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Attualità | 19 aprile 2020, 10:19

LA STORIA. L'ex pallavolista torinese Giannitrapani: «A due settimane dalla morte per Covid di mia madre, non sappiamo ancora chi di noi l’ha infettata»

Dal Piemonte arriva il racconto dell'odissea sanitaria vissuta dall'ex pallavolista Davide Giannitrapani: «Mia mamma non usciva di casa e aveva contatti solo con mio padre, me e la badante. Ci hanno contattato solo dopo la sua scomparsa... Fa rabbia sentire che la moglie asintomatica di questo o quel calciatore è positiva al coronavirus e che per loro i tamponi si trovano»

LA STORIA. L'ex pallavolista torinese Giannitrapani: «A due settimane dalla morte per Covid di mia madre, non sappiamo ancora chi di noi l’ha infettata»

Il quotidiano e pressoché inevitabile bombardamento mediatico con i numeri dell'epidemia, espone tutti noi a un danno collaterale tutt'altro che trascurabile. Ovvero di finire per dimenticare che dietro quei freddi dati relativi nuovi contagiati e deceduti con Covid-19 vi sono degli esseri umani. Una moltitudine di uomini e donne: ciascuno con la propria vita, sentimenti e persone care in ansia per loro o che ne piangono la scomparsa. Nell'ovvia impossibilità di raccontare singolarmente la storia di ciascuno di essi, oggi vogliamo accentrare l'attenzione sull'ex pallavolista Davide Giannitrapani e sulla sua famiglia.

Torinese – giocatore di pallavolo professionista dal 1995 al 2011, con esperienza anche in A1, e successivamente allenatore di team della serie B1 maschile tra Asti e Alba – Davide si è stabilito ad Asti, dove fa parte dello staff di una associazione sportiva. L’odissea sanitaria che lo ha visto coinvolto insieme ai genitori, residenti a Vinovo, è iniziata sul finire del 2019, quando suo padre è stato operato d’urgenza alla vigilia di Natale e nei mesi successivi ha dovuto tornare più volte in ospedali e case di cura per una serie di patologie correlate alla sua malattia.

Il 5 marzo scorso, un medico dell’ospedale Molinette ha comunicato alla famiglia che il suo compagno di stanza – un ottantenne da alcuni giorni ricoverato per un’apparentemente banale influenza, che insieme alla moglie aveva omesso di dire ai medici di aver fatto visita al figlio che lavora nella “zona rossa” del Lodigiano – era risultato positivo al Covid-19. Pertanto nei giorni successivi Andrea Giannitrapani è stato sottoposto a due tamponi, entrambi negativi, e spostato di reparto perché, nel frattempo, l’emergenza coronavirus si stava facendo pressante anche in Piemonte e pertanto servivano letti liberi.

IL RITORNO A CASA E LA MALATTIA DELLA MAMMA

“A quel punto – spiega Davide – i sanitari hanno deciso di rimandarlo a casa in taxi, nonostante le sue precarie condizioni di salute e il fatto che fosse ancora in quarantena. Dopo qualche giorno a casa, domenica 22 marzo mia madre, già debilitata da una grave depressione in seguito alla quale non usciva pressoché mai di casa, ha iniziato ad avere febbre intermittente”Visto l’iniziale rifiuto della donna a farsi ricoverare, è rimasta in degenza a casa a fronte di condizioni che stavano peggiorando di giorno in giorno.

“Mio padre ha chiamato di nuovo l’ambulanza, ma la dottoressa che l’ha visitata e non l’ha ritenuta infetta ci ha detto che la decisione sul farla ospedalizzare o meno spettava a noi e che comunque, presentando alcuni sintomi compatibili, sarebbe stata ricoverata nel reparto Covid, con il rischio di prendere lì l’infezione se non già presente. Abbiamo deciso di tenerla a casa, dove è rimasta fino alla notte tra venerdì 3 e sabato 4 aprile, quando le sue condizioni sono ulteriormente peggiorate ed è stata ricoverata. Il sabato mi hanno telefonato dall’ospedale dicendomi che era risultata positiva al coronavirus e domenica 5 aprile, 13 giorni dopo la comparsa dei primi sintomi, è purtroppo mancata. L’ultima volta che l’ho vista, di striscio, è quando stava entrando nell’ambulanza”.

L'ODISSEA PER I TAMPONI

“Vista la situazione – con mio padre che, non volendo lasciare la sua casa, è rimasto solo con la badante – speravo che ci facessero subito i tamponi per capire da chi era stata infettata mia madre, perché non uscendo da casa lei aveva contatti solo con mio padre, la badante e con me quando li andavo a trovare. Invece, dopo che ci avevano contattati il giorno in cui è mancata mia madre, c’è stata l’indifferenza più totale. Siamo riusciti a far fare il tampone a mio padre martedì 14, solo dopo aver fatto inviare dal nostro avvocato una lettera all’Asl di Nichelino nella quale abbiamo ribadito lo stato di salute precario di mio padre e il diritto di ogni cittadino di venir curato, ma non sappiamo ancora gli esiti”. “Io ho fatto il tampone giovedì mattina e ora sono seguito dall’USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), ma anche nel mio caso non sappiamo ancora nulla”.

“Quindi, a due settimane dalla morte di mia madre, ci ritrovo a non sapere ancora chi l’ha infettata tra me, mio padre e la badante e siamo tutti in quarantena domiciliare per evitare il rischio di diffondere ulteriormente il virus. Io e la mia compagna siamo qui ad Asti, mio padre e la badante a Vinovo”.

“Ma quello che mi fa più arrabbiare – conclude Davide – è che guardando il telegiornale capita di sentire che la moglie asintomatica di questo o quel calciatore è positiva al coronavirus, quindi per loro i tamponi si trovano, mentre per tutti gli altri asintomatici i tamponi vengono fatti con il contagocce perché dicono manchino i reagenti. Però, se non sono in grado di individuarli, come possono contenere il virus?”.

Nella foto qui sotto 
Davide Giannitrapani con la compagna e i genitori

Gabriele Massaro da Torinoggi.it

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