«Ci si trova comunque al campo alle 18 e poi si vede… se la pioggia non fa rotolare la pallina allora tutti al bar, altrimenti ragazzi si gioca».
Quante volte è successo in allenamento e in partita di battagliare con il nemico numero 1: il tempo. Come da manuale anche la ripartenza dei Patrini è una sfida al temporale per tornare ad allenarsi sul diamante di Malnate dopo il lockdown da Covid-19.
Come da protocollo personalizzato dalla FIBS-LIBCI, vediamo arrivare i ragazzi a coppie distanziate, cioè accompagnati, già tutti in divisa da gioco, con mascherina e guanti ma poi in campo salgono gli occhiali protettivi e scende la mascherina per poter correre a pieni polmoni sulle basi.
Sempre distanziati fra chi vede e chi non vede, ma quanta voglia di tornare uniti ed essere squadra. Quella squadra che ha vinto tre scudetti di fila, quella squadra che non si è mai persa d’animo, una squadra con campioni ritrovati e campioni mai partiti.
Sabato 20 giugno, primo allenamento: la stagione per la squadra di baseball per ciechi e ipovedenti della provincia di Varese ricomincia da qui, sul diamante dei Vikings di Malnate. I Patrini si ritroveranno ogni sabato mattina a partire dalle 10.
Il coach Francesco Volo insieme al capitano Antonio Burgio e allo staff hanno lavorato molto in questi mesi a riflettori spenti, per rispetto del dolore e dell’isolamento necessario, stimolando la squadra a tenersi in forma individualmente a casa e poi insieme in videoconferenza per ritrovare l’affiatamento.
La federazione non può ancora stabilire se ci sarà o meno il campionato italiano 2020 ma gli sforzi per garantire la sicurezza in questo sport sono massimi.
Comunque vada è già iniziata la sfida psicologica con le altre 10 squadre che fremono per agguantare il nuovo titolo tricolore o qualsiasi altra cosa ci sarà in palio perché la soddisfazione maggiore è ritrovare le emozioni che piacciono: «Via con la battuta, uno contro tutti e tutti per uno».
La prima emozione della corsa libera verso la salvezza ha un solo obiettivo: arrivare in seconda base dopo una curva più stretta possibile al cuscino sonoro di prima, puntare poi in seconda verso il richiamo di palette di legno del giocatore vedente e strisciare o tuffarsi per agganciare la base come una scialuppa di salvataggio e per sentirsi dire: «Salvo!».
Dalla seconda base ci si rialza come conquistatori e si tifa dentro sé per il proprio compagno pronto in battuta, si uniscono le mani verso il prossimo obiettivo, il giocatore vedente in silente attesa, come a scongiurare di arrivare in terza base ancora salvi.
Una volta in terza ci si concentra di nuovo con le mani giunte indicando il prossimo e ultimo obbiettivo, verso l’unico suono ammesso: la parola “gioco” dell’arbitro di casa base, e poi muscoli tesi pronti a scatenare adrenalina ma anche super percettivi all’impatto delle suole sulla terra rossa che appena diventa erba fa scattare un input di leggera correzione per centrare la finestra di casa-base dove un assistente in attende per bloccare i giocatori ed evitare scontri.
Questa è la gioia di arrivare a casa-base con la parola "punto", ma l’apoteosi in attacco è battere l’home run, il fuoricampo.
Cosa succede poi in difesa ve lo racconteremo alla prossima puntata.
Così si arriva all’esultanza, alla complicità, alla gioia individuale e di squadra come pure all’autoironia e al sostegno nei momenti di prestazioni da paura.
Questo sport più che mai insegna a vivere la paura e non a vivere nella paura.
Il motto del campione Gaetano Casale che trascina tutti è da sempre: «A noi non piace vincere facile».