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Opinioni | 25 dicembre 2023, 09:05

L'EDITORIALE DI MARCO DAL FIOR. Chiudere buche e cantieri? Prima Varese ritrovi educazione e tolleranza: trattiamola con cura e amore, come se fosse casa nostra

L'augurio di Natale che facciamo alla nostra città è che qui torni di casa quel minimo di sopportazione che consente di cedere un po’ dei tuoi diritti in cambio di quelli di tutti. Come riuscirci? Insegnando ai nostri figli e nipoti a rispettare gli altri, a non pretendere tutto e subito, a darsi da fare per ripulire i marciapiedi se qualche incivile li sporca. Sarebbe per loro il regalo più bello

L'EDITORIALE DI MARCO DAL FIOR. Chiudere buche e cantieri? Prima Varese ritrovi educazione e tolleranza: trattiamola con cura e amore, come se fosse casa nostra

“I vecchi subiscono l’ingiuria degli anni, non sanno distinguere il vero dai sogni” sosteneva Francesco Guccini, quando, poco più che trentenne, scriveva “Il vecchio e il bambino”. Gli anni sono passati anche per il cantastorie di Pavana e adesso che nella situazione di “vecchio” a sguazzarci è lui, probabilmente, avrà cambiato idea sulla terza età. Che non fa fatica a distinguere tra realtà e fantasia. Fa fatica ad accettarla la realtà, così lontana e diversa da quella nella quale si è cresciuti.

Prendiamo il Natale, ad esempio. Era un festival di mandarini appesi all’albero, di profumo di bollito, ravioli e mostarda. Salmone, gamberetti, paté erano roba da altre latitudini e altri portafogli. I doni da scartare erano pochi anche per i bambini, secondo la logica del “quello che vuoi te lo devi guadagnare”, i regali nella vita non aspettarteli, non te li farà nessuno. Filosofia un po’ calvinista, molto lombarda, tenacemente prealpina. Il consumismo l’ha annientata. E ha bruciato anche il Natale.

A gennaio con il Falò di Sant’Antonio si incenerisce l’inverno, a Natale si brucia la tredicesima. E in quel turbinio di luci e banconote scompare il significato della festa. Che, per chi ha il dono della Fede, è il simbolo della speranza, del Dio che si fa uomo per venire a stare in mezzo a noi, scegliendo i più poveri, i più derelitti. E indicandoci la strada: è con loro e per loro che costruisci la tua felicità. Altrimenti è solo egoismo, magari ammantato di belle parole e di Pandoro solidali, ma vuoto nel suo significato.

Fa impressione pensare alla notte di Betlemme in questi giorni, quando invece della stella cometa sui cieli palestinesi sfrecciano razzi incrociati. Ma anche allora, con quel tipaccio di Erode, non dovevano essere rose e fiori.

Anche chi non crede subisce il fascino del Natale e delle sue tradizioni. Del richiamo prepotente degli affetti familiari, del clima un po’ mieloso di questi giorni, degli auguri che arrivano anche da perfetti sconosciuti. In questo bailamme di percezioni “distinguere il vero dai sogni” o, meglio, i sogni realizzabili dalle utopie diventa un esercizio da trapezisti.

Ma è Natale e in fondo si torna tutti un po’ bambini. E quindi cosa augurare a Varese e al suo territorio? Potremmo provare a sollevarci dal consumismo, anche politico, e volare un filo più alti, lasciando perdere i desideri più scontati (la fine dei cantieri, le buche rattoppate, il traffico che cammina, la convivenza pacifica tra chi vuole divertirsi e chi vuole andare a nanna, e via fantasticando) per avventurarci in fantasie più difficili da realizzare, ma probabilmente molto più importanti. Ad esempio augurarci che anche a Varese torni di casa la tolleranza, quel minimo di sopportazione che consente di cedere un po’ dei tuoi diritti in cambio di quelli di tutti, che non fa sbroccare ogniqualvolta qualcuno si mette di traverso sulla tua strada o semplicemente non ti dà ragione. 

Vorrebbe dire fine delle aggressioni a medici e professori, basta risse in centro, riunioni di condominio pacifiche come un sinodo di vescovi, azzeramento delle lotte per i posteggi. Ma esiste una polverina magica che, sparsa sui tetti delle nostre case, riesce a trasformare gli affamati di diritti in sacerdoti dei doveri?

Esiste e si chiama educazione. Quella che troppo spesso si appalta alla sola istituzione scolastica, dimenticandosi che è quello che vivi in casa la vera grammatica della vita.

Quindi a Natale facciamo un bel regalo ai nostri figli e nipoti: insegniamo loro a rispettare gli altri, a non pretendere tutto e subito, a darsi da fare per ripulire i marciapiedi se qualche incivile li sporca. Non è in fondo quello che facciamo nelle nostre case? E Varese non è casa nostra? Magari così la città giardino tornerà a fiorire.

Marco Dal Fior

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