L’atteggiamento pare l’unico aspetto oggettivo sul quale intavolare una mezza discussione questa sera.
Le altre non sembrano alternative credibili e non perché in questa Varese triturata al PalaDozza non ci siano questioni tecniche da valutare, sviscerare e si spera risolvere: è che la Virtus, quando fa la Virtus, rende tutto fuori scala.
E allora quello che oggi suona come tragico e inservibile, domani lo potrà essere molto meno: nonostante tutto, nonostante dopo uno “spettacolo” del genere venga spontaneo pensarla come il Ginettaccio che correva sui pedali («… gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare…») bisogna prendersi ancora del tempo per battezzare la nuova Openjobmetis. E, lo stesso tempo, bisogna concederlo, a chi gioca e a chi allena.
Il modo di andare e stare in campo, invece, è una variabile cruda, lampante, immediatamente apprezzabile, immediatamente valutabile. E la Varese di Bologna è stata da zero in condotta, arrendevole, deludente, completamente inadeguata.
Certe partite le perdi prima ancora di entrare in campo: contro squadre che tirano come Bologna, fanno girare la palla come la fa girare Bologna, sono in-giocabili in tutti i singoli duelli come Bologna, hanno campioni come Bologna (viva Marco Belinelli, a proposito…), non è lecito avere grandi speranze, ancor meno se sei un cantiere in corso. Ma se ne prendi 31 è perché non hai avuto nemmeno un minimo di cattiveria agonistica. Se ne becchi 115 è perché non hai avuto alcun amor proprio. Se lasci 13 rimbalzi offensivi, significa che invece di lottare hai guardato. Se subisci 34 punti nell’ultimo quarto e crolli, facendoti umiliare invece di sputare sangue fino al 40esimo, non meriti alcuna scusante.
Willie Cauley-Stein è purtroppo il volto di questa Varese da incubo, perché incarna quanto più infastidisce: potrei ma non voglio. Il centrone va avvisato: questa non è l’NBA… Qui gli avversari vanno tagliati fuori un’azione sì e l’altra pure, il piccolo va seguito anche quando il compagno se lo perde per strada e i rimbalzi bisogna aver fame per prenderli anche quando non cadono in mano.
L’immagine odierna di quello che continuiamo a considerare un potenziale crack per questo campionato ha la testa china, la camminata molle, il volto triste. E la disattenzione e la mancanza di grinta come canovaccio esistenziale sul parquet.
Non è solo colpa sua: oggi, in centro alla Dotta, non si è salvato nessuno. E - aggiungiamo - non si può citare Cauley-Stein senza menzionare il fatto che in attacco veda troppi pochi palloni e in una difesa che cambia sempre sia perennemente fuori posizione.
Tutto - o quasi - si può modificare: si parta dalla testa, ci si tolga le ciabatte e ci si metta le scarpe.