Dentro al replay… tra miliardi di altri ci sei.
Prendiamo in prestito una citazione di uno splendido pezzo di Samuele Bersani: dentro al replay di questo derby perso, tra miliardi di immagini il cui senso ora ci sfugge, ora non è importante, c’è la Varese migliore che possa affrontare il cammino davanti a sé.
Andiamo random: Sorokas che ruba un rimbalzo a giganti in maglia rossa e garantisce un secondo possesso ai suoi; Beane che segna la bomba del 29-21 dopo una circolazione di palla perfetta e quindi con tre metri di vantaggio sul difensore; Kell che si fuma Moraschini e va a schiacciare a due mani; Amato che la mette dall’arco a sintesi di un altro giro di giostra di livello; Caruso che prende un gran rimbalzo in attacco e poi riesce a lucrare un 2+1 di maturità, voglia, adeguatezza; Ferrero che entra dalla panchina come un termosifone e ne scrive 5 di fila; Egbunu che da una parte vola sopra tutti e dall’altra sta perfettamente in mezzo a una difesa chiusa a doppia mandata, la sua e quella dei suoi sodali esterni. E infine le prodezze di Ale Gent, comprese 3 triple che entrano di voglia, più che di tecnica.
Sono attimi di una squadra che ha stravolto la propria immagine in soli 7 giorni, passando dall’essere un'inerme vittima sacrificale di una corazzata a una tracotante outsider che si permette il lusso di guardare negli occhi un’altra corazzata. E di fargli paura. A sintesi dei 40 minuti l’ardire è stato pagato: un po’ dalla stanchezza, un po’ perché semplicemente Milano è più forte, un po’ (un po’ tanto) grazie agli arbitri, che nel dubbio - e nonostante l’instant replay - sono sempre sembrati decidere a vantaggio dei più forti. Ma è inutile sorprendersi: tra Pollcino e l’Orco i fischietti sceglieranno sempre il secondo, in qualsiasi sport.
Torniamo alla metamorfosi, che é più interessante. Non è avvenuta per caso: da agnelli a ragni velenosi non ci si sveglia una mattina, alla Kafka. Alla Varese del PalaDozza mancava un playmaker, un leader carismatico e un giocatore dalle variegate atout tecniche. Tre in uno: Trey Kell. Il suo avvento contro i griffati Armani, sorprendente per continuità e durata d’impatto dopo l’infortunio e la polvere dell’inattività, ha mostrato che la versione originaria della Openjobmetis 2021/2022 non è stata pensata così male: il Trey ritrovato dà fisico, ordine, pericolosità offensiva, garretti in difesa, coinvolgimento dei compagni, vitalità di spirito.
Per lunghi tratti della gara di oggi pomeriggio si è vista una Varese che i punti a tabellino li può mettere facilmente, che sa leggere i raddoppi sulle sue star, che sa ruotare difensivamente su un'asse lunghi-esterni che in quanto a chili e centimetri non è certo destinata ad arrossire davanti a tutti.
Inevitabilmente, però, quando si aggiunge spesso si toglie. Per un Kell che entra c’è un Wilson che esce, chissà se definitivamente, dal radar. Lo "dicono" gli 0 punti e gli 0 tiri in 13 minuti, ma più ancora il fatto che alla sua presenza sia stato preferito qualsiasi altro assetto, pure con l’americano rientrato in versione guardia. E poi occhio a Jones, indubbiamente il più positivo di questo inizio stagione ma oggi un po’ snobbato sull’altare della sua dimensione fisica - che ha pagato dazio - e di una difesa che ha abbisognato più della “sporcizia” di Sorokas che della sua pulizia.
Poco male: certi ruoli possono anche essere coperti in maniera bifronte. Altri, come quelli del tiratore, no. In quel caso o la metti o non la metti: se non tiri neanche, significa che hai alzato bandiera bianca.