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Cronaca | 09 maggio 2024, 15:35

Le coltellate, il sangue, le urla: la terribile ricostruzione dell'agguato di via Menotti. Manfrinati in lacrime: «Vorrei chiedere scusa a Lavinia»

Le testimonianze raccolte dagli inquirenti dopo l'aggressione evidenziano la furia con cui l'ex avvocato bustocco ha colpito prima Lavinia Limido e poi mortalmente l'ex suocero. Manfrinati ha detto al giudice di non essere andato dall'ex moglie per ucciderla ma solo per poter rivedere il figlio e di essersi difeso da Fabio Limido. La sua ricostruzione è però in contrasto con quanto riferito da chi ha assistito alla scena

Le coltellate, il sangue, le urla: la terribile ricostruzione dell'agguato di via Menotti. Manfrinati in lacrime: «Vorrei chiedere scusa a Lavinia»

Cieca violenza e dolore. È quello che emerge dalla ricostruzione dell'omicidio di Fabio Limido, ucciso lunedì mattina dall'ex cognato Marco Manfrinati in via Menotti a Varese dopo che l'uomo era sceso in strada per difendere la figlia colpita con vari fendenti al volto e al collo dalla furia dell'ex marito, arrivato armato di un coltello lungo 23 centimetri di cui 10 di lama.

È agghiacciante il racconto di quei drammatici minuti vissuti poco dopo mezzogiorno e mezzo in questa tranquilla via residenziale di Casbeno, racconto che emerge dalle parole dei testimoni e dello stesso Manfrinati che ha incontrato il gip Alessandro Chionna ieri in carcere ai Miogni. Una ricostruzione scioccante, contenuta nell'ordinanza di convalida dell'arresto e della custodia cautelare in carcere.

Secondo quanto contenuto nell'ordinanza, Manfrinati ha atteso Lavinia all'uscita per la pausa pranzo dello studio dove la giovane lavorava con il padre. L'uomo è sceso dall'auto nella quale stava aspettando l'ex moglie e si è avvicinato a lei repentinamente, qualcuno ha sentito la donna urlare e chiedere aiuto prima che Manfrinati, con il volto coperto da una mascherina e un cappellino, si avventasse su di lei e iniziasse a colpirla. Lavinia è caduta a terra tentando di rialzarsi, ma l'ex avvocato di Busto Arsizio l'ha trattenuta al suolo tirandola per i capelli e ha iniziato a colpirla al collo e al volto. Numerosi fendenti, secondo i testimoni, inferti rapidamente senza dare l'impressione di voler fermarsi. 

A quel punto - continua la ricostruzione - Fabio Limido, per difendere la figlia, è sceso in strada brandendo una mazza da golf e colpendo l'auto sulla quale Manfrinati era salito.

Qui la ricostruzione diverge: secondo i testimoni Limido ha perso l'equilibrio ed è caduto in un'aiuola, mentre l'aggressore cercava di allontanarsi ma non riuscendoci ha fatto più volte avanti e indietro con la macchina tentando di investire le persone ma finendo contro altri veicoli in sosta. In quel momento l'auto ha smesso di funzionare e Manfrinati è sceso e, sempre secondo il racconto fornito agli investigatori, si è avventato sull'ex suocero che si trovava a terra colpendolo ripetutamente con il coltello. 

Secondo invece quanto riferito dal quarantenne bustocco davanti al magistrato la sua intenzione era quella di andare a costituirsi dopo essersi reso conto «di aver fatto una cazzata», ma è stato raggiunto e colpito con una mazza da golf dell'ex suocero. Da qui la colluttazione durante la quale Manfrinati ha accoltellato il geologo settantunenne con fendenti risultati poi fatali, raggiungendolo al collo «due, tre volte».

Nell'interrogatorio svoltosi ai Miogni durante il racconto dell'aggressione Manfrinati è scoppiato a piangere dicendo di non essersi recato in via Menotti per uccidere Lavinia ma perché «sentivo molto la mancanza di mio figlio e volevo recarmi da Lavinia per farla ragionare». L'uomo, che nella ricostruzione dei suoi spostamenti effettuata dagli inquirenti si sarebbe recato prima davanti all'abitazione della ex, asserisce di aver portato il coltello con sé per difendersi in quanto la famiglia di Lavinia «lo odiava» e temendo che potesse fargli del male. Sempre tra le lacrime, il quarantenne ha anche detto di voler chiedere scusa all'ex moglie.

La sua versione è risultata in più punti smentita dalle testimonianze e dalle risultanze investigative. Per questo motivo, sussistendo gravi indizi di colpevolezza emersi nei suoi confronti, il giudice ha convalidato la custodia cautelare in carcere contestandogli la premeditazione e i futili e abbietti motivi. 

In contraddizione con le dichiarazioni di Manfrinati, anche il fatto che abbia colpito con un'arma letale Lavinia in zone vitali e abbia fatto lo stesso poi con Fabio Limido. Inoltre ad aggravare la sua posizione quanto riferito da Marta Criscuolo, moglie di Fabio Limido, e anche udito da numerosi testimoni poco dopo l'arrivo dei soccorsi, ovvero le parole pronunciate davanti all'ex suocera quando Manfrinati, dall'auto della polizia, l'ha insultata e le ha beffardamente chiesto come stesse suo marito, mentre l'uomo a pochi metri di distanza lottava per la vita e i sanitari stavano tentando di rianimarlo. Operazioni purtroppo inutili: Fabio Limido sarà dichiarato morto poco dopo. E poi ci sono quelle parole, pronunciate davanti agli agenti che lo portavano via: «Giustizia è fatta, ora sto bene».

Redazione

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