È in libreria a Gavirate, per le Edizioni Menta e Rosmarino, un calendario 2024 che potremmo definire “d’autore”. Partecipano alla realizzazione quattro prestigiosi incisori e dodici personaggi molto noti in ambito locale.
Si tratta di un inno ai boschi del nostro territorio come recita il titolo: “I boschi. Le nostre Cattedrali”. A illustrare le emozioni che il bosco fornisce sono chiamati gli incisori: Giovanni Barbisan, Livio Ceschin, Federica Galli e Agostino Zaliani.
Le immagini da loro proposte sono descritte dal piglio poetico di Dino Azzalin, Giambattista Aricocchi, Sara Boldetti, Nuccia Cassarà, Mario Chiodetti, Silvano Colombo, Maria Grazia Ferraris, Maurizio Lucchi, Federica Lucchini, Romano Oldrini e Alberto Palazzi.
Ecco che allora Romano Oldrini sente nel bosco una voce orchestrale: “[..] La brezza stavolta mi era ritornata accompagnata da alcune note conosciute - era l'adagio di Albinoni – [..] e il bosco che mi rispondeva, il corpo orchestrale che rispondeva al suo direttore. E così per tutta la notte. E così per altre notti, cento, mille notti, in un costante, lieve, sciabordio di piccoli rumori, di leggere consonanze, a comporre, ridisegnare, affidare al destino la vera sinfonia della vita”.
Oppure Maria Grazia Ferraris che coglie “[..] il silenzio del bosco e trovo risposta a mille domande sotto questo cielo di pure convergenze … Un andare in salita, in verticale, tra suoni conosciuti e silenzi immoti, incantati, monologando nella luce colorata, che svaria e i colori che si fondono e confondono. Canto fra me di remote estati, coi suoi amari rododendri”.
Ancora Dino Azzalin vede nel bosco una metafora della vita: “[..] La vita è questo bosco intricato dove non c è differenza tra i rami furiosi e le radici silenziose; fanno tutt’uno con linfa e luce, e solo le foglie sanno dire al vento le parole del giorno”.
Federica Lucchini invece lo ritiene una farmacia dell’anima: “[..] che conserva nel suo nome il ricordo dei fiori, mentre la sua anima, oltre la bellezza, è stata sinonimo di terra feconda”. Maurizio Lucchi rimpiange il bosco che viveva da bambino: “[..] avrà mai segreti luoghi a me riservati, salvatisi al riparo dal tempo e dalle ingiurie umane?”.
Questi e altri a farne un quadretto foriero di Buone Nuove.