Gli storici tigli di piazza Mercato a Cuveglio sono stati abbattuti; il progetto di riqualificazione dell'area voluto dall'amministrazione comunale prosegue quindi è a nulla sono valse le firme raccolte dall'apposito comitato sorto in paese per opporsi all'abbattimento degli alberi.
Sull'argomento è intervenuto con una lettera aperta piena di sentimento ma anche di rabbia, Emanuele Mattana, regista cinematografico di Cuveglio.
Ve la proponiamo integralmente di seguito:
«10 febbraio.
Data di memoria storia.
Data di ricordo Nazionale.
Una data che non verrà dimenticata nemmeno dai cittadini di Cuveglio, quali testimoni della sorte di maestose piante, il cui loro triste destino è stato segnato dalla volontà di chi governa questa piccola valle immersa (una volta) nel verde, di eliminarle definitivamente.
Inutile stare ad elencare quante iniziative sono state promosse dai cittadini per evitare questo sterminio, quando è ben evidente che, nonostante mille segnalazioni anche circa i problemi legati al disagio urbano, nel centro storico del paese, o il problema alla rete idrica, in cui i rubinetti puzzano di cloro nelle nostre case, o i tombini in pessimo stato, l’amministrazione al completo ignora ogni qualsiasi segnalazione.
Promesse in campagna elettorale, come giusto che sia da chi si mette in competizione, ma poi il nulla assoluto.
Ma la responsabilità di aver essere arrivati ad abbattere questi alberi non è solo dell’attuale amministrazione comunale di Cuveglio. Ebbene no, non è solamente loro! Ma è anche di chi ha avuto il timore, ad esempio, di non esporsi firmando la petizione di raccolta firme che il sottoscritto propose su piattaforme riconosciute e dedicate presenti sul web, oltre un anno fa, o anche la più recente.
La responsabilità è anche di chi se la ride puntando il dito verso chi della comunità si scanna lottando contro scelte azzardate, avendo a cuore il verde del paese. Ed ecco che sui social impazzano le tifoserie di chi la pensa in un modo e chi in un altro. Chi sostiene l’attuale amministrazione, chi sostiene la minoranza e chi se ne frega di ogni cosa.
Ma la responsabilità è di chi è rimasto in silenzio ad osservare.
E’ l’indifferenza di molti che ha permesso avvenisse questo: ci siamo comportati come ormai è consueto fare in questi ultimi tempi, ossia è come stare ad osservare un pestaggio e limitarsi a filmare coi cellulari un massacro anziché prendere iniziativa e provare fermare l’aggressore.
Il timore di esporsi, per per evitare problemi o rischio di futuri consensi è la piaga di questa società.
Abbiamo a che fare con una maggioranza senza una concreta e chiara capacità comunicativa, di ascolto e di rispetto della più semplice parola “democrazia”; e una minoranza, invece, senza la forza e volontà di opporsi dovutamente e con ferocia circa queste scelte.
Chi ne ha pagato le conseguenze è stata la natura, violentata da chi ha deciso delle loro sorti, in una data storica come questa.
Io non dimentico.
No, non dimentico chi ha permesso tutto questo: non rimarrò indifferente ai nomi che vedrò proposti in future liste di candidati, perché se ridondanti con quelli attuali di questo o quello schieramento saprò con chi avrò a che fare.
Mi auguro solo vivamente che, come recitato su uno dei cartelli apparsi sugli alberi poche ore prima che venissero abbattuti “spero che tutti coloro che hanno firmato a favore della salvezza dei tigli si ricordino di non votare o sostenere le amministrazioni che non rispettano la volontà dei cittadini”, e ribadisco ancora che la responsabilità è rivolta a chi è rimasto indifferente a tutto, perché l’indifferenza è peggio dell’ignoranza.
Io non dimentico.
E non dimenticherò come era bella quella piazza, grazie alle sue piante.
La natura è il manifesto della perfezione che mai potrà essere eguagliato da riqualificazione moderna e ricercata di nessun tipo.
Da semplice persona ho sofferto nel sentire l’urlo del motore della motosega sovrastare quello dei tigli che venivano giù...sarò troppo emotivo, forse, ma ho avuto il magone nel vedere i simboli del mio paese collassare a terra così, inermi, in un attimo, morire, cancellando quasi cento anni di storia… per il nulla. Per farne scempio. Per farne perdere l’identità del mio paese per sempre.
Per sempre.
"… ahia non respiro più, me sento che soffoco un po’, sento il fiato che va giù, va giù e non viene su, vedo solo che qualcosa sta nascendo, forse è un albero, sì è un albero di trenta piani"».
Emanuele Mattana