Il primo dicembre del 1952, a Busto Arsizio, è nato un istrione del calcio italiano degli anni 70 e inizio anni 80. Fisico asciutto, carattere un poco trasgressivo per l’epoca, con capelli e barba lunghi e sempre con la maglietta fuori dai calzoncini, segno magari di un gesto scaramantico che anche oggi dopo oltre 40 anni, "L'Egidio", non vuole rilevare.
"L'Egidio", come ben saprete, è Egidio Calloni, grande attaccante di diverse squadre della nostra serie A come Varese, Milan, Verona, Palermo, Perugia, Como, convocato per 5 volte in Nazionale. Da Dairago arrivò quindicenne al Varese, per poi andare a farsi le ossa a Verbania. Qui il vulcanico attaccante decise da subito che quella sarebbe stata casa sua, poiché viene affascinato sia dal luogo che dai meravigliosi colori del Lago Maggiore.
In occasione del suo 68° compleanno lo abbiamo sentito, trovandolo proprio a casa sua, in attenta osservazione delle regole dettate dall'emergenza Covid, mentre sta spaccando della legna: per l'inverno. E per tenersi allenato...
Egidio, spaccare la legna è un modo per rimanere in forma...
Sì, alla mia età devo muovermi altrimenti divento pigro! Quando la vita era... normale, andavo sempre all’oratorio ad allenare i ragazzini, che mi danno gioia. Adesso invece è tutto chiuso. Se tutti facciamo giudizio e seguiamo le regole magari potremo tornare a fare certe cose in primavera. Speriamo...
Ci racconta del suo periodo in maglia biancorossa?
Sono stati gli anni più belli della mia carriera. Calcisticamente sono nato a Varese: sono arrivato con Gentile, Massimelli, Valmassoi, Libera, Mayer, Ciuffo, Della Corna... Eravamo un bel gruppo, molto affiatato. Avevamo due papà adottivi che erano Chicco Prato e Lele Andena. Vorrei precisare che i nomi fatti sono solo alcuni, altrimenti la lista sarebbe ancora più lunga. Ogni tanto, alla sera prima di addormentarmi, faccio la conta dei meravigliosi "ragazzi di Comerio": alloggiavamo insieme in un albergo vista lago.
Calloni, parte della tifoseria varesina si ricorda bene quando andava in centro a bere il caffè con alcuni suoi compagni di squadra ed era circondato dai ragazzini e, in generale, da tifosi di tutte le età.
Lo ricordo anche io, con piacere. I ragazzini del tempo mi vedevano come uno di loro, con i capelli e la barba incolta. Ai tifosi più grandi spiegavo che spesso, quando l’avversario mi entrava malamente, mi arrabbiavo e così segnavo i gol... E tutti giù a ridere e così finivamo per riempire il bar.
C'è stata differenza poi con il passaggio al Milan?
Tantissima. Noi a Varese eravamo un gruppo, al Milan invece ognuno pensava per sé. Ho sofferto molto, poi fortunatamente ho legato con Gorin.
Come vede il calcio attuale rispetto a quello di un tempo?
Allora si guardava la tecnica e la famosa forza del gruppo, oggi l’individualismo.
Cosa dice ai suoi ragazzini che iniziano a giocare all’oratorio?
Prima di tutto di divertirsi, mai pensare di arrivare in serie A. Di fare sacrifici e impegnarsi, ma non solo per giocare al calcio, ma per studiare e per costruirsi un futuro, per trovare un lavoro. Gli trasmetto la grinta, perché il mondo attuale è una grande macchina mangia anime.
Cosa ne pensa del calcio femminile?
È un valore aggiunto. Certo non diventerà mai come il calcio maschile, per motivi di marketing, ma è divertente. Il valore si è alzato e c'è ancora spazio per costruire legami e forza del gruppo.
Grazie Egidio e auguri di buon compleanno alla gazzella veloce delle aree di rigore.