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Calcio | 14 luglio 2023, 07:04

Il Betti torna alle origini: «Ho scelto l'Accademia Varese perché è una scuola di calcio e di vita. E vorrei far coronare un sogno a questi ragazzi»

Stefano Bettinelli e i suoi giovani, il suo calcio, la sua vita: «Ho avuto la fortuna di incontrare persone competenti calcisticamente e umanamente come Bruno Limido e Angelo Bruno... e rieccomi biancorosso. Oggi per i ragazzi è un momento complesso: li vogliono capaci e con esperienza ma capite il controsenso... se sono giovani, come possono avere una comprovata esperienza?»

Il Betti, di spalle, accanto ad Angelo Bruno, direttore dell'Accademia Varese, e a Bruno Limido, anima del club giovanile insieme a Sean Sogliano, che abbraccia e scherza con un ragazzino

Il Betti, di spalle, accanto ad Angelo Bruno, direttore dell'Accademia Varese, e a Bruno Limido, anima del club giovanile insieme a Sean Sogliano, che abbraccia e scherza con un ragazzino

Né luoghi comuni («Oggi per i ragazzi è un momento complesso: si cercano giovani, capaci e con esperienza ma capite il controsenso... se sono giovani, come possono avere una comprovata esperienza?»), né frasi fatte: «Esistono due categorie di allenatori. La prima: coloro che ambiscono ad allenare prime squadre e ottenere risultati immediati. E la seconda: gli allenatori che lavorano per realizzare i sogni del gruppo di persone che gestiscono. Io preferisco far parte di questa...». Stefano Bettinelli, classe 1962, ex centrocampista ed allenatore scopritore di talenti ma, soprattutto, di sogni parla della sua nuova avventura all'Accademia Varese di Sean Sogliano, di cui è diventato responsabile tecnico del settore giovanile. 

Il Betti calciatore, milanese d'origine, inizia da ragazzo nella formazione giovanile meneghina della Vercellese 1926, per poi arrivare nel settore giovanile del Bosto, prima di passare al vivaio del Varese dove compie tutta la trafila sino ad arrivare alla Primavera. Va poi a giocare per cinque stagioni consecutive in Svizzera nel Mendrisio. Ritorna in Italia, dopo aver giocato in alcune società del Varesotto, abbandona il calcio giocato e per un decennio apre un negozio di foto e video, prima di iniziare casualmente la carriera di allenatore.

Stefani Bettinelli, come è iniziata l'avventura da mister?
Andavo a portare mio figlio ad allenarsi al Gazzada Schianno e mai più pensavo di tornare nel mondo del calcio. Poi, un giorno, i giovanissimi dove mio figlio giocava sono rimasti senza allenatore, così mi chiesero se volevo guidare la squadra che disputava il campionato provinciale. Due anni dopo passo al Varese dove alleno la squadra Berretti, quindi gli allievi nazionali e, nel 2008-2009, collaboro come vice allenatore con un grande maestro come Gedeone Carmignani, prima di fare la stessa cosa con Beppe Sannino. Così, dal Gazzada arrivo alla Primavera biancorossa e alla serie B, di cui tuttora ho meravigliosi ricordi e dove ho avuto il modo di conoscere e collaborare con persone eccezionali e di grande spessore sia nel mondo del calcio che della comunicazione. Dopo una breve parentesi alla Varesina, torno in Svizzera nel Mendrisio e nel Malcantone.

E adesso ecco l'Accademia Varese, di cui è responsabile tecnico del settore giovanile: come ci è arrivato?
Un giorno fuori dallo stadio trovo Bruno Limido ed Angelo Bruno, il direttore dell'Accademia, con cui iniziamo a parlare di giovani, vivaio e del progetto di Sean Sogliano. Quando si ha la fortuna di incrociare persone competenti calcisticamente ed umanamente, si entra subito in sintonia. Ho sempre avuto il pallino di fare crescere i giovani e dare loro fiducia, ho visto tutto questo nell'Accademia ed eccomi qui.

Una nuova avventura biancorossa...
Più che avventura direi esperienza. L'Accademia coinvolge ragazzini a cui insegna la tecnica calcistica e con cui disputa i campionati giovanili, è una bella scuola di calcio e di vita. Quest’anno erano circa 270 gli iscritti, ed alcuni di loro hanno fatto provini in diverse società come Verona, Albinoleffe, Inter, Como, Cosenza, Pro Patria. Io ho sposato appieno questo progetto perché la grande missione di settore giovanile e scuola calcio è quella di provare a far coronare i sogni di tutti i ragazzini di giocare ad alti livelli, insegnando oltre la tecnica e la tattica anche l’educazione e l'impegno, formando il carattere. Lo sport è una palestra per la vita da adulti e ti insegna che se vuoi arrivare a certi risultati, ci vuole impegno e sacrificio.

Mister, che compito avrà nell'Accademia?
Sarò responsabile del settore agonistico, ma quando si lavora in un gruppo di persone competenti e che hanno ben chiari gli obiettivi, le singole competenze vanno a favore del gruppo di lavoro per raggiungere i risultati.

Tra i giovani che ha fatto crescere vuole citarne qualcuno?
Niente nomi perché non voglio dimenticare qualcuno e fargli torto. Posso aggiungere che sono tuttora in contatto con molti di loro, che mi chiamano per consigli, suggerimenti o, semplicemente, per salutarmi o per comunicarmi qualche lieta notizia che riguarda la loro vita privata e familiare.

Che caratteristiche deve avere un allenatore per far emergere i giovani?
Oggi per i ragazzi è un momento complesso: si cercano giovani, capaci e con esperienza ma capite il controsenso... se sono giovani, come possono avere una comprovata esperienza? Quello che è necessario subito capire è se ci sono la volontà e la grinta di arrivare a raggiungere un obiettivo. Poi, nel caso specifico del calcio, esistono a mio avviso due tipologie di allenatori. La prima: coloro che ambiscono ad allenare prime squadre e ottenere risultati immediati. E la seconda: gli allenatori che lavorano per realizzare i sogni del gruppo di persone che gestiscono. Io preferisco far parte della seconda categoria.

Parliamo della sua esperienza nel calcio svizzero.
Prendo in prestito una metafora di Arrigo Sacchi, che in sintesi suona così: tra le cose meno importanti, in Italia il calcio è la cosa più importante. Viceversa, in Svizzera tra le cose meno importanti, il calcio è ancora meno importante fatto salvo che è seguito  e il livello si è alzato molto nelle principali categorie. Oltreconfine, però, le partite finiscono senza polemiche né battibecchi e, generalmente, con una grigliata tra tifosi e calciatori di entrambe le squadre. Teniamo presente che parliamo di dilettanti che si allenano dopo una giornata lavorativa mettendoci passione, impegno e voglia di ottenere risultati.

Una sua impressione sul Città di Varese?
Che devo dire... mi auguro che presto la meravigliosa tifoseria biancorossa abbia una squadra competitiva che crei entusiasmo e voglia di partecipazione perché un tifoso si appassiona se ci sono risultati e competitività.

A lei la conclusione, mister...
...la vita è strana e, come dice spesso l’amico Sannino, è tutto scritto. Pensate che ho iniziato per caso ad allenare, poi mio figlio ha smesso di giocare perché non riusciva a conciliare il pallone con studio e lavoro, e io ho continuato.... Cosa mai mi riserverà il futuro non so, però da qualche parte è già tutto segnato sul libro della vita. Un abbraccio.

Claudio Ferretti


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