Tutti noi abbiamo una passione.
Chi lo sport, chi la cucina, chi le auto. Eppure, non a tutti viene in mente di trasformare una racchetta da tennis, una pentola, una macchina e proporne una versione “aggiornata”.
Fino a Eugenio Amos.
Classe 1985, oggi il nome di Eugenio è legato in modo indissolubile a un progetto avviato nel 2016: «L’auto che mi ha fatto innamorare del motorsport era la Lancia Delta Integrale, un mito, un’icona negli anni Ottanta, per me aveva un non so che di speciale, la Lancia all’inizio era considerata l’auto di famiglia, poi è diventata da rally. Così, ho parlato con l’amico Carlo Borromeo e, insieme, abbiamo deciso di cavalcare un trend che stava nascendo, il Restomod, un termine inglese che unisce i due termini restauration e modification, ovvero restauro non conservativo, avevano già fatto alcuni progetti la Singer su base Porche e la AlfaHolics su base Alfa Romeo».
Insomma, quello che Eugenio ha fatto, il primo passo di un percorso che lo avrebbe portato a fondare la propria realtà, Automobili Amos, è stato prendere un’auto – anzi, l’Auto – e aggiornarla per renderla più adeguata agli standard estetici e meccanici contemporanei.
«Abbiamo creato una versione Futurista della Delta. Non l’abbiamo stravolta, solo aggiornata, l’idea era che dovessero riconoscere le differenze solo i veri appassionati, solo gli occhi degli esperti. A livello estetico, abbiamo integrato solo pochi accorgimenti, ma mirati, soprattutto con l’intento di svecchiarla, come la sostituzione del gruppo ottico anteriore e posteriore con una matrice a led, non c’è più la luce gialla. Per quanto riguarda la meccanica, i motori degli anni Ottanta e Novanta risentivano del turbo lag, ovvero un ritardo nell’accelerazione, i nostri invece hanno una risposta più pronta anche a giri motore più bassi, quando schiacci sull’acceleratore la macchina risponde subito, è molto più fluida».
Auto da corsa o oggetto da collezione?
Nelle parole di Eugenio, nonostante siano trascorsi ormai alcuni anni da quel momento, emerge ancora tutto l’entusiasmo di chi si rende conto che la sua passione ha preso una forma ben definita e, non solo, può essere condivisa con tanti altri appassionati, «il potenziale fruitore delle mie Delta è l’esperto collezionista, una persona che possiede già altre auto ma vuole anche quella, una “chicca”, un vero e proprio oggetto d’arte che non per forza deve essere utilizzato nella quotidianità. C’è poi anche una versione safarista, la naturale evoluzione più estrema, che strizza l’occhio alle competizioni, con roll bar, cambio sequenziale e altri accorgimenti tecnici che la fanno sembrare più un’auto da rally che una con cui andare a fare la spesa», racconta sorridendo.
A rendere la Futurista ancora più speciale, è il numero di pezzi prodotti: 23.
«Non abbiamo una sede fisica, la costruzione delle auto è stata affidata alla Podium Advanced Technology a Pont-Saint-Martin, Valle d’Aosta. Ho conosciuto questa realtà per lavoro, tra i fondatori c’è Luca Ciancetti, un varesino come me, oltre ad essere una tra le aziende europee in costante crescita. Lì si sono occupati della costruzione del primo prototipo e della linea produttiva, oltre all’ingegneria delle prime 2 auto. Allora mi occupavo di costruzioni edilizie, mi sono reso conto di quante somiglianze ci fossero tra costruire una casa e un’auto, per entrambe ci vogliono un ingegnere, una parte tecnica e una stilistica».
Perché non provarci, quindi? Perché non provare a “costruire” a progettare un’auto come si fa con una casa, partendo dalle fondamenta, da ciò che già esiste e, soprattutto, va rispettato, «per me la passione e il rispetto sono i cardini della mia attività, sarebbe stato arrogante pensare di rivoluzionare un progetto già iconico e speciale, abbiamo solo provato a ragionare come i designer di allora ma con un piglio moderno, per dare una nuova vita alla Delta. Il rispetto è anche nei confronti del cliente, sono responsabile di ciò che offro. Al tempo stesso, se in generale nel motorsport non hai passione, molli dopo pochi giorni, è un gran dispendio di soldi ed energie».
Una professione, una passione
Se Eugenio Amos parla di motori come la sua passione, in realtà la sua famiglia ne aveva fatta una professione: «Il mio bisnonno, mio nonno e mio papà avevano un’azienda di utensili da lavoro a Gemonio, la USAG, che sponsorizzava tanti team di Formula 1, Campionati Off Shore e altre competizioni. Io non ho mai lavorato in azienda, è stata venduta nel 1992, io avevo 7 anni, non mi ci sono mai identificato ma di certo la passione per il motorsport è nata lì».
Perché prima ancora di aver progettato la Futurista, Eugenio è un pilota.
«La mia prima gara fu un Rally dei Laghi, circa 20 anni fa. Avevo corso con una Citroen Saxo del gruppo N, non ho molti ricordi, solo che ero molto felice. Allora le gare erano un paio ogni anno, ora correre è diventato quasi un lavoro, negli anni questo mondo è cambiato tanto. Continuo a correre, la passione è aumentata nel tempo, sono riuscito a farla diventare quasi professione, devo comunque trovare gli sponsor per correre, ma il livello e le categorie sono quelle di piloti che vengono pagati per partecipare, dà molta soddisfazione, è uno stimolo costante per migliorare».
Le strade future, con l’invito a non arrendersi
Dal passato al futuro, Eugenio ha già pianificato il suo 2024: «Come l’anno scorso, avrei dovuto rifare il mondiale Cross Country e la Dakar 2025, ma ho distrutto la macchina l’ultimo giorno della Dakar 2024, quindi farò solo altre tre gare, il Rally Raid Transiberico tra Portogallo e Spagna, Il Rally argentino Desafìo Ruta 40 e il Rally del Marocco».
Per il momento, quindi, il pilota pensa a salire in auto e percorrere le strade del mondo. In futuro, ci sarà un’altra Restomod? «Penso di no, ora stiamo lavorando ad altri progetti più legati alle competizioni rallystiche. Quello che mi piacerebbe dire a chiunque abbia un sogno o un desiderio in generale, a prescindere dal motorsport, è di impegnarsi tanto, non arrendersi davanti alle difficoltà e crederci sempre, che prima o poi il risultato arriva», ha concluso Eugenio.
Parole semplici ma potenti, che ripercorrono tutta la sua storia e che nascondo un messaggio importante, che ogni persona, che sia un pilota, un imprenditore o un ragazzo che guarda le auto da corsa e sogna di averne una, deve sempre ricordare. Un consiglio che, possiamo vederlo, Eugenio ha saputo mettere in pratica, con tanta pazienza, sacrifici e, soprattutto, impegno e passione.