E così, dopo due giorni, si viene a sapere per interposta persona che tappezzare vie e strade di Varese con migliaia di volantini raffiguranti il volto di un ragazzo (leggi QUI) è stata una performance cosiddetta artistica. La non motivazione e l'assenza del nome dell'autore si commentano da sole e meriterebbero una scrollata di testa, un bel tacer e un punto o, meglio, un punto e virgola, vista l'incompletezza della triste vicenda.
Triste perché la città è di tutti e non di un presunto artista che si alza una mattina e si mette a ricoprirla di fogli di carta che non lasciano nulla se non preoccupazione perché anche i volantini o i manifesti hanno una dignità e una finalità, quindi chi è dotato di un minimo buon senso è portato a pensare a una persona scomparsa o ricordata perché vittima di qualche ingiustizia, e trovandoseli di fronte ovunque, dallo stadio a piazza Repubblica, dalle scuole alla zona pedonale, non può nemmeno voltarsi dall'altra parte o non chiedersi perché.
Arte? Quale messaggio, emozione, creatività e linguaggio è stato mai espresso da migliaia di manifesti con un volto, peraltro, anonimo?
Performance? Se si può definire performance vagare di notte e all'alba ad appiccicare furiosamente fogli a tutto ciò che capita a tiro...
Questa "performance artistica", che a noi pare una stupidata, ci fa rimpiangere i tempi in cui in corso Matteotti comparivano sotto i portici le locandine delle trasferte di calcio e basket dove c'era scritto "Tutti a Como" oppure "Tutti a Cantù": almeno avevano uno scopo.
Se però all'"artista" in questione si è accesa una tal lampadina e il sacro fuoco della performance, sarebbe bastato che tappezzasse muri e facciate di casa sua: avremmo almeno saputo nome e cognome di cotanto "capolavoro".
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