Tutto ci saremmo aspettati per questo primo passo tranne che di essere costretti ad aggiornare subito il libro dei record, quello dei Guinness negativi, il vangelo apocrifo con la copertina sdrucita, quello che tieni nascosto in un cassetto sperando di non aprirlo mai.
Peggior sconfitta in termini di punti subiti dell’era Scola, una delle peggiori - sempre sotto il medesimo dato - in 79 anni di storia societaria (siamo al quinto posto…), battuta - e non era facile - l’imbarcata subita sempre tra queste, maledette, mura un anno fa.Eppure nulla succede mai per caso. Nello sport i sogni (le chimere?) possono durare solo lo spazio di un attimo, o magari anche di un’estate, e così le parole, anche quelle più sentite e battagliere, poi tutto è destinato a cadere d’autunno, come le foglie.
E da due anni l’autunno cade sempre puntale, nel bosco biancorosso del Moreyball.
Era suonato gradito, sensato, forte il monito di coach Herman Mandole il giorno della sua presentazione alla stampa: difesa, difesa, difesa. Ma in questa prima - di difesa - non se ne è vista proprio traccia. E il problema non è nemmeno stato quello meglio individuabile e più circoscrivibile alla vigilia, ovvero lo spauracchio Miro Bilan. Il croato - contro un Kao timoroso dei falli (nel primo tempo è arrivata la consegna tattica di evitarli come la morte? Ce lo siamo chiesti, vista la leggerezza del nigeriano nel corpo a corpo…) e contro un Fall che il suo tutto sommato ha provato a farlo - ha dominato in lungo e in largo, ma i 118 punti subiti - e così i 43 rimbalzi sgraffignati da sotto il naso, 16 in attacco (nessuno peggio in questa prima giornata di Serie A) - dalla Germini sono un vergognoso eccesso da ricercare altrove.
Ovvero nella prestazione indecorosa delle ali.
Né Alviti, né Gray, né Brown sono riusciti in alcun modo a compensare lo scarso peso costitutivo biancorosso sotto canestro, lasciando completamente soli i due centri. E così ai canestri di Bilan si sono aggiunti i tap in... di Bilan e di tutta la compagnia bresciana, una messe di secondi tiri che non hanno conosciuto opposizione, tagliafuori, fisicità.
Lì è morta Varese, in un film horror di cui ormai conosciamo a memoria la trama.
Lì e in generale in difesa (correi? Tutti, non si è salvato praticamente nessuno…): non si contano i tagli non coperti, le penetrazioni subite, anche sulla linea di fondo (vero Gray?), e il contegno da nani da giardino, soprattutto nel secondo tempo.
C’è qualcosa di peggio di una prestazione del genere? Sì, è l’impossibilità conclamata.
E allora il nostro al lupo al lupo lo lanciamo già alla prima, perché all’orizzonte vediamo nitido il nostro simpatico amico a quattro zampe, famelico e pronto a sbranare tutto il gregge: non siamo sicuri che questa Varese, per come è strutturata dalle guardie in su, sia in grado di reggere l’urto con il campionato…
Ma qui siamo alle solite, ovvero alla messa in discussione di un sistema (un’ala come Brown da 4 è una scelta consapevole…) e di una conseguente costruzione della squadra: si dovrà vedere qualcosa di molto diverso dallo spettacolo del PalaLeonessa, per farci cambiare idea.