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Basket | 06 aprile 2025, 22:15

Cronache di spogliatoio. E quell'azione, sunto di una stagione

IL COMMENTO DI FABIO GANDINI - Varese-Cremona non è finita in campo, ma nel ventre turbato del Lino Oldrini, tra nervosismo, lacrime, tensione, confronti. Ma è al campo che bisogna tornare per capire: nell'errore di Mitrou-Long - in quel tiro preso in sprezzo al buon senso applicato al basket - Varese paga tutto quello che è avvenuto fin qui. Tutto.

"L'ufficio facce" di Masnago dice tutto: Sogolow, Kastritis e soprattutto Luis Scola (foto di Fabio Averna)

"L'ufficio facce" di Masnago dice tutto: Sogolow, Kastritis e soprattutto Luis Scola (foto di Fabio Averna)

In un momento così, con un finale così, prima del commento deve arrivare la cronaca.

Che racconta di come questa Varese-Cremona non si sia conclusa al 40’ (anzi al 45’), ma abbia avuto un epilogo quasi inevitabile nel ventre turbato del Lino Oldrini, pregno di una tensione che ha incontrato pochi argini nel suo deflusso. 

Chi c’era ci racconta di un uomo solo che consuma le suole delle scarpe facendo avanti e indietro per i corridoi, devastato dal risultato e da come è maturato, dall’abisso in classifica che ora si apre sotto la sua società, dagli insulti appena ricevuti, dall’aver visto uno dei propri figli - che quegli insulti li ha uditi perfettamente - uscire in lacrime dal campo. 

Alla sua prima partita da professionista.

E chi c’era racconta di urla provenienti dagli spogliatoi, percepite da tutti i giornalisti presenti  in loco per la conferenza stampa, tali da spingere uno dei gm a correre fuori dalla sala stampa per cercare di capire cosa stesse succedendo.

E racconta di un poliziotto che si infila di corsa nel tunnel, e di un tifo organizzato che preme alle porte, chiedendo un confronto che poi ottiene, in una tensione che le parole cercano almeno di contenere. 

State con noi o contro di noi?

È il fondo. Un altro fondo, un altro tumulto di San Martino dopo quello avvenuto nella domenica della “caccia a Mandole”, nell’ultima recita argentina prima delle dimissioni. Cosa succederà ora?

La verità è che ora non c’è più tempo. Aprile, nel basket giocato, è il mese in cui le parole non contano più, al pari delle decisioni tardive, dei cambi di direzione, delle speranze.

Aprile è il mese in cui contano i fatti, in cui le azioni sono l’unico elemento che finisce nello script che sceneggia il film.

E allora il tiro sbagliato da Elijah Mitrou-Long a 35” dal termine - sul +4 (che poco prima - a 53” dalla sirena - era un +7), goffamente eseguito (era peraltro facilissimo da realizzare…) senza nemmeno considerare la possibilità di tenere il possesso e lasciar così trascorrere i secondi, “ammazzando” in tal modo e con la complicità del cronometro le velleitarie chance di rimonta Vanoli - è il simbolo di tutto ciò che ci ha portato al qui e ora, ovvero alla “vista” sul desolante panorama della retrocessione.

Quest’errore, questa decisione tecnica che va in sprezzo anche di un minimo di buonsenso applicato alla pallacanestro, è il riassunto di una stagione, di tutti gli errori commessi, di tutte le stranezze fatte passare per normalità, di tutte le domeniche trascorse da cicala invece che da formica, di tutti i cambi di roster che hanno reso questa squadra un ibrido tecnico che ora prova a lottare, ma che non sa quasi più vincere.

Perché non lo ha mai davvero saputo.

Perché è nata sbagliata e sbagliata morirà, cadendo nel burrone o trovando (e ce lo auguriamo con tutto il nostro cuore) il modo di scrivere un finale che in questo momento tuttavia non giureremmo esista nella mente del dio del basket, visti certi segnali.

Fabio Gandini


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