Davide Pellegrini nasce a Varese il 10 gennaio 1966. Inizia da bambino a giocare a calcio nel cortile del condominio di via Albani (zona ippodromo) con i suoi coetanei e con i fratelli Luca e Stefano che diventeranno in futuro calciatori professionisti vestendo gloriose maglie in serie A. Seguendo i consigli di un amico, si presenta per un provino nel Bosto: è l'inizio di una lunga e magnifica carriera, da allievi e Primavera del Varese sino alla prima squadra con esordio contro il Monza. Terminata la sua esperienza in biancorosso, viene ceduto alla Fiorentina e mandato in prestito al Pisa a farsi le ossa. Ritorna a Firenze dove trova compagni del calibro di Claudio Gentile, Stefano Berti, Stefano Carobbi e Daniel Passerella. Dopo gli anni con la Viola, passa al Verona, dove rimane dal 1989 al 1994, per poi giocare a Venezia, Catania e Carpi, prima di terminare la carriera da calciatore con il Fasano e di intraprendere quella da allenatore, seguendo per anni il settore giovanile e la prima squadra del Verona, salvo qualche esperienza tra Monopoli, Kras e Villafranca.
Ricordi biancorossi?
Furono anni straordinari. Per un ragazzo giocare a calcio nella squadra della sua città è stimolante al massimo e provoca tante emozioni. Varese è stato il mio trampolino di lancio, ma lo è stato anche per tanti calciatori che hanno scritto pagine importanti del calcio nazionale e mondiale.
Il Varese aveva nel dna la capacità di mettere in evidenza i giovani e riuscire a valorizzarli, stimolandoli in maniera giusta. Era una scuola calcistica ma anche di vita. La tifoseria è sempre stata straordinaria, un ambiente ideale per un calciatore. Ora che abito a Verona mi sento molto legato a Varese dove è sepolto papà e ho anche diversi amici. Da sempre, nonostante sia distante dal Sacro Monte, la prima cosa che faccio ogni lunedì mattina è vedere i risultati dei biancorossi e della Pallacanestro Varese, altra mia passione sportiva.
A Firenze ha trovato Claudio Gentile, ex biancorosso doc: che ricordi ha?
Claudio è una persona meravigliosa. Ricordo i suoi preziosi consigli fraterni e i suoi inviti a cena per fare gruppo. Negli allenamenti era un mastino, non mollava mai: era sempre in competizione e questo per noi era importante perché trasmetteva la giusta pressione per affrontare l’avversario in partita. Gentile è un grande valore per il nostro calcio, sa valorizzare i giovani e sa tirar fuori il meglio. D’altronde i suoi risultati da allenatore si sono visti ampiamente. E’ la persona giusta per gestire un gruppo: ha forte personalità e guarda ai risultati non prestando attenzione a sollecitazione esterne.
Quando giovava contro i suoi fratelli Stefano e Luca, magari anche sfide importanti, cosa accadeva?
Caratterialmente sono una persona che sdrammatizza molto. Personalmente lo vedevo come un momento bello, aggiungendo un poco di goliardia che esiste tra fratelli. Qualche scaramuccia in campo ci scappava ma poi, al lunedì, ci prendevamo in giro bonariamente. Siamo molto legati anche adesso nonostante Luca abiti a Genova, io a Verona e Stefano a Udine.
Parliamo degli attuali settori giovanili?
Anche tra i ragazzi i risultati, come in prima squadra, sono predominanti. Oggi il calcio è marketing, ci sono in gioco parecchi interessi economici, le società sono delle vere aziende dove devono guardare al profitto. Le retrocessioni per tante realtà si vivono con difficoltà a causa dei mancati introiti. La figura del procuratore è una realtà e la società deve prendere atto, lo stesso discorso vale per i settori giovanili. Le partite si devono vincere: non c’è spazio per provare schemi o tattiche o giocatori, e questo spesso va in contrasto con la formazione tecnica. Poi c’è molta concorrenza anche dei calciatori non italiani, che vengono volentieri nel Belpaese a giocare. Non si può dire lo stesso dei nostri che non valicano volentieri le Alpi: forse sono un po' "mammoni".
Un suo pensiero attuale sul Varese?
Auguro sicuramente ogni bene ai biancorossi: spero che arrivino presto in serie B, la giusta e naturale collocazione del Varese. Sono amico dell'ex mister Ezio Rossi, e con lui ero in contatto settimanale. Non voglio entrare nel merito del suo addio, però posso dire che il Varese deve essere guidato da un mister di cuore e passione, con volontà, capacità di emozionarsi e voglia di dare il massimo.
Davide Pellegrini oggi cosa fa? Allena?
Ho preso una pausa di riflessione, gioco a padel per tenermi in forma.
Allenerebbe a Varese?
Sicuramente sì, sarebbe un sogno meraviglioso Se mi chiamano, arrivo anche su una gamba sola. In bocca al lupo biancorossi, vi abbraccio tutti.