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Territorio | 26 aprile 2025, 18:21

Il paradiso perduto di Lucia, memoria storica di una Biandronno scomparsa. Tra mulini a vento, Franca Rame assediata dai "mosconi" e il juke-box dell'Isolino

Lucia Malnati, 84 anni, è il simbolo vivente di un'epoca e casa sua un tesoro di oggetti del passato che testimoniano la vita semplice di un tempo, nel paese dove tutti si conoscevano da generazioni: «Da bambina non giocavo con le bambole, sognavo guardando le cartoline. Ero una ragazza controcorrente: la domenica, invece di frequentare l’oratorio scappavo al trampolino e nuotavo nel lago. E che paradiso era a quei tempi l'Isolino Virginia...»

Lucia Malnati, 84 anni, nella sua casa e alcune cartoline della sua vita nella Biandronno di un tempo in cui è cresciuta

Lucia Malnati, 84 anni, nella sua casa e alcune cartoline della sua vita nella Biandronno di un tempo in cui è cresciuta

«Queste sono tutte cartoline di mia mamma, le conservava, arrivavano dai parenti e dagli amici emigrati in Francia per lavorare. Mandavano gli auguri per Natale, Pasqua e per l’anno nuovo. Capitavano cose buffe, soprattutto i vecchi non sapevano quasi leggere, e quando una volta su una cartolina il mittente terminò con “ti fo sapere”, al destinatario prese un colpo, pensando che al poveretto fosse venuto il tifo».

Lucia Malnati ha 84 anni ma ne dimostra almeno dieci di meno, è la memoria storica di Biandronno, dove è arrivata da Brescia a due anni, adottata da Mariuccia ed Enrico, e da sempre ha coltivato la memoria del luogo, collezionando vecchie cartoline e fotografie e interrogando gli anziani del paese perché le raccontassero aneddoti e spaccati di vita quotidiana.

«Da bambina non giocavo con le bambole, sognavo guardando le cartoline di mamma con le fotografie delle sciantose dell’epoca, Nella Regini, Jole Pacifici, Anna Fougez, e quelle con gli auguri, che riproducevano sempre ritratti di ragazze eleganti o scenette romantiche. Abitavamo in via Mazzini, la strada che attraversa Biandronno, era talmente stretta che ci passava soltanto un carretto, e quando i contadini ritornavano dalla campagna con i carri colmi di fieno, dovevano fermarsi, scaricare parte del raccolto, passare e poi ricaricare», racconta Lucia, mamma di Walter Maffei, noto illusionista, autore di un libro sulla prestidigitazione, e di Fabio, bravo fotografo di paesaggio.

«Da ragazza ero un po’ controcorrente, stavo per conto mio e andavo sempre al lago a remare e a nuotare con i miei, ma la domenica, invece di frequentare l’oratorio scappavo al trampolino e facevo lunghe nuotate. Avevo dei morosi e per le anziane del paese ero sempre incinta. Ma il vero paradiso allora era l’Isolino Virginia, dove andavo con la mia amica del cuore, l’Emilia. C’era il juke-box e si ballava sul terrazzo del ristorante, l’isola era bellissima, con tanti fiori e alberi, c’erano le compagnie di ragazzi come quella del dottor Ceriani che poi diventò il medico del Varese Calcio di Borghi, e a cucinare il Giordano, un cuoco straordinario che preparava grigliate di pesce. Non vado più all’isola, mi si stringe il cuore a vederla ridotta così».

Lucia ha sempre vissuto a Biandronno, e dopo le scuole ha lavorato in due sartorie, una a Biumo e l’altra a Varese in piazza XX Settembre, poi a Busto in una posteria e infine alla Ignis di Cassinetta, dove è rimasta fino alla pensione, ottenuta nel 1996. A 19 anni Lucia ha conosciuto l’amore della vita, Fausto Maruti, sposato nel 1963.

«Era arrivato a Biandronno da Cremona, veniva da una famiglia umile, suo padre era fattore, e lui voleva sfondare come pugile, nella categoria pesi welter, così dopo un primo impiego a Ispra, andò a Comerio alla Ignis, perché lì poteva allenarsi in palestra con la squadra di pugilato dell’azienda. Frequentava le scuole serali e così passò impiegato. Io avevo sempre la passione per le vecchie cose e le storie del paese, ma con i figli mi restava poco tempo. Quando crebbero, incominciai a frequentare le anziane biandronnesi e a farmi raccontare la vita di una volta».

Lucia ha raccolto moltissimo materiale fotografico che segna la trasformazione del paese, l’ampliamento delle strade, l’abbattimento delle vecchie cascine, l’interrarsi del laghetto dove si estraeva la torba, la chiusura di molte attività commerciali.

«La vita era semplice, le sere d’estate tutti stavano seduti a chiacchierare davanti a casa, non c’era traffico, e il sabato tutta la famiglia andava al lago e la domenica all’isolino. Io scalpitavo perché volevo nuotare, alla fine ho imparato da sola. Ricordo che quando feci la prima comunione c’era l’usanza di portar poi i bambini in visita a qualche santuario. Noi eravamo pochissimi, “figli della guerra”, così si decise invece di andare a festeggiare all’Isola Virginia, ma ci colse un furioso temporale durante la traversata in barca e don Zaccheo, il parroco di allora, ci invitava a pregare in mezzo alla bufera perché non finissimo sott’acqua. A Biandronno c’erano tanti negozi e osterie, calzature, l’edicola, tre macellerie, quattro posterie, la farmacia, mentre la banca arrivò molto più tardi. Agli inizi del ‘900 a Villa Borghi un certo dottor Sidoli aveva impiantato un centro di cure con i fanghi, raccolti nel laghetto. Per costruire l’edificio dove ospitare i pazienti fece arrivare il legname dal Canada».

E poi c’era l’ingegner Baratelli, un tipo originale, che aveva costruito un mulino a vento vista lago. «La sera, per spaventare le donne che tornavano al buio dal lavoro alla fabbrica Gioria, metteva un teschio alla finestra con all’interno una candela, e alle volte andava al cimitero uscendo di colpo da dietro una tomba con un mantellaccio e un cappello, cose oggi inimmaginabili».

Nei ricordi di Lucia c’è anche quello della famiglia Rame, che veniva a Biandronno a fare spettacoli nel teatrino della Soms, «e Franca, che era bellissima, era assediata dai “mosconi” quando passeggiava per la piazza del municipio. Poi, sul colle, a villa Letizia, in un primo tempo viveva la contessa Emilia Viarana, con il fratello Marino, il primo innamorato di Edda, la figlia di Mussolini. Poi si mangiarono tutto, e la contessa cambiò casa venendo ad abitare vicino a noi. Le erano rimasti alcuni quadri e qualche mobile, andava a scaldarsi davanti al forno del vicino panettiere e io passavo di là per sentirla raccontare dei fasti passati mentre lavorava a maglia. Il fratello morì tragicamente di un infarto mentre stava andando in macchina a Milano».

Anche la casa di Lucia è piena di ricordi, oggetti del passato raccolti con passione, che testimoniano la vita semplice di un tempo, nel paese dove tutti si conoscevano da generazioni. Lucia, che fa parte del Circolo culturale di Biandronno con cui organizza il presepe e diverse mostre, ha anche girato alcuni video per mantenere viva la memoria di ciò che è stato, e nel 2003 una videocassetta con la storia del paese fu donata a tutte le famiglie.

«Ho due cari ricordi legati alla mia famiglia che vorrei fossero riportati nell’intervista. Il primo riguarda mio padre Enrico, un uomo semplice che però sapeva fare tutto. Ero piccola e non volevo mangiare la minestra di zucca, lui arrivò dal bosco dove era andato a far legna e mi disse: “Ho incontrato Gesù Bambino e mi ha detto che verrà qui a mangiare anche lui la minestra, perché non gli è rimasto niente”. Avevo un’adorazione per Gesù Bambino, e naturalmente mangiai tutto senza protestare, ma mi colpì la delicatezza di mio padre, che invece di sgridarmi mi raccontò una favola. Il secondo va a un Natale di moltissimi anni fa, subito dopo la guerra. Zio Franco e zia Rita, fratello e sorella di mia mamma, sapendo che aspettavo con ansia Gesù Bambino con i doni, mi ripetevano: “Adesso è a Varese, adesso è arrivato a Gavirate, ora è a Bardello, tra poco sarà qui”. Zio Franco spalancò la porta d’ingresso della casa e quella del giardino, uscì senza farsi vedere, mi chiamò e di colpo, davanti ai miei occhi, apparve un bellissimo albero di Natale. Non lo dimenticherò mai».

Mario Chiodetti

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