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Lettere | 21 febbraio 2023, 11:03

LA LETTERA. «Il Carnevale "statico" di Varese e i festeggiamenti non ambrosiani, c'è qualcosa che non va»

Un nostro lettore ci invia una riflessione sulle sfilate e cortei in maschera di quest'anno in provincia di Varese: «Che i carri non possano sfilare è una problematica tutta varesina. Fermiamo il declino del Carnevale ambrosiano che ha date diverse da quello Romano, se no si perde il senso di una delle feste popolari più belle»

LA LETTERA. «Il Carnevale "statico" di Varese e i festeggiamenti non ambrosiani, c'è qualcosa che non va»

Marco un nostro lettore ci ha inviato una lettera con una riflessione sulla festa di Carnevale in provincia di Varese, in particolare quello del capoluogo, dove i carri allegorici sono rimasti fermi e quelli festeggiati nei vari Comuni, in date che poco hanno a che fare con la festa ambrosiana che precede la Quaresima. 

Di seguito la lettera di Marco:

«Vedo che a Varese si è inventato quest'anno un “nuovo Carnevale”, in versione statica. Una specie di contemplazione mistica dei carri forse, per incomprensibili ragioni di “sicurezza”. Ora, che i carri non possano sfilare è una problematica tutta varesina.

Senza andar a Viareggio, famosa per le sue sfilate di carri, abbiamo la vicina Oleggio nel novarese che propone ben tre sfilate di carri o il famoso Rabadan svizzero di Bellinzona dove perfino si paga per veder sfilare i carri.

Fare un carro per tenerlo fermo è pura umiliazione per chi ci ha lavorato. Se si chiamano carri è perché devono muoversi, incrociare la gente e farsi ammirare dinamicamente. Non so se i motivi reali siano legati a difficoltà organizzative o a problemi logistici, ma mi pare un pessimo scherzo il nuovo Carnevale varesino. 

Un passo indietro: il Carnevale ambrosiano si festeggia dopo rispetto agli altri per la diversità del nostro Rito rispetto a quello “romano”, che si usa in tutto il resto d'Europa. Il Rito ambrosiano nel VI secolo non si uniformò alla volontà del Papa d'estendere la liturgia romana ovunque e resistette anche alle riforme del Concilio di Trento nel XVI secolo. Ciò fu possibile perché la Diocesi di Milano aveva un'importanza storica inattaccabile nella Chiesa.

A Sant'Ambrogio dobbiamo l'inizio della Quaresima la domenica e non il mercoledì precedente, perché 40 siano i giorni di penitenza reali, comprese le domeniche, che invece sono escluse nel Rito romano. Proprio come avviene nel Rito ortodosso dell'Europa dell'est, con la “Grande Quaresima” che dura, al netto del calendario giuliano, 40 giorni continuativi. A testimonianza della maggior antichità del Rito ambrosiano rispetto a quello romano. 

Insomma un patrimonio storico collegato al significato del Carnevale, che termina esattamente il giorno prima della Quaresima, in una continuità dalle gioie sfrenate alla penitenza. Per dare all'uomo il tempo di distinguere le fasi della propria vita, dalla soddisfazione dei bisogni materiali fino al nutrimento spirituale. Il Carnevale senza la Quaresima non avrebbe il suo senso profondo e morale e il dialogo tra i periodi va tenuto strettamente collegato.

Questo “nuovo Carnevale” è invece una gran confusione. Vada un anticipo ma non lo strappo temporale. Più che la statica dei carri dovrebbe disturbare il declino del Carnevale nel suo senso ambrosiano, dato che l'unico grande evento ora è concentrato la domenica, ben prima del vero tempo carnevalesco.

Non era così fino al 2020, ma forse la pandemia ci ha proprio confusi. Con il rischio di perdere il senso stesso di una delle feste popolari più belle, spontanee e vitali, in un conformismo alle necessità pratiche della modernità, smaniosa di vuote novità prive del nutrimento delle sue radici».

Redazione

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