizioni simili e molto spesso hanno stretti legami di parentela tra loro. Eppure al termine del conflitto potrebbero finire per non dialogare per molto tempo.
È la paura che hanno anche molti russi nel nostro Paese. Quelli residenti in Italia ad oggi sono circa 34mila, un numero esiguo se calcoliamo che gli ucraini nel solo Piemonte sono 20mila. Eppure, anche loro stanno subendo le conseguenze della guerra, anche loro stanno soffrendo per i loro parenti al confine e soffrono per quel legame con i loro fratelli ucraini.
“Vivo con mia mamma in Italia da oltre vent’anni. Due vicine di casa italiane, che conosce da tanti anni, l'altro giorno è capitato che l'hanno incontrata e non l'hanno neanche salutata”. A parlare è V. R., ha trent’anni, ma da quando aveva sette anni è residente in Italia, nel Pinerolese. Qui vive con il compagno italiano e lavora come estetista. “Una volta tornavano ogni anno a casa, poi a causa del covid non ho già potuto, volevo tornare a maggio, ma è saltato tutto”.
Da dove arriva la sua famiglia?
"La mia famiglia è originaria di Sal'sk, in provincia di Rostov, a circa 300 chilometri dal confine ucraino, quattro ore e mezza di macchina, e a 360 chilometri dalla devastata Mariupol. Per noi russi è come rivivere il 2014, quando si accese il conflitto in Donbass. In Russia avevo un vicino di casa di mia nonna, abitava con la moglie e due bambini, lavorava come militare sul confine con l'Ucraina. Era in Russia, c'erano appostamenti sul confine per controllarlo, dall'Ucraina sono cadute bombe al fosforo mentre dormivano, lui e altri ragazzi sono morti per le inalazioni. È morto nel tragitto per tornare a casa”.
Anche a lei è capitato di sentirsi “a disagio” per le sue origini in questo ultimo periodo?
“L’altro giorno sono andata in un negozio di via Nizza a Torino che è specializzato in prodotti dell’est Europa, ci sono prodotti russi, ucraini, ma anche romeni, polacchi. È uno dei miei posti preferiti e ci vado molto spesso. Prima che scoppiasse la guerra avevo conosciuto uno dei figli del proprietario. E’ ucraino ma il nonno era russo. Ha capito dalla mia spesa, dai prodotti che ho comprato da dove venivo, non avrebbe potuto capirlo perché fino a quel momento avevo parlato in italiano. Quando gli ho detto che ero di Rostov sul Don ha cominciato a parlare in russo. Ci sono tornata la settimana scorsa, avevo un po’ timore a entrare. Dentro ora hanno appeso la bandiera ucraina, ma tolto quello non era cambiato nulla. Il ragazzo del negozio si è ricordato di me, mi ha parlato subito in russo. Abbiamo parlato di quanto la situazione sia terribile e di quando terminerò, anche se siamo in Italia da tanto tempo, ci sentiamo sempre un po’ stranieri, ed è importante che restiamo uniti per sentirci meno soli. È brutto che ora si possa creare questa spaccatura tra noi”.
Ha contatti con la sua famiglia in Russia, in un periodo così difficile?
“Una parte vive a Rostov sul Don, altri sono a Sochi e a Mosca, dove si sono svolte le Olimpiadi del 2014, ma mi sento tutti i giorni con loro. Sono ovviamente anche loro addolorati da tutta questa situazione e sperano finisca il prima possibile. Queste cose non dovrebbero accadere, gli Ucraini e i Russi sono lo stesso popolo, non dovrebbero farsi la guerra” .
Ha qualcuno che è andato al confine a combattere?
"Mio fratello e i miei cugini per fortuna no, ma alcuni loro amici sono nell'Esercito e sono stati chiamati a combattere".
Quando vi sentite di cosa parlate?
“Facciamo spesso dei confronti tra l’Italia e la Russia. Per esempio, dove vivono loro il costo del carburante è sceso, ma è aumentato quello dello zucchero e della frutta e della verdura, ad esempio le carote sono passate da 60 rubli al chilo a 120, il doppio. Per ora non hanno problemi di mancanza di prodotti nei supermercati. Hanno tolto Instagram, Facebook, Twitter e Whatsapp, ma per loro non è un grande problema, usano semplicemente altre forme. Un altro argomento è il modo in cui vengono date le notizie. Io seguo sia i tg russi che quelli italiani ed effettivamente cambia molto, non è vero che non si parla del conflitto, ma per esempio in Russia viene definita un’operazione militare, non una guerra, perché vengono presi di mira solo punti strategici, non si vuole distruggere tutto”.
È vero però che a scappare sono i civili ucraini, non quelli russi...
“Non ci sono solo ucraini. Certo la Russia ha attaccato, ma questa situazione era prevedibile. Stiamo parlando di un conflitto che è iniziato già nel 2014. Forse non ci aspettavamo succedesse veramente, ma nel momento in cui la Nato ha aperto il dialogo per far entrare l’Ucraina, tutti ci dovevamo aspettare una reazione da parte della Russia. Inoltre, non tutti forse hanno bene in mente qual era la situazione in Donbass”.
Qual era?
“Dal 2014 in poi per i russi restare in quella terra di confine non è stato facile. Avevo una parente che sentivamo costantemente, ma a un certo punto ha smesso di parlare per telefono in russo perché diceva che intercettavano le telefonate e che tanti cittadini russi erano già stati fatti sparire. Dopo poco tempo sono finite anche le telefonate. Non sappiamo più che fine abbia fatto, se sia viva o se sia morta. È una donna di 80 anni, spero stia bene”.
Oltre a lei, ha ancora parenti in Ucraina?
“Ho una parente di mio cugino che vive a Kharkiv. Da quando è iniziato il conflitto non è più riuscita a rientrare in Russia. Lei vive a Sochi, ma si trovava lì per lavoro. Non può uscire di casa, neanche per andare a fare la spesa, perché se la sentono parlare in russo o se sospettano che sia russa, gli ucraini, che sia esercito o che siano ribelli, le sparerebbero subito addosso. Non so perché non è riuscita a lasciare il Paese prima, ma non so quanto potrà resistere così”.