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Basket | 10 maggio 2021, 22:57

Sponsor che cinguetta non morde. Ma Varese si è scoperta nuda

IL COMMENTO DI FABIO GANDINI Ci sono l’educazione, il rispetto e il senso dell’opportunità. E poi c’è il significato di un messaggio che nasce dalla solitudine. E che invita a non dare per scontato qualcosa che non lo è e non lo sarà mai

Sponsor che cinguetta non morde. Ma Varese si è scoperta nuda

L’ultimo capitolo di un giallo che ha già svelato nelle pagine precedenti il nome dell’assassino non può avere la pretesa di godere dell’interesse del lettore. Chissà se il cinguettante main sponsor Rasizza - non Openjobmetis: la sineddoche è voluta - avrà pensato anche a questo, ieri sera, prima di consegnare alla rete i suoi pensieri?

Fosse stata tale anche solo una parte dell’intento, missione riuscita: difficile prendersi la briga di parlare d’altro ora. L’ultima partita odierna avrebbe dovuto sancire - nella sua banalità di atto sportivo privo di interesse agonistico e verdetti in palio - la fine di una stagione faticosa ma coronata dal non scontato lieto fine della salvezza. E invece Varese ha scoperto di non essere salva proprio per nulla.

Lo sforzo dell’analisi deve cercare di andare oltre il metodo, oltre lo stile, oltre le parole usate: di ben più decisivo c’è infatti il significato del messaggio e i risvolti pratici che apre. Il resto è (o meglio sarebbe) solo eleganza - dote innata che né i soldi, né il potere possono acquistare - e il rispetto dell’altrui persona, in questo caso - giusto per fare qualche esempio - del presidente della Pallacanestro Varese (parrebbe sia lo stesso anche della società di cui fa parte il twittante: chissà se ieri sera si sia chiesto quanto conti…), dei dirigenti che hanno sudato (tra errori, sforzi e critiche a volte sacrosante ma anche lancinanti da sopportare) questa stagione sportiva e di migliaia di tifosi che di tali non convenzionali uscite farebbero volentieri a meno, in luogo di un’informazione più ragionata e meno traumatica. È la modernità a sdoganare diffusi e latenti egocentrismi da Re Sole? Bene, allora torneremmo volentieri all’epoca del telegrafo…

Ma questa è un’altra storia. Quella di Openjobmetis - o di quella parte che ne ha sempre rappresentato il tutto (e qui si torna alla sineddoche iniziale…) - è una storia fatta di un supporto autentico, garantito mentre altri si nascondevano o si tiravano indietro. Si è trattato di investimenti troppo contenuti per aspirare a vincere e fatti anche pesare come oro colato? Vero in entrambi i casi, ma di sicuro i soldi del main sponsor sono risultati indispensabili per sopravvivere quasi come le sostanze erogate dal Consorzio, venendo ripagati solo da retrocessioni evitate e poco più.

E poi è la storia, sempre uguale, di una solitudine mai venuta meno, di proposte di affiancamento andate in fumo o riposte in un’eterna naftalina e di potenziali forme collaborative che non hanno sortito l’effetto sperato. Prendete Orgoglio Varese. Anche qui: un errore e una ragione. L’errore fu quello di fare ancora una volta un improvvido e maldestro uso delle parole (fu promesso che il nuovo sodalizio imprenditoriale sarebbe stato dedicato solo alla squadra di basket cittadina e le avrebbe consentito di competere alle più alte vette sportive: la pratica è stata molto diversa…), la ragione sta che l’esempio è stato seguito da pochi. Troppo pochi. Come sempre.

E quest’anno - nel quale i sacrifici necessari a stare in piedi si sono necessariamente moltiplicati  -è stato ancora più evidente. 

E allora ci sta anche che alla fine uno faccia intendere di essersi stufato. Ci sta che provi - maldestramente, rischiando di far male a chi non lo meriterebbe - a lanciare un sasso nello stagno della provocazione, anche solo per vedere l’effetto che fa. Ci sta che dica a nuora (il world wide web, forse l’unica nuora considerata all’altezza) affinché suocera intenda: non l’ha prescritto il medico che io rimanga per sempre il maggior finanziatore.

Qual è il problema? Il problema è che tutti ci siamo ancora una volta scoperti nudi. È bastato un unico, semplice tweet. Nudi e pieni di freddo, ora che una delle poche coperte minaccia di andare in pensione. Nuda la società, sempre alle prese con i conti della serva, nudo chi guarda dal buco della serratura e non si fa mai avanti, nudi noi che critichiamo i risultati sportivi ma non analizziamo mai abbastanza le relative profondità delle tasche. 

Qui si è dato per scontato qualcosa che non lo è e non lo sarà mai.

Rasizza (o Openjobmetis: a questo punto scegliete voi…) lascerà la Pallacanestro Varese? Sebbene oggi dicono che il nostro abbia fatto di tutto per negarsi al confronto con chi ne avrebbe avuto diritto, lasciando che le onde dell’impatto del sasso nello stagno si propagassero per bene, crediamo che la risposta sia “no”. Potrà ridimensionare, ma difficilmente sparirà: non sarebbe nemmeno nell’interesse di un imprenditore che ha dato prova di volersi spendere per il futuro di Varese, intesa come città e non solo come sport. La sola, simpatica, minaccia - però - è stata in grado di scuotere la terra come un terremoto, di risuonare come un allarme sia all’interno che all’esterno e di andare ben oltre il fatto che Rasizza rimanga o meno: l’inerzia intrapresa è pericolosa e ci si rischia di scottare prima o poi. Se si vive alla giornata, la salvezza non è e non sarà mai garantita, altro che blocco delle retrocessioni…

Non esistono più - o sono difficilissimi da reperire - sponsor che da soli risolvano tutti i problemi, così come non si vedono attuali partner societari disposti a fare un passo in avanti per prendersi in mano tutta la baracca. La strada è e rimane allora quella delle idee, piccole ma grandi (e tra un po’, in tal senso, arriverà di nuovo il Trust…) dell’unione che fa la forza, dell’ingegno che conta più dei soldi, degli sforzi che alcuni dirigenti - vecchi e nuovi - stanno facendo per allargare la potenza del messaggio. Non si può più volere la botte piena e la moglie ubriaca: la Pallacanestro Varese non è obbligatoria.

Poi ci sarebbe anche la questione Scola e relativo futuro. Ovvero come e quanto osare nel provare almeno a giocarsi le chance di un’opportunità un anno fa nemmeno prevedibile. Un’altra storia ancora, questa, che potrebbe portare lontanissimo pure da certi tweet…

Fabio Gandini


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