«Siamo stati bravi a soffrire nel primo tempo e a giocarci le nostre carte nel secondo». Questo non è uno strascico fiero dei commenti di Verona, ma ciò che ha detto Di Gioia, l'allenatore della Pro Sesto, ieri dopo il tris di gol inferto alla Pro Patria.
Ascoltare gli avversari, ci offre un ulteriore spunto per riflettere.
Il copione perso, quello ripetuto
Rivogliamo quella Pro Patria là, quella che aveva sfiancato gli avversari con l'attesa e poi aveva sferrato due colpi negli istanti perfetti, quella che ci aveva mandato segnali di vita e classifica. Non è un copione fisso da ripetere, chiaro. Desolante, tuttavia, sembra quello più gettonato: non vince chi corre di più e chi si svuota di energie, i punti si assegnano ancora in base ai gol, viene da mormorare assurdamente.
Attaccare i ragazzi? No. Anzi, se c'è una cosa che ci sentiamo di rimproverarci è che dopo lo 0-1 non si sia sollevato il grido dello Speroni a sostegno dei tigrotti, a parte gli ultras, per spronare a reagire. Sono gli stessi ragazzi che hanno portato a casa la vittoria a Verona, ribadiamo. Solo che là si delineava non il calcio spettacolo, bensì una tattica magari dura da vedere all'inizio ma poi applaudita dai pur pochi spettatori bustocchi presenti.
Là si respirava la fiducia e i due gol rappresentano la firma in questo compito eseguito.
I tifosi delusi
I commenti che ci mandano i tifosi, sono tranchant: «È veramente vergognoso perdere così - osserva Pier Franco Iacopino - Certe partite vanno assolutamente portate a casa, non puoi esaltarti a Verona e poi fai queste figure meschine. Io ripeto fin dall'inizio che Prina non è allenatore per la Pro Patria».
Ci sono sostenitori biancoblù che hanno fatto i salti mortali per esserci ieri, in un giorno feriale. E la sconfitta contro l'ultima in classifica ha acuito l'amarezza, come si è sentito urlare allo stadio e poi sui social.
Lele Magni sintetizza telegraficamente e ironicamente: «Chiuso prima. Perso incasso. Preso freddo. Tre gol. Ho una vita meravigliosa». E continua i giochi di parole: «Se ti dimetti, facciamo Prina».
Ma perché ci sono state due squadre così differenti nel giro di tre giorni? Domenica in panchina c'era Sala, nel calcio del 2022 però i messaggi arrivano efficacemente dalla cabina di regia. Ci viene difficile pensare che le scelte tattiche siano state prese in totale autonomia dal vice, e comunque sono frutto di un lavoro comune di tutto quest'anno. Allora Sala, nel suo ruolo, conosce bene la squadra: è riuscito a trasmettere loro una maggiore sensazione di tranquillità? O meglio ancora, la parola chiave è, di nuovo, fiducia?
Così gli stessi giocatori possono segnare in maniera impeccabile domenica e smarrire la via alla porta ieri? E che cosa dunque potremo aspettarci nelle prossime partite? Ricordiamo che domenica si va a Bolzano contro il Südtirol, poi trasferta dalla Juventus U23, aspettando di tornare in casa contro il Legnago.
Sono domande a cui non sappiamo dare risposta. Ma certo, quando diciamo che rivogliamo quella Pro, estendiamo il desiderio a qualcos'altro, o meglio qualcun altro: qualcuno a cui - della Pro - importi e che voglia, possa fare qualcosa.
La questione societaria
Con una società definita e definitiva, non ci saremmo trovati in questa situazione. Ci sarebbe stata maggiore tranquillità per i giocatori (e alla domanda di un lettore, rispondiamo che non parliamo di stipendi, perché questi sono stati pagati), ma anche la possibilità di confrontarsi e adottare decisioni opportune di fronte ai problemi: dalla panchina al calciomercato perso quasi totalmente a gennaio.
In questo discorso caliamo anche la politica: quante volte si è parlato di Pro Patria durante la campagna elettorale. Adesso si tratta di ascoltare un grido che si solleva da mesi dallo Speroni, perché se i tigrotti non agguanteranno la salvezza, c'è una sola certezza: che tra 4 anni e mezzo (prossime elezioni) non ci sarà più una Pro Patria di cui parlare.
Ogni giorno senza la soluzione della questione societaria (che vede a confronto il consorzio napoletano Sgai e il legale di Patrizia Testa, l'avvocato Santino Giorgio Slongo) è un macigno sul cammino verso la salvezza.
Nel frattempo, la squadra su chi può davvero contare? Sul direttore sportivo Sandro Turotti e sullo staff che è a fianco dei tigrotti tenacemente, ogni giorno. Sui tifosi che scuotono la testa, escono delusi e arrabbiati, ma non voltano le spalle, che amano la loro Pro e non la usano. Su un piccolo mondo che esiste e resiste in un oceano di indifferenza.